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La terra dei figli - tra libero arbitrio e coscienza del bene e del male. Recensione del fumetto di Gipi

Una delle espressioni più abusate negli ultimi anni è “questa, dopo tanti anni, è la prima generazione in cui i figli vivranno peggio dei loro genitori”. E in effetti i segnali economici ed il clima politico e sociale a livello internazionale sembrano dare sostanza a questa oscura previsione.

 

Certo, il futuro raramente viene immaginato roseo e prospero: la storia della letteratura e del cinema è un susseguirsi di previsioni distopiche, che vanno da società controllate con il pugno di ferro dalle macchine (Blade runner, Matrix) a governi opprimenti che puntano a comprimere il libero arbitrio (troppo facile citare 1984 di George Orwell).

Possiamo inserire La terra dei figli, graphic novel di Gipi edita da Coconino Press nell’ottobre 2016, in questo filone narrativo. Il fumettista pisano costruisce una storia ambientata - immaginiamo - in un futuro prossimo, dopo che una qualche catastrofe ha posto fine al mondo come lo conosciamo oggi.

Non viene mai spiegato, nel corso della storia, cosa sia accaduto, come la nostra realtà si sia trasformata nel panorama desolato e primitivo che Gipi rappresenta. L’autore opera una scelta precisa, dichiarata nella quarta di copertina: “Sulle cause e i motivi che portarono alla fine si sarebbero potuti scrivere interi capitoli nei libri di storia. Ma dopo la fine nessun libro venne scritto più”.

E proprio l’ignoranza e lo speculare desiderio di conoscenza sono il motore dell’intera storia. Noi lettori, al pari dei protagonisti, non sappiamo nulla del mondo che ospita il racconto. Possiamo solo osservare lo svolgersi dei fatti, cercando di trovare, ricostruendo pazientemente, un tassello dopo l’altro, una spiegazione.

I due ragazzini protagonisti della storia sono i nostri avatar, abitanti inconsapevoli di un mondo che per loro è sempre stato solo quello mostrato nel racconto, privi di ricordi di ciò che c’era prima.

Il quaderno che quotidianamente il padre riempie di parole che loro non sanno leggere è il ponte con un’epoca precedente, forse più felice, di certo più semplice.

E alla fine viene da pensare che siamo proprio noi, vent’enni e trent’enni di oggi, i ragazzi di quel racconto, incapaci di immaginarci compiutamente un futuro e sostanzialmente ignari del nostro passato. Abbiamo ereditato un mondo che non abbiamo contribuito a costruire, che non capiamo fino in fondo e che non si interessa di noi. L’unica cosa da fare, a questo punto, è provare a riempirlo con la nostra umanità, a plasmarlo con le nostre speranze.

Lo stile realistico ed essenziale, il bianco e nero e i silenzi sono la cifra stilistica di questo graphic novel. Gipi ci accompagna per mano lungo il viaggio che i suoi personaggi compiono in questo strano, triste nuovo mondo. E allo stesso tempo il viaggio è anche dentro di loro, alla riscoperta - forse - della loro dimensione umana.

La storia non si risparmia in cattiveria: sangue, cannibalismo e violenza sono elementi ben presenti e raffigurati nella sua storia. La morte una compagnia frequente ed accettata.

Il tratto semplice e lineare dell’autore riesce a dare dinamismo ai momenti di azione e intensità a quelli riflessivi, conferendo all’intera opera uno spessore davvero sorprendente.

Gipi (pseudonimo di Gianni Pacinotti), fumettista e artista completo fin dai tempi di Esterno notte del 2003, costruisce il suo microcosmo sapientemente e con attenzione, donando spessore all’ambientazione, più che ai personaggi. I protagonisti sono un pretesto per mostrare il mondo desolato che li circonda, il loro viaggio un modo per raccontare cos’è diventata la realtà.

Venute meno le convenzioni sociali e i rigidi paletti della nostra società, l’uomo rimane solo, unico arbitro di se stesso. Siamo noi stessi il limite delle nostre azioni, la coscienza interiore del bene e del male diventa l’unica guida secondo la quale si muovono gli atti dei protagonisti.

In tempi come questi nei quali si ha l’impressione di contare poco o nulla nelle decisioni politiche che ci riguardano, il tema della coscienza di sè e del libero arbitrio è più che mai al centro dell’attenzione. Ma le opere contemporanee, da libri come Il Signore delle Mosche a serie televisive come Westworld, mostrano che quando l’uomo è libero dai vincoli delle convenzioni sociali, non dà esattamente il meglio di sè. E La terra dei figli conferma questa conclusione.

Durante tutto il racconto, il protagonista cerca qualcuno che possa leggergli il quaderno scritto dal padre, ultimo legame con il mondo precedente. Questa ricerca diventerà ossessione, esasperando il desiderio di conoscere il proprio passato, per capire chi si è nel presente. Ma alla fine il ragazzo, per salvare un’altra persona, lascia dietro di sè il quaderno e scappa, con il fratello e due donne. Una lo accarezza, compiendo un gesto cui lui non era più abituato.

L’umanità, forse, è più importante della conoscenza.

In un mondo perennemente inzuppato in una tecnologia spesso disumanizzante, non importa chi si era in precedenza: forse recuperare l’umanità può essere l’unica strada per fare in modo che il mondo di Gipi non si concretizzi mai.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.228) 29 aprile 2017 19:57

    Quale Robot >

    La TECNOLOGIA che “cancella” il LAVORO umano sta diventando un altro mantra di moda. C’è chi profetizza, a mo’ di flagello biblico, che le diverse attività svolte oggi dall’uomo saranno sostituite e surclassate dall’avvento di macchine super dotate.

    Salvo che.


    Nessuno azzarda un minimo di tempistica (decenni, secoli, ..).

    Non si accenna al fatto che, per quanto automatizzate, le macchine necessitano di input (cosa, dove, quando, ..) e di manutenzione. E soprattutto.

    Un essere umano così “disoccupato” non avrà alcuna propria fonte di reddito.


    La soluzione?

    I più “generosi” prefigurano una sorta di generalizzato reddito di sussistenza.

    Dimenticano (?) però che qualsiasi attività, destinata alla produzione di beni e servizi, ha dei costi (fissi e variabili) e dei prezzi d’offerta. Come tale necessita di una ben variegata domanda di mercato.

    Ossia di una clientela finale (umana) articolata nelle sue varie esigenze e detentrice di un adeguato potere di acquisto. Altrimenti è naturale e facile presagire il progressivo collasso di un sistema senza sbocco.


    Ecco il punto.

    Lo sviluppo di scienza e tecnologia da sempre apre nuovi ed inesplorati orizzonti.

    COMPITO, nonché dovere dell’uomo, è soppesare di volta in volta le potenziali future opportunità, scegliere le più “consone” e governarne la concretizzazione.

    In sintesi. Stare ai fatti e andare sempre Avanti con Metodo

  • Di Robiobi (---.---.---.98) 8 maggio 2017 22:23

    Un giovane scrittore in erba, diretto e consapevole. Lettura piacevole, di estrema attualità ma per nulla banale.

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