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Le inchieste di Report: gli errori dell’OMS, i dubbi sull’App Immuni e i respiratori

Prima settimana della fase2 conclusa: diminuiscono gli infetti, i morti, l'indice di contagio, ma non con la velocità che in molti si aspettavano. 

E, poi, mancano ancora i tamponi, il tracciamento, il rafforzamento della medicina di prossimità nei territori: possiamo essere sereni per le prossime settimane? Report continua con la sua serie di inchieste legate al coronavirus:
 
- L'organizzazione mondiale della sanità: le relazioni opache e la catena di errori che hanno contribuito alla diffusione del virus
- L'app #Immuni: quanti interessi si celano?
- L'ossigeno nelle terapie intensive
 
I dubbi sull'App per il tracciamento
 
La scorsa settimana il servizio di Lucina Paternesi aveva messo in luce i punti oscuri delle app che si occupano di darci le indicazioni sul traffico, che decidono quale percorso seguire per arrivare a destinazione.
Questa settimana si occuperà di Immuni, così si dovrebbe chiamare l'App di Stato sviluppata da un consorzio privato, con cui si dovranno tracciare i contagiati.
La giornalista ne ha parlato con Stefano Zanero, del dipartimento di Elettronica e Bioingegneria del Politecnico di Milano: il processo prevede che, dopo aver installata la App, se il tuo tampone dovesse risultare positivo, arriva un codice da inserire dentro l'applicazione con cui questa sblocca il processo di notifica verso altri cellulari. Si tratta di un codice univoco, che autorizza solo il cellulare a caricare un solo codice di autenticazione che solo lui conosce.
A questo punto, spiega il servizio, il codice finisce nel server centrale che manderà una notifica agli smartphone di chi, nei 14 giorni precedenti, è stato a contatto stretto per più di 15 minuti.
Ma se l'app funziona a livello locale, come verrà recepita a livello dei protocolli regionali sanitari, visto che i governatori sul virus, fino ad oggi, si sono divisi?
Il rischio è di mandare ogni giorno in quarantena migliaia di persone sulla base di un bip che gli è arrivato sul cellulare da un algoritmo – commenta Carlo Blengino di Nexa Center for Internet Society.
La App è una scorciatoia, una cosa molto sexy, made in Silicon Valley, che viene acquisita dai regolatori, dai decisori pubblici e che pare risolvere dei problemi.
Nella realtà le soluzioni tecnologiche non portano a delle soluzioni, anzi generano ulteriori problematiche – la conclusione di Blengino – ma questo si scopre sempre dopo.
 
LA SCORCIATOIA di Lucina Paternesi
A breve entrerà in funzione la cosiddetta app “Immuni” scelta tra oltre trecento progetti. È stata realizzata dalla società Bending Spoons in collaborazione con il centro medico Sant’Agostino. Tra i soci di Bending Spoons risultano H14, dei tre figli di Berlusconi e Veronica Lario, StarTip, Renzo Rosso, Paolo Marzotto, Giuliana Benetton, i Dompè e il fondo asiatico Nuo Capital.Ma che cosa sappiamo di questo progetto? In realtà ancora ben poco, se non che dovrebbe sfruttare la tecnologia Bluetooth anziché il tracciamento dei contatti tramite Gps, giudicato più lesivo della privacy. Secondo i paletti fissati dall’Ue, questa app funzionerà se sarà scaricata almeno sul 60% dei telefoni dell’intera popolazione italiana. Alcuni esperti informatici sono scettici: se neanche Whatsapp è stata scaricata dal 60% degli italiani, che probabilità di successo ci sono per l’app immuni? E poi, quali dati raccoglierà e dove saranno conservati? Solo sugli smartphone dei cittadini o anche su un server centralizzato? Quanto è stata gestita in trasparenza la scelta della soluzione tecnologica migliore e come si rapporterà con la soluzione che stanno mettendo a punto Apple e Google? Come si sono mossi gli altri stati nel mondo? 

