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Lavoro | Cercare un’occupazione a 51 anni

Quello di cercare un’occupazione a 51 anni, sul web, nella giungla di siti “specializzati“ come portali, siti delle società o di agenzie interinali è un vero e proprio lavoro; capirne le modalità con le quali esse operano e ciò che offrono è un vero e proprio lavoro, ma non vieni pagato e come un lavoratore qualsiasi non vieni rispettato nel tuo valore e nella tua dignità.

di Massimiliano DE ANGELIS – Coordinatore Nazionale MovES

Il loro modus operandi è differente a seconda di chi ti trovi davanti: alcune funzionano ne più ne meno come un portale, come anche alcune interinali quindi ti iscrivi, invii il c.v. e poi sei tu a cercarti il lavoro consultandolo.

Un mondo surreale che, studiandolo, scopri che nasconde le insidie del mondo del lavoro prima ancora che te lo offrano; impari a capire che la ripresa c’è si ma quella per il culo però: meno del 20% delle già poche offerte di lavoro è a tempo indeterminato, il restante precario nelle più varie “sfumature”.

E allora mi vengono anche in mente le parole della figlia di una amica che ha lavorato a Cinecittà World, “lavoravamo anche 10 ore al giorno per 36 euro con ritmi forsennati sotto il sole di agosto e sia l’acqua che il cibo dovevamo comprarceli”; oppure quelle di mia nipote che lavorava in pizzeria per 3,25 euro l’ora con i cosiddetti voucher. Eccolo qui, il mondo che ho scoperto quando è toccato a me. Questo è stato il mondo che si è presentato ai miei occhi “navigando in internet”, senza contare il fatto che mi son visto scartare anche i part-time di qualsiasi genere contrattuale per motivi logici di distanza.

Poi cominci a pensare che qualcosa è andato storto strada facendo: cosa è cambiato e come, dai tempi felici ad oggi nel mondo del lavoro?
Mi viene in mente la teoria della rana bollita di Chomsky: a poco a poco il lavoratore è stato esautorato di quasi tutto non solo dei diritti ma anche della sua dignità e del rispetto per la sua vita, rendendolo schiavo, sia mai che in un prossimo futuro si voglia aver diritto di vita o di morte su di esso senza nemmeno chiedergli il permesso di prendersela.

Penso ad un amico coetaneo che ha perso la sua occupazione da poco: non pagato degli ultimi tre stipendi e di quasi 30 anni di liquidazione, ferie, permessi e tutti gli istituti compresi anni di contributi; la sua crisi coniugale è conseguenziale: oggi è un uomo distrutto.

Mi ritrovo a pensare che no, non è solo colpa del neoliberismo, del capitalismo ma anche della società che noi abbiamo accettato che ci creassero su misura allo scopo. Lo hanno creato e voluto tutto questo e noi non ci siamo mai chiesti chi dovesse tutelarlo quel bel mondo che vivevamo. Chi doveva controllare? E perché non lo ha fatto?

Perché il datore di lavoro, per i contributi non versati, se la cava con la sola ammenda di 100 euro l’anno e il mio amico dovrà invece vedersi riconoscere i soli contributi figurativi che nulla valgono per il computo della pensione?
Perché tutto questo?

Qualcuno ha di sicuro fatto in modo che arrivassimo, con l’occupazione.

Ma tutti ti dicono che è normale, che oggi è così, che c’è la ripresa e prima o poi qualcosa cambierà perchè a fini meramente propagandistici il premier sostiene che è calata la disoccupazione e c’è la ripresa (Renzi ma davvero pensi che abbiamo l’anello al naso?), come se ci fosse invece una spiegazione logica senza darne una lettura comprensibile.

Drammatico sentirti dire da altre vittime come me e tanti di noi, che “se non lo accetti, questo stato di cose, che fai?”
Non so dire come e quanto mi cadano le braccia davanti alla rassegnazione e quando rispondo che si lotta, alla fine so già che rimarrò solo nelle mie convinzioni.

Naturalmente poi senti i datori di lavoro dirti che “noi non abbiamo problemi, lì fuori c’è la fila” e che è anche la componente che è nel più basso istinto razzista conseguenziale del teorema “tutta colpa degli immigrati… lo straniero ruba il lavoro”.

E no miei cari, se lo straniero ruba il lavoro è perché qualcuno glielo dà e quel qualcuno è italiano: molto semplicemente l’immigrato soddisfa il bisogno dei padroni di sfruttare e fare il massimo profitto. Ma non soddisfa il mio però, perchè se sono sfruttati gli immigrati, è vero che siamo sfruttati tutti.

Le sorprese però non finiscono: pochi giorni fa mi sono imbattuto in un’offerta di lavoro di una nota azienda di Bari, presso la loro filiale di Ostia-Roma, che secondo il sito produce e commercializza apparecchiature elettromedicali legate alle depurazioni delle acque e che cercava un magazziniere e una segretaria da inserire e far crescere nell’organico in espansione.

Mando il curriculum e dopo un paio di giorni mi chiamano per un colloquio che poi risulterà essere con la responsabile risorse umane solo a titolo conoscitivo.

L’indomani per un “feedback molto positivo nei suoi confronti” vengo convocato per un colloquio vero e proprio; solo che va delineandosi la beffa che coinvolge me e tanti altri, qualcuno venuto per di più da molto lontano: ci ritroviamo in 23, uomini e donne per un colloquio di gruppo.

Lì, si svela l’arcano. Il posto da segretaria o magazziniere era lo specchietto per le allodole per poter avvicinare un numero alto di “candidati” ad essere futuri venditori e lasciamo stare gli eufemismi e le parole per farti prendere una pillola dolce. La verità è che quella pillola si è rivelata essere una dolorosa supposta.

Lestofanti che creano l’illusione nelle persone di aver realmente per un attimo creduto di aver potuto trovare lavoro così da potersi riscattare da una vita davvero dura in cui ti tolgono la dignità e ti umiliano al punto che non sai nemmeno più chi sei.

E sì, per quanto riguarda l’occupazione, qualcosa in questi anni deve essere per forza andato storto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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