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Le espulsioni dei richiedenti asilo in Centroamerica

Per Sául, è stato troppo tardi. Questo 35enne, padre di cinque figli, è stato ucciso nel suo paese, l’Honduras, meno di tre settimane dopo che, nel giugno 2016, la sua richiesta d’asilo era stata respinta ed era stato espulso dal Messico.

Sául era un autista dei mezzi pubblici, uno dei lavori più pericolosi in Honduras. Nel 2015, dopo che lui e due dei suoi figli erano sopravvissuti a una sparatoria (pur se questi ultimi erano stati gravemente feriti), aveva lasciato il paese. La sua richiesta di protezione alla polizia era rimasta senza risposta.

Quando Amnesty International ha parlato con lui per l’ultima volta, nel luglio 2016, Sául ha detto: “Sento come se dovesse accadere qualcosa di nuovo, magari questa volta a me”.

Sua moglie e i figli vivono nel terrore di fare la stessa fine. Quella fine che rischiano di fare le tante persone che vengono respinte da Messico e Usa.

L’incessante violenza ha determinato dal 2010 al 2015 un aumento di quasi il 60 per cento delle domande d’asilo di cittadini centroamericani in Messico, negli Usa e in altri paesi: un livello che non si vedeva da decenni, durante il periodo dei conflitti armati.

Tuttavia, nonostante le evidenti prove che molti richiedenti asilo andrebbero incontro a una violenza estrema e persino alla morte se la loro domanda venisse respinta, le espulsioni dal Messico, dagli Usa e da altri paesi sono aumentate. Tra il 2010 e il 2015, si legge in un rapporto reso pubblico da Amnesty International, il numero dei salvadoregni, dei guatemaltechi e degli onduregni respinti dal Messico è aumentato di quasi il 180 per cento.

In El Salvador, negli ultimi tre anni, i tassi di omicidio sono saliti alle stelle a causa di scontri tra bande rivali per il controllo del territorio. Anche quelli di Guatemala e Honduras sono tra i più elevati al mondo.

Le Nazioni Unite classificano El Salvador come uno dei paesi più mortali al mondo in cui non vi sia una guerra: nel 2015 vi sono stati 108 omicidi ogni 100.000 abitanti. In Honduras e Guatemala, i tassi di omicidio sono stati rispettivamente di 63,75 e 34,99 omicidi ogni 100.000 abitanti.

I giovani sono o più colpiti dalla violenza: oltre la metà delle persone uccise in questi tre paesi nel 2015 aveva meno di 30 anni.

Il ministro dell’Istruzione salvadoregno ha reso noto che nel 2015 39.000 alunni hanno lasciato la scuola a causa delle vessazioni o delle minacce della criminalità, una cifra tre volte superiore a quella del 2014 (13.000). Il sindacato degli insegnanti sostiene che il numero reale potrebbe essere di oltre 100.000 abbandoni.

Le autorità di El Salvador, Guatemala e Honduras non sono state in grado di spiegare ad Amnesty International se e come vengano usati per proteggere i loro cittadini i 750 milioni di dollari destinati dagli Usa alla regione nell’ambito del cosiddetto Piano per la prosperità, promosso da Washington per contrastare le cause di fondo dell’immigrazione al fine di diminuire i flussi e proteggere le persone rimandate nei paesi di origine.

El Salvador, Guatemala e Honduras hanno creati centri ufficiali d’accoglienza per le persone costrette a rientrare in patria. All’arrivo, queste vengono intervistate prevalentemente sull’eventuale violenza subita durante il viaggio ma assai di rado sulla violenza affrontata nei paesi prima di lasciarli e sul tipo di protezione di cui avrebbero bisogno. Così come sono, questi centri d’accoglienza non servono a niente.

Se i leader centroamericani non contrasteranno gli spaventosi livelli di violenza nei loro paesi, secondo Amnesty International la regione rischia di ripiombare nei suoi periodi più bui.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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