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La sinistra secondo Alain Caillé

Negli anni novanta Alain Caillé – sociologo, economista e direttore della rivista Mauss insieme a Serge Latouche – ebbe modo di elaborare in modo sintetico una sorta di programma di massima della sinistra analogo, per certi versi, nelle critiche e nelle alternative proposte a quello di Luciano Gallino. Qui di seguito ne diamo una breve sintesi.

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La sinistra deve difendere non solo la libertà e la solidarietà in generale ma deve farlo soprattutto per i perdenti. Per la sinistra è fondamentale l’uguaglianza: essere di sinistra significa infatti puntare sul fatto che la rivendicazione dell’uguaglianza è fondamentale a livello politico ed economico. Il trionfo dell’ultra liberismo ha come suo obiettivo non solo quello di subordinare alla libertà individuale e al benessere materiale i valori di uguaglianza e di solidarietà ma intende farne tabula rasa. 

A partire dagli anni 90 i sindacati e i partiti che si sono più o meno richiamati al marxismo hanno subito un vera e propria operazione di delegittimazione. 

Quanto alle organizzazioni di ispirazione socialdemocratica si sono iper burocratizzate, sono diventate corrotte e soprattutto sono giunte ad un vero e proprio corporativismo. 

Ritornando all’ultra liberismo una delle conseguenze più nefaste è stato lo smantellamento dello stato sociale che aveva permesso un certo controllo del capitalismo. La sinistra deve rafforzare lo Stato sociale. Infatti quanto grave sia la disuguaglianza nelle società contemporanea, lo si evince non solo dall’aumento della disuguaglianza tra paesi ricchi e poveri ma in seno ai paesi ricchi la disuguaglianza sociale è enormemente aumentata. Ad esempio la differenza fra la Tanzania e la Goldman Sachs consiste nel fatto che negli anni ’90 la Tanzania aveva un reddito pro capite di 2,2 miliardi di dollari mentre invece la banca d’affari americana Goldmann Sachs guadagnava circa 2,6 miliardi di dollari distribuendo la gran parte del denaro solo a un centinaio di persone. Tutto ciò è stato anche determinato dalla nascita del capitalismo borsistico e finanziario. Infatti il flusso di operazioni che intervengono sul mercato dei cambi ormai superano i mille miliardi di dollari al giorno e la maggior parte di questi capitali speculativi non appartiene alla grande borghesia ma è costituita da fondi pensionistici cioè dalle somme risparmiate dei salariati dei paesi sviluppati in prospettiva della pensione e gestite da oligarchie burocratiche. 

Ebbene, ricordava l’autore negli anni ’90, un capitalismo di questa natura cioè finanziario e speculativo determina sul mondo una minaccia temibile e terribile e cioè la minaccia che da un giorno all’altro il capitalismo e la nostra società possano crollare a causa di una bolla finanziaria determinata dalla proliferazione di prodotti finanziari derivati. 

D’altra parte Stati e governi sono sempre più strettamente sottomessi al criterio di redditività finanziaria immediata e gli stessi licenziamenti sono molto spesso decisi proprio per consentire alla società quotate in borsa di riprendere quota, cioè vengono fatti per consentire che il corso di una azione risalga il più rapidamente possibile. Tutto ciò costituisce una vera propria dittatura dell’istante in cui domina l’immediatezza. Uno degli errori che la sinistra ha commesso consiste nel polarizzare la sua discussione intorno al concetto di Stato e mercato dimenticando che esiste un terzo elemento e cioè la società civile. Solo ponendo nuovamente al centro la societa civile sarà possibile trasformare la democrazie rendendola più autentica e più plurale. La sinistra infatti non devi mai dimenticare che il capitalismo in fondo non è altro che il processo di espansione indefinita del mercato cioè non è nient’altro che il mercato stesso quando sfugge alla regolazione sociale e proprio per questo la sinistra deve contribuire a trovare i mezzi di imporre un nuovo controllo e una nuova domesticazione del capitalismo che gli impedisca di distruggere tutto il suo passaggio, che consenta di salvaguardare e tutelare l’uguaglianza sociale ed economica. Per realizzare tutto questo è necessario una organizzazione politica che sia più orizzontale cioè rizomatica e il meno burocratica possibile mescolando le frontiere tra militanti e non militanti sul modello di Greenpeace o Amnesty International. 

Tuttavia l’autore non condivide il fatto che si possa limitare il progetto europeo dell’adozione della moneta unica perché significherebbe rinunciare a costruire un’istanza di regolazione politica e amministrativa del capitalismo deponendo le armi proprio nel momento in cui il bisogno di ricreare il controllo dello Stato sul mercato è più forte. Anzi bisognerebbe adottare una costituzione europea, che tuteli i diritti dell’uomo, che proclami i diritti universali, l’educazione e la difesa contro la malattia, che sottolinei la necessità di lottare contro le disuguaglianze eccessive instaurando un salario e un reddito di cittadinanza minimo.

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