La disorganizzazione mondiale (della sanità)

 
Secondo Donald Trump, i colpevoli di questa pandemia sono la Cina (che ha nascosto al mondo i veri dati del contagio) e l'OMS che l'ha protetta per lungo tempo.
Il servizio di Giulio Valesini si occuperà proprio dell'OMS, partendo da quel 28 gennaio quando il direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus era seduto a fianco del presidente Cinese Ping a Pechino: il tema dell'incontro era la gestione del coronavirus e Tedros elogia apertamente la gestione del governo cinese nonostante la sua organizzazione non avesse ancora fatto una ispezione in Cina.
“Fianco a fianco avete intrapreso serie misure di salute pubblica”, sono le parole di Tedros, che elogia il governo e la sua squadra per l'impegno messo nella lotta al virus.
L'OMS farà la sua prima missione sul campo solo 18 giorni dopo, a febbraio, quando il cataclisma era già avvenuto.
 
Tedros è il primo direttore africano dell'Oms: in Etiopia, il suo paese, dove si è occupato della salute pubblica ma in governi che hanno soffocato l'opposizione.
La Cina ci ha detto tutta la verità sul Covid 19: il giornalista lo ha chiesto a Nicoletta Dentico, dell'Health Innovation and Practice: “c'è uno stato che ha detto la verità sul Covid? Io dubito” la risposta.
Tedros, come tutti i direttori generali dell'OMS è un personaggio politico: per la sua elezione ha avuto l'appoggio dei paesi africani e proprio in Africa la Cina ha deciso di investire un fiume di denaro, nella strategia della nuova “via della seta”.
Nell'Etiopia di Tedros sono arrivati miliardi di investimenti soprattutto nelle infrastrutture, come il palazzo dell'Unione Africana, dove si riuniscono i 56 paesi africani, un regalo da 200 milioni del governo cinese.
Comprese le infrastrutture digitali per spiare le attività dell'organizzazione: le riunioni dell'Unione Africana erano spiate dai cinesi.
 
Così, quando l'OMS il 14 gennaio dal suo account twitter scrive che non ci sono prove chiare del passaggio da uomo a uomo del coronavirus, secondo gli studi cinesi, qualche dubbio viene.
Solo il 22 gennaio, dopo qualche migliaio di contagi, arrivano le prime ammissioni di un possibile contagio da uomo a uomo. Alla fine di questa epidemia dovrà spiegare sulla base di quali dati ha aspettato così tanto prima di dare queste informazioni.
 
Ai vertici dell'Oms lavora un italiano, Ranieri Guerra, proprio l'ex DG del ministero della Salute italiano che non ha aggiornato il piano nazionale per le pandemie e nemmeno lo ha fatto attuare.
Il servizio metterà in evidenza le relazioni opache dell'Oms, la catena di errori che hanno contribuito alla diffusione del virus.
Cominciando dalla sua indipendenza: solo il 20% del suo bilancio (da 5 miliardi di dollari lo scorso biennio) arriva dalle quote fisse degli stati, mentre l'80% del budget deriva da donazione di stati e privati su base volontaria, mettono i soldi e decidono per cosa si spendono.
L'Oms si è trasformata in una specie di service provider – spiega Nicoletta Dentico, chi ci mette i soldi decide, l'impatto dei privati è su quello che l'Oms fa rispetto a discapito di quello che dovrebbe fare e non fa.
 
