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Libertà di stampa 2011: l’Italia è 61ma

Un anno così così, non proprio roseo, a tratti scuro, per la libertà di stampa nel mondo: il 2011 nell’annuale rapporto di Reporter Senza Frontiere non sembra così positivo. E l'Italia perde 12 posti.

Il rapporto, pubblicato da RSF in questi giorni, analizza la situazione dei 179 paesi del mondo coinvolti, andandone a valutare il livello di libertà di stampa. E nel 2011 c’è qualche sorpresa.

Andiamo con ordine. Innanzitutto RSF fa notare che due sono gli aspetti principali che emergono dal rapporto: le proteste arabe e le grandi democrazie mondiali.

«La classifica di quest’anno contiene molti cambiamenti per quanto riguarda le posizioni dei Paesi, cambiamenti che riflettono un anno incredibilmente ricco di sviluppi, soprattutto nel mondo arabo – scrive Reporter Senza Frontiere nel suo decimo rapporto sulla libertà di stampa – Molti mezzi d’informazione hanno pagato a caro prezzo la loro copertura mediatica delle aspirazioni democratiche o dei movimenti di opposizione. Il controllo delle notizie e delle informazioni continua a rappresentare una sfida per i governi e a essere motivo di sopravvivenza per i regimi repressivi e totalitari». Ma una grande novità in questo panorama è stato sicuramente l’ingresso prorompente del mondo di internet: «L’anno appena trascorso ha anche messo in luce il ruolo fondamentale giocato dagli internauti nel produrre e diffondere le notizie», continua RSF.

La parola-chiave del 2011 in molti Paesi è stata repressione. Ma quel che è successo nel mondo forse ha avuto anche un effetto positivo, ha riacceso una consapevolezza, la coscienza di un binomio fondamentale: libertà d’informazione e democrazia. «La libertà d’informazione non è mai stata così tanto associata alla democrazia. I giornalisti, con le loro cronache, non hanno mai infastidito così tanto i nemici della libertà. E nemmeno gli atti di censura e gli attacchi fisici ai giornalisti sono mai stati così numerosi. L’equazione è semplice: l’assenza o la soppressione delle libertà civili porta necessariamente alla soppressione della libertà d’informazione. Le dittature temono e censurano le informazioni, soprattutto quando queste possono minarne la stabilità», questa è l’analisi di RSF.

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Planisfero della libertà di stampa

Gli ultimi in classifica infatti, e non c’è niente di cui stupirsi, sono tre dittature assolute: Eritrea, Turkmenistan e Corea del Nord. Subito sopra ecco Siria, Iran e Cina, tre Paesi che, scrive RSF, «risucchiati da una folle spirale di terrore sembrano aver perso il contatto con la realtà».

È poi la volta dei regimi oppressivi, Bahrain e Vietnam; ma ecco che tra questi compaiono anche Uganda e l’europea Bielorussia.

Sull’altro lato della medaglia, ai primi posti continua la leadership di Paesi garanti delle libertà fondamentali: Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi. «Questo – osservano – ci dimostra che l’indipendenza dei media può preservarsi solamente nelle democrazie forti e che la democrazia stessa ha bisogno di libertà d’informazione. Vale infine la pena di notare l’ingresso nella top-20 di Capo Verde e della Namibia, due Paesi africani dove non sono stati registrati tentativi di ostacolare il lavoro dei media».

Ma l’altro dato che colpisce è invece il posto occupato da uno Stato che nelle menti di tutti è la grande democrazia mondiale, per un sogno nato nel ‘700: gli Stati Uniti precipitano, giù al 47mo posto, scendendo di ben ventisette posizioni rispetto al 2010.

E l’Italia?

Bella domanda, l’Italia è sempre in basso, troppo in basso. Anche più giù dello scorso anno.

61mo posto. Nel 2010 era “solo” 49ma, a far compagnia al Burkina Faso.

Una caduta, anche considerando che in quelle posizioni con noi si trovano Repubblica Centroafricana, Lesotho, Sierra Leone, Tonga, Mozambico, Bosnia Erzegovina, Guyana,... E prima di noi, tra quei sessanta Paesi che ci precedono, vi sono Samoa, Mauritius, Hong-Kong, Moldavia, Haiti, Taiwan, Botswana,...

Come ogni anno, Reporter Senza Frontiere spiega la motivazione della classifica, e l’Italia viene giudicata quasi con un “stiamo migliorando ma ci rivediamo a settembre per gli esami di riparazione”.

«L’Italia, - commenta l’organizzazione - che ha ancora circa una dozzina di giornalisti sotto protezione, con le dimissioni di Silvio Berlusconi ha da poco voltato pagina dopo molti anni di conflitto d’interesse. Ciò nonostante il basso posizionamento in classifica porta ancora i segni del vecchio governo, soprattutto per il nuovo tentativo di introdurre una “legge bavaglio” e per l’intenzione di filtrare arbitrariamente i contenuti delle Rete». Proposte sì abbandonate ma, fa notare, «in extremis».

P.S.

La classifica completa dei 179 Paesi è disponibile a questo link

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