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La mafia e la ’ndrangheta viste dall’Europa

Essere neutrali è una qualità che non mi si addice facilmente, soprattutto, se devo scrivere di mafia. Stasera alle 21.00 su ARTE (il canale Franco-tedesco) ci sarà una serata dedicata alla mafia e alla ‘ndrangheta.

I due documentari “Halte à la mafia” – realizzato da Jorge Amat – e “Main basse sur l’Europe” – di Anges Cattegno, dipingono le due dimensioni mafiose con approccio e immagini differenti.

"Stop alla mafia" è un affresco dei personaggi che si oppongono al cancro siciliano, da Pino Maniaci a Rosario Crocetta, passando per Vincenzo Conticello e i giovani di Addio Pizzo.

Storie che si intrecciano al sole di Sicilia, tra il profumo di agrumi della Conca d’oro e quello acre di petrolio dell’Eni di Gela. Sullo sfondo appaiono, sempre, gli occhi sfuggenti degli agenti delle scorte. Occhi vigili che la tensione per la presenza delle telecamere rende ancora più veloci. Occhi vitrei che guardano i vicoli di Palermo o le campagne intorno Corleone, occhi coperti da occhiali scuri che allontanano il sole e, a volte, il pericolo.

Poi ci sono i volti, sorridenti e rabbiosi, di Rodolfo Guajana che parla delle fiamme al suo capannone o di Rosario Crocetta ricorda del tritolo arrivato insieme al suo killer lituano. Penso che la mafia debba aver paura di questi uomini, deve esserne terrorizzata perché nei loro occhi non si vede paura o rassegnazione ma una debordanza di vita che si trasforma in arma. Un’arma che colpisce forte, che tocca i nervi scoperti di un sistema, quello mafioso, che è un sistema umano – come amava ricordare il giudice Falcone – e che, quindi, è di fatto labile, soggetto a essere sconfitto e finanche mortale.

Chi non ha paura, chi non può essere sconfitto non si preoccupa dei suoi nemici. La mafia teme ogni suo singolo nemico, ogni singola voce fuori dal coro perché rappresenta un elemento di disturbo nella strategia della tensione volta a difendere il loro potere.

La morte di Libero Grassi – raccontata nel documentario dalla moglie – è, in tal senso, emblematica. Libero Grassi non dava fastidio, solo, perché non pagava, Libero Grassi disturbava perché aveva fatto sentire la sua voce, aveva sfidato il “potere” ma Libero Grassi era solo e quando si è soli, sul fronte meridionale, si muore.

Ho sorriso nel vedere volti che conosco, che potrei definire “amici”, ho sorriso nel vederli dipinti come degli eroi mentre sono uomini e donne che amano la loro terra.



Quando vedo i loro volti mi ricordo, sempre, di un passaggio della Meglio Gioventù. Ricordo, nel film, un dialogo di Lo Cascio, deve fare la diagnosi ad un politico che ha preso tangenti, il politico dice: "possibile che lei non si sia mai accorto di nulla? Oppure le sarà venuto in mente ma avrà girato la testa dall’altra parte come hanno fatto milioni di italiani. [...] E’ l’Italia, non l’ho fatta io. Ah! Certo nemmeno lei. E’ l’Italia che hanno fatto i nostri padri, mi creda". Lo Cascio scuote la testa e dice: "No, mio padre no. Mi creda anche lei".

Immagino i figli di Guajana o Maniaci rispondere, un giorno, “Mio padre no”.

Il documentario sulla ‘ndrangheta dà, invece, un respiro internazionale alla prima mafia d’Italia. Alla mafia che fornisce droga, prostitute e denaro alla Milano da bere. Alla mafia che uccide in trasferta: a Duisburg come a Milano o che fa affari a Malaga e acquista Caffè in Via Veneto a Roma.

Purtroppo il fenomeno della ‘ndrangheta, troppo spesso, trova poco spazio sulle colonne dei giornali. Il 28 settembre l’omicio di Cataldo Aloisio ha fatto affermare al Procuratore Antimafia Macrì che: “Milano è la vera capitale della ‘ndrangheta”. La notizia dell’omicidio è apparsa, sui quotidiani nazionali, tra la pagina 17 e la pagina 21 e, spesso, tra le brevi.

La ‘ndrangheta, la prima mafia d’Italia e, forse d’Europa, uccide e traffica nel silenzio nazionale. La moglie di Fortugno – nel documentario – chiede ancora le ragioni dell’omicidio del marito. La mafia è una “potenza” europea capace di fare affari a Malaga, in Lussemburgo o in Germania o in Francia…. O forse no…

Della Francia non si parla mai. Della penetrazione mafiosa all’interno dei 20 arrondissment della capitale nessuno parla. Nessuno parla della camorra o della ‘ndrangheta intra-muros. In Francia la mafia è un fenomeno legato ai rapporti Costa Azzurra- Est Europa o alla vendita della droga nelle banlieues. Così mentre i giudici di Marbella parlano esplicitamente dei boss che hanno investito nella città, mentre la polizia tedesca disegna la geografia delle cosche sul proprio territorio, la Francia allontana questo spettro e preferisce nasconderlo dietro le luci di una Parigi addobbata a festa per Natale.

In Francia non si parla degli affari delle mafie italiane nella capitale francese (negozi, droga, immobiliare). A Parigi, per i francesi, la mafia non esiste.


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