German Velazquez, consulente di politiche di salute pubblica del South Center “l'Oms negli ultimi vent'anni è stata privatizzata, l'operazione è stata completata dalla direttrice Margareth Chan nel suo mandato triennale” .
A chi ha fatto comodo trasformare l'OMS in una agenzia privata, in mano a privati, dove l'80% dei finanziamenti è vincolato e soltanto il 20% è libero?
“Principalmente all'industria farmaceutica e la verità, volendo essere un po' cinici, è che i paesi evoluti, i paesi industrializzati, fino a quattro mesi fa volevano una Oms debole, senza molti poteri, per non danneggiare la propria industria”.
Il primo donatore, gli USA, ha annunciato di voler ritirare i fondi, tra i 400 e i 500 ml di dollari, mentre la Cina contribuisce con circa 40 ml di dollari.
Ma il secondo donatore è un privato, Bill Gates: la sua fondazione versa più di mezzo miliardi di dollari per ogni biennio, attraverso un suo Trust: “il Trust fa soldi, investe, ha impieghi, fa lo speculatore e poi genera la massa di soldi che passa alla fondazione” - spiega al giornalista l'analista Alfonso Scarano. “Si tratta di cifre importanti, oltre cinque miliardi di dollari. La fondazione a questo punto elargisce questi soldi, e l'Oms è uno dei principali oggetti di interesse della fondazione”.
Secondo German Velazquez, Bill Gates è il principale colpevole dell'attuale disastro, sta uccidendo l'Oms, cerca di dimostrare al mondo con tutta la pubblicità possibile che è un grandi filantropo che si preoccupa della salute dell'umanità.
 
Giulio Valesini ha intervistato anche Andrea Crisanti il virologo che ha gestito l'emergenza in Veneto, sui ritardi dell'Oms nel capire gli effetti del virus, per la trasmissione da uomo a uomo: “noi ci abbiamo messo una settimana a capire che la presenza dei sintomatici non coincide con l'inizio della diffusione dell'epidemia, perché noi abbiamo il primo caso sintomatico il 20 febbraio ma nel frattempo avevamo già il 3% della popolazione infetta, ora spiegatemi voi come è possibile che c'è un caso sintomatico col 3% della popolazione infetta ..”
L'organizzazione Mondiale non ha detto tutta la verità di quello che sapeva?
“L'Oms ha preso tutto ad occhi chiusi senza fare verifiche quello che i cinesi hanno detto, le ha fatte proprie. I dati a nostra disposizione fin dall'inizio non combaciavano con i dati che pubblicavano i cinesi.”
Aspettare il 22 gennaio per ammettere il contagio da uomo a uomo, è stato tardivo?
“Alla fine di questa epidemia, l'Oms avrà delle spiegazioni da dare, dovrà spiegarci se una struttura fatta di burocrati pagati profumatamente, sia giustificata sulla base dei risultati di quello che è successo finora.”
 
In Veneto Crisanti ha inventato il modello Vo, tamponi a tappeto su tutta la popolazione, anche per gli asintomatici, ha studiato le curve di contagio comunicate dalla Cina e si è accorto che manca qualcosa:
“Manca un pezzo della curva, guardi la curva italiana (o spagnola o americana), lei vede questa forma a i greco che sale così, la fase esponenziale, poi inizia questa curva a campana. Nella curva cinese manca tutta questa parte esponenziale.”
Che vuol dire?
“Io lo interpreto che manca il grosso pezzo della storia dell'epidemia.”
Secondo lei quando è partita questa epidemia?
“Secondo me tra fine ottobre e inizio novembre. Ci mancano due mesi e mezzo buoni.. ”
 
 
La scheda del servizio: DISORGANIZZAZIONE MONDIALE di di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella in collaborazione di Alessia Pelagaggi e Alessia Marzi
 
Nella gestione della crisi mondiale, innescata dalla pandemia del coronavirus, sembra che molti governi abbiano commesso errori. Report indaga sui comportamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità per capire se ha emanato linee guida chiare e inequivocabili, che mettessero i singoli stati in condizione di valutare la gravità del problema sulla base di evidenze scientifiche riconosciute. L’inchiesta mette a fuoco il sistema di finanziamento dell’Oms, dalle donazioni volontarie dei singoli stati alla sempre più crescente dipendenza dai privati, primo fra tutti Bill Gates. In un contesto in cui le case farmaceutiche esercitano forti pressioni, che garanzie ci sono che il vaccino o le cure anti-covid siano trattati come beni pubblici a disposizione della popolazione mondiale e non blindati sotto i brevetti per realizzare enormi profitti? Report ricostruirà gli errori commessi sinora e le prospettive di riforma di un’organizzazione di cui il mondo avrà sempre più bisogno, se si dimostrerà efficace e indipendente.

