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Lacrime Mondiali

Mai cosi tante lacrime hanno annaffiato i tappeti erbosi di una Competizione Mondiale. Dal centrocampista della Costa D’Avorio Serey Die, emozionato dall’ascolto del suo inno, perché non si aspettava di arrivare cosi in alto, al Campione Brasiliano Neymar, nella conferenza stampa del post infortunio. Senza dimenticare i giocatori svizzeri, eliminati dall’Argentina due minuti prima della fine dei tempi supplementari; i rigoristi cileni, dopo gli errori dal dischetto che sono costati il passaggio del turno; l’allenatore del Costa Rica Jorge Luis Pinto che ha visto sfumare il miracolo della semifinale anche lui ai rigori. 

Hanno pianto gli uruguaiani, i francesi, gli argentini e ha pianto il giovane talento colombiano James Martinez, bersagliato dai falli dei brasiliani per tutta la partita. Per finire proprio con la nazionale brasiliana, un vero e proprio pianto, dall’inizio alla fine, sia in caso di vittoria, che sconfitta. Quasi a testimoniare il sentimento di un Paese sull’orlo di una crisi di nervi, dopo un percorso di avvicinamento alla Festa Mondiale caratterizzato da proteste, scontri, con arresti, morti e feriti, troppo presto dimenticati.

Hanno pianto in molti, come nessuno di noi ricorda mai di aver visto in un Mondiale di Calcio. Lacrime legate anche allo stress nervoso sempre più elevato a cui vengono sottoposti i corpi dei giocatori. Costretti a correre a ritmi sempre più alti, con la prestazione atletica che prende spesso il sopravvento sulle abilità tecniche e lo spettacolo che non sempre ne guadagna. Una velocità ricercata: il pallone di questi mondiali è stato il più leggero di sempre e il metro arbitrale adottato dagli arbitri Fifa, che in genere hanno usato poco il fischietto, tenendo i cartellini gialli e rossi il più possibile in tasca, hanno confermato questa tendenza all’agonismo. Il caldo afoso dei campi brasiliani ha fatto il resto, acuendo le fatiche dei corpi di questi moderni e miliardari gladiatori dell’arena, che sono crollati come bambini in lacrime a fine gara.

Lacrime che, per una volta, ci hanno regalato una dimensione diversa della “Casta” dei calciatori. Non più miliardari strapagati e viziati, talvolta mercenari, assurti al ruolo di star mediatiche, ma esseri umani, sull’orlo di una crisi di nervi, delusi per avere visto sfumare per poco il proprio sogno mondiale, per non aver tenuto fede alle speranze dei tifosi del loro Paese, arrabbiati per un arbitraggio non sempre all’altezza.

Le Star del Pallone, per fortuna, sono tornate umane. Non vergognandosi di piangere davanti agli occhi appassionati di milioni di telespettatori. Dimenticando e facendo dimenticare tutti gli interessi economici che ruotano intorno al Calcio e riportando per un attimo lo sport alla sua natura primordiale: quello che conta è essere più bravi degli avversari, fare un gol in più, dare un senso alla propria preparazione e al proprio impegno in quel verde rettangolo di gioco. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.206) 16 luglio 2014 10:38

    Sarà pura coincidenza , ma gli unici che non hanno versato una lacrima e anzi si sono presi a male parole , a cominciare da Prandelli , sono proprio i nostri eroi ,reduci da prestazioni vergognose , non tanto per la qualità che difettava in partenza ,quanto per l’impegno messo in campo .

    Quindi il dilemma è sono dei duri o sono dei menefreghisti ?
    Io propendo per la seconda .

  • Di Vincenzo Arma (---.---.---.214) 16 luglio 2014 11:46

    I nostri, compreso Prandelli che era partito con ben altre prospettive, si sono adeguati al costume nazionale di questi anni, polemiche e scarica-barile. Dare la colpa agli altri di quello che succede e scatenare polemiche inutili. 

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