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La libertà degli eletti, il sacrosanto principio del "divieto di vincolo di mandato"

"Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". (Art. 67 Costituzione Italiana)

Questa articolo della Costituzione afferma in maniera netta e precisa uno dei principi che sta alla base della (nostra) democrazia rappresentativa. 

Il cardine su cui poggia è la centralità del Parlamento, garantendo così la libertà di espressione, assicurata a tutti i cittadini a norma del celeberrimo articolo 21, a maggior ragione ai membri eletti in Parlamento.

Questo assioma costituzionale trova le sue radici storiche in un discorso pronunciato dal filosofo Edmund Burke, alla fine del XVIII secolo, prima ancora della Rivoluzione Francese.

Il filosofo britannico di orgini irlandesi, come riporta Wikipedia, nel suo famoso "Discorso agli elettori di Bristol, tenuto il 3 novembre 1774, dopo la sua vittoria elettorale in quella contea, propugnò la difesa dei principi della democrazia rappresentativa contro l'idea, da lui considerata distorta, secondo cui gli eletti dovessero agire esclusivamente a difesa degli interessi dei propri elettori:

"Il parlamento non è un congresso di ambasciatori di opposti e ostili interessi, interessi che ciascuno deve tutelare come agente o avvocato; il parlamento è assemblea deliberante di una nazione, con un solo interesse, quello dell'intero, dove non dovrebbero essere di guida interessi e pregiudizi locali, ma il bene generale"

Ebbbene, questo principio fu poi ripreso dalle Costituzioni dei Paesi occidentali, come la Francia e ovviamente l'Italia, con lo Statuto Albertino prima e la Costituzione Repubblicana poi.

Ciononostante, nel nostro Paese, soprattutto nelle ultime legislature con il forte incremento dei passaggi da un partito all'altro, spesso con esiti fondamentali per le sorti dei Governi, tale principio viene messo fortemente in discussione.

Questo perché, pur avendo gl eletti la facoltà di cambiare schieramento una volta entrati in Parlamento se in contasto con il proprio partito e/o coalizione, tale pratica è sfociata in veri e propri casi di trasformismo politico.

Le elezioni del 2013 hanno visto il prorompente arrivo sulla scena politica del movimento 5 stelle, fondato dal comico Beppe Grillo, che prese poco più del 25% dei voti. 

Lo stallo politico dovuto alla mancanza di una maggioranza parlamentare e alla conseguente nascita del Governo Letta, a guida PD tenuto in vita dall'appoggio delle forze (avversarie alle elezioni) di centro-destra, portò a gridare (anche grazie ai meccanismi di formazione delle liste previsti della legge elettorale allora vigente, il cd. Porcellum), soprattutto dagli esponenti del movimento, allo scandalo e al "ribaltone".

In difesa dell'articolo 67 si spinse il politologo Giovanni Sartori, defunto da poco più di un anno, con un editoriale sul Corriere della Sera del 17 aprile 2013, secondo cui:

"(il divieto di vincolo di mandato,ndr) istituisce la rappresentanza politica (di diritto pubblico) dei moderni. Senza questo divieto si ricadrebbe nella rappresentanza medioevale, nella quale, appunto, i cosiddetti rappresentanti erano ambasciatori, emissari, portavoce che «portavano la parola» dei loro padroni e signori. Il loro mandato era imperativo perché dovevano solo riferire senza potere di trattare"

Se, quindi, per Sartori, è evidente la sua "ragion d'essere costituzionale (ineliminabile)", il tema del vincolo di mandato è tornato centrale anche nella campagna elettorale del 2018, che ha visto nascere, dopo un iter travagliato e burrascoso, un governo guidato dalle due forze che hanno preso più voti, cioè Lega (che però si era presentata in coalizione con Forza Italia e altre partiti di centrodestra) e M5S.

Infatti, nel contratto di governo stipulato dopo le elezioni e sottoscritto (senza nessun valore giuridico, è chiaro) dai due leader, cioè Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ci sono chiari riferimenti alla modifica dell'istituto:

"Occorre introdurre forme di vincolo di mandato per i parlamentari, per
contrastare il sempre crescente fenomeno del trasformismo. Del resto,
altri ordinamenti, anche europei, contengono previsioni volte a
impedire le defezioni e a far sì che i gruppi parlamentari siano sempre
espressione di forze politiche presentatesi dinanzi agli elettori(...)"
(pagina 35 su 58, versione definitiva del 18 maggio 2018)

Se non si può condividere appieno la posizione del compianto politilogo, altrettanto non si può non affermare pure come la pratica abbia preso una piega poco apprezzabile.