L'emergenza bombole d'ossigeno

 
Dalle mascherine (e a tutte le speculazioni che ci sono state dietro) alle bombole d'ossigeno, strumenti necessari nei reparti di rianimazione che devono affrontare case di Covid-19: ma anche di queste non avevamo scorte a sufficienza.
 
Così a Brescia – spiega nel servizio Emanuele Bellano – farmacisti e protezione civile hanno requisito tutte quelle sul territorio, andando anche a prendere quelle negli studi dentistici e veterinari e facendo appello a chiunque avesse a casa bombole inutilizzate.
Ma anche così non è bastato: con oltre 12mila casi Brescia è stata una delle province maggiormente colpite, qui circa 4000 malati sono in isolamento a casa e la bombola d'ossigeno è l'ausilio necessario per i pazienti gravi per evitare l'ospedalizzazione, spiega la direttrice della farmacia comunale di Manerbio Eleonora Picchi.
Purtroppo nessuno era preparato a questa emergenza e anche le farmacie che pure hanno in dotazione bombole di ossigeno, non ne avevano a sufficienza: la direttrice ha riportato casi di pazienti che hanno dovuto aspettare anche una settimana per una bombola.
Si è passati da una consegna di 10 bombole al giorno, a 120 – racconta Clara Mottinelli di Federfarma: tante famiglie sono venute a chiedere bombole e le strutture non erano in grado di soddisfare le loro richieste, “sono state veramente delle giornate tragiche, perché non volevamo dover arrivare al punto di dover scegliere a chi dare la bombola”.
 
A marzo, nel pieno picco dei contagi, in Lombardia la richiesta di bombole d'ossigeno è quintuplicata: il problema non era l'ossigeno ma la carenza dei contenitori, sono questi che mancano.
In Lombardia, regione, ATS e Ferderchimica hanno così avviato il progetto “ossigeno liquido”, dove si autorizza la consegna a domicilio di bombole di ossigeno ad alta pressione, normalmente non consentito.
Inoltre la regione ad aprile ha autorizzato l'utilizzo di recipienti recuperati che erano usati in ambito industriale.
A marzo è stato anche avviato uno studio per la soluzione definitiva del problema: si tratta di definire dei punti dove dispensare dell'ossigeno canalizzato, ogni letto avrebbe la sua bocchetta dell'ossigeno che proviene in modo centralizzato da mega contenitori i quali non dovrebbero poi portare a situazioni di carenza.
L'idea è portare i malati dove sta l'ossigeno, creando degli hub sul territorio per la distribuzione: in questi hub verrebbero convogliati i pazienti che hanno l'ossigenoterapia a casa.

EMERGENZA BOMBOLE DI OSSIGENO di Emanuele Bellano in collaborazione di Greta Orsi
Avere a disposizione una bombola per l'ossigenoterapia può fare la differenza tra la vita e la morte. A marzo in Lombardia le richieste di bombole d'ossigeno per l'assistenza domiciliare sono aumentate di 5 volte. Trovarne una in tempi brevi a quel punto era quasi impossibile. Come hanno affrontato questa emergenza le province più colpite dal virus e come si stanno preparando le altre regioni? Governo e governatori hanno fatto tesoro di quanto accaduto al nord? Se domani si dovessero registrare nuovi picchi di contagio, chi sarebbe pronto e chi no?
Questo articolo è stato pubblicato qui

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