Una soluzione, certo, potrebbe essere, quella di cambiare le modalità di formazione delle liste dei partiti da proporre agli elettori.

La legge elettorale vigente, il cd. Rosatellum bis, non prevede la possibilità di indicare preferenze sulla scheda, anche se, su dettame della Corte Costituzionale, le liste sono state accorciate, da un minimo di 2 ad un massimo di 4 candidati così da poter essere facilmente riconoscibili dall'elettore.

Questo bastera? Non lo sappiamo, ma sappiamo che si dovrà trovare il modo per far sì che questo che è un prinpipio cardine della democrazia così come la conosciamo oggi, non appaia come un privilegio di cui si abusa minando così la fiducia e la credibilità della politica.

Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.242) 6 giugno 2018 10:46
    Truman Burbank

    Forse è il caso di far notare che la Costituzione italiana è composta di numerosi articoli, che nel loro complesso tendono a definire un ordinamento democratico.

    Prima dell’art.67 vengono gli artt. 56 e 58:

    "La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto."

    "I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età."

    Conviene chiarire quella parola "diretto": vuol dire che gli elettori eleggono direttamente i loro rappresentanti, senza intermediari. E’ arduo sostenere che l’attuale legge elettorale, imposta ai sudditi italiani con 8 (otto) voti di fiducia, consenta l’elezione diretta. Gli eletti sono visibilmente decisi dal partito.

    E allora prima di discutere se l’eletto debba essere fedele al suo partito sarebbe il caso di ripristinare la rappresentanza, così come prevista dalla Costituzione. Oppure, viceversa, se il parlamentare è lo sguattero del partito, sarebbe il caso di formalizzarlo.

    Comunque ha poco senso considerare un singolo articolo della Costituzione senza considerare gli altri articoli a cui si correla.

    • Di Giantonio (---.---.---.210) 6 giugno 2018 12:39

      @Truman Burbank potrei rispondere citando il primo articolo della Costituzione. La prima parte la conosciamo tutti. Tanto che viene citata,troppo spesso, a sproposito da una parte politica. Invece, è altrettanto importante, nonchè dirimente per la questione: "che la esercità nelle forme e nei limiti della Costituzione"

    • Di Truman Burbank (---.---.---.242) 8 giugno 2018 15:16
      Truman Burbank

      @Giantonio: Proprio con riferimento all’art. 1 gli articoli 56 e 58 assumono significato. Il rosatellum imposto con otto voti di fiducia ha svuotato in buona parte gli articoli 1, 56 e 58. Il suo contributo invita però a guardare l’art. 67 come se non fosse successo niente. Ecco, io proponevo invece di riflettere sull’assieme degli articoli.

  • Di kindlyreqd (---.---.---.129) 6 giugno 2018 14:13
    Senza entrare nel merito della Costituzione, ricordando che non stiamo parlando delle Tavole della Legge date da Dio a Mosè, ma di una serie di regole e principi definiti e stabiliti da uomini, che quindi come tali non possono avere valore eterno ed universale.
    Appellarsi perciò alla Carta per sostenere un principio è corretto, purché non serva ad eludere il problema di fondo e cioè, con riferimento all’ultima legislatura: è giusto ed accettabile che ci siano 546 cambi di gruppo, 310 alla Camera e 236 al Senato? Un terzo degli eletti, dieci cambi di casacca al mese. 
    Se va bene così, bisogna argomentarne e sostenerne le ragioni e, per chi si vuol rifare alla Costituzione, dimostrare che era anche questo che voleva chi l’ha scritta.
    Se invece si evidenzia una distorsione, bisogna intervenire in qualche modo: fornire una soluzione, un correttivo che cerchi di limitare il fenomeno, con un occhio magari al dettato costituzionale.
    Ci fosse almeno la possibilità di abbandonare il partito nel quale si è stati eletti, ma con il vincolo di passare al gruppo Misto: macché, gente eletta nelle file del PD passata tranquillamente in FI, addirittura dietro il pagamento di un incentivo.
    E’ questo che vogliamo?
    • Di pv21 (---.---.---.237) 8 giugno 2018 19:41

      Pro memoria >

      Pochi anni fa è circolata anche la "proposta" che il dibattito in Aula si svolgesse solo tra i Capigruppo dei vari schieramenti. In tal modo l’attività principale, se non unica, di Deputati e Senatori sarebbe stata quella di come fare per conservarsi la poltrona per più legislature.

      Saluti 

  • Di pv21 (---.---.---.191) 7 giugno 2018 19:46

    Spartito >

    GAG, slogan e spot con guarnizione di controcanto e contorno di claque. Questo il MENU’ proposto anche dai fautori del governo giallo-verde.

    MOLTI i buoni propositi e le risposte “calibrate” sulle aspettative di tanti cittadini “rabbiosi” perché delusi e emarginati.


    Per contro sarà interessante conoscere l’effettiva agenda delle priorità; ossia delle azioni compatibili con una equilibrata gestione del bilancio pubblico. NB > Debiti, costi e ricavi non sono voci “fungibili”.


    In generale.

    Sono ormai parecchi anni che assistiamo agli exploit mediatici di leader carismatici e “accentratori” votati ad affascinare gli occasionali uditori. E ogni volta si vantano “nuove” concezioni ed articolazioni del sistema democratico, frutto, si dice, dell’evoluzione storica della realtà sociale.


    POCHI annotano però che ad ogni così brillante “protagonista” della politica compete l’onere e la responsabilità del benessere collettivo.

    Cambia lo spartito? 

    La storia insegna che la Febbre del Tribuno travalica remore, limiti …

    • Di kindlyreqd (---.---.---.129) 8 giugno 2018 13:27

      Per il momento, i “rabbiosi”. "delusi e emarginati" siedono sui banchi del PD e di FI.

      E dietro di loro, i vari Junker, Merkel, il badante francese, Soros, eccetera: una bella compagnia di personaggi caritatevoli e davvero interessati al nostro "benessere collettivo". 
  • Di paolo (---.---.---.49) 9 giugno 2018 08:06
    Meglio di Kindlyreqd non avrei saputo argomentare. Sottoscrivo in toto. Come in tutte le degenerazioni bisogna porre un limite a quello che è diventato puro e semplice trasformismo; opportunismo spesso e volentieri tutt’altro che disinteressato.
     
     
  • Di Enzo Salvà (---.---.---.133) 10 giugno 2018 11:58

    D’accordo con Giantonio salvo che la citazione del punto 20 doveva essere più completa. i punti focali sono: vincolo di mandato, Portogallo e Spagna. Si fa intendere che PT e ES hanno introdotto il vincolo di mandato: falso (non dico si sono sbagliati). In Portogallo e Spagna i parlamentari votano in dissenso dal loro gruppo e contro il Governo, se vogliono, e, se vogliono, abbandonano il gruppo di origine per aderire al misto: sono vincolati solamente a non aderire ad un altro partito durante il mandato. 

    Paradossalmente, proprio adesso che abbiamo il contratto, si evidenzia un altro particolare che stranamente nessuno dell’informazione ha recepito (forse siamo troppo abituati a leaderismi - elites ecc): due partiti che si sono affrontati in maniera anche piuttosto esagerata in Campagna Elettorale, formano il Governo e concordano provvedimenti sui quali prima erano contrari: che succederebbe con il vincolo di mandato? costringi i parlamentari a tradire la parola data in Campagna Elettorale? Costringi i partiti a non fare alleanze, vincolando anch’essi alla Campagna? Io penso che quella parte del contratto sia più reclame che altro.
    Lo stesso punto riduce i parlamentari per motivi di snellezza (Renzi riveduto e corretto e c’è anche il CNEL) e risparmio, parla di democrazia diretta/referendum ecc. Come scrive Truman "suffragio universale e diretto" tecnicamente difficile, ma un supporto c’era nel Mattarellum: collegi elettorali uninominali molto ristretti 475 e un proporzionale (partiti?) 175. (camera), quindi Candidati più forti su territori più ristretti che verrebbero anche più osservati durante il mandato dagli elettori stessi -Rosatellum bis (peraltro ancora sub judice) uninom. 232 prop. 386 estero 12. 

    Il contratto parla di 400 Deputati: intanto c’è da vedere con quale legge elettorale, ma anche se fosse maggioritaria, anziché privilegiare la vicinanza con l’elettore privilegia il partito non la democrazia diretta. 
    Referendum lascio ad altri, non sono in grado di giudicare sufficientemente.

    E non è detto che se il Rosatellum passa il vaglio della Corte non venga mantenuto, nel contratto non c’è mica scritto riforma elettorale. Chi lo dice che, considerato il risultato, non venga mantenuto?
    pv21 : bello ed azzeccato il riferimento a Cola di Rienzo

    Un Saluto
    Enzo

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