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La guerra libica e la disinformazione

Come s’è appreso dalla stampa e televisione, la guerra libica è giunta al suo epilogo con la conquista di Tripoli da parte dei ribelli. Una conquista presentata con enfasi dall’informazione ufficiale che ha dato preminenza, cosa peraltro giusta, alla sconfitta del dittatore, tralasciando l’aspetto cruento della battaglia svoltasi per la conquista di Tripoli e la distruzione del rifugio di Gheddafi; quasi a rimarcare la funzione demiurgica della nato che, secondo gli intenti originari, avrebbe avuto funzioni umanitarie.

A quanto sembra, però, secondo Peacelink, i fatti sono diversi. La “conquista” di Tripoli sarebbe avvenuta in un bagno di sangue a cui hanno partecipato con i bombardamenti e, sembra, con forze di terra, anche le forze Nato.

Le giustificazioni della nato all’intervento erano di evitare “bagni di sangue” durante l’assedio di Bengasi, occupata dai ribelli, da parte delle forze di Gheddafi e di rompere l’assedio; dunque, un’operazione al contempo umanitaria e militare di aiuto alle forze ribelli.

“La guerra è guerra”, come si dice; non c’è niente che la possa giustificare ne tantomeno sperare che sia pulita. In guerra si uccide, punto!

Quello che si tende a dimenticare, mi riferisco a Peacelink, è che la guerra è fatta per conquistare o controllare un territorio; che sia interna o esterna non importa, e quella libica non si scosta minimamente dal concetto. Le forze in campo, inclusi i ribelli, hanno aggredito lo stato libico – non importa se legale o no. Comunque, il potere di Gheddafi è derivato da una rivolta simile all’attuale – dopo che Gheddafi reagì alle manifestazioni iniziali pacifiche con la violenza, e questo ha legittimato altra violenza e la determinazione dei rivoltosi a cacciare “il dittatore” senza compromessi. L’aiuto dato dalle forze esterne, pur se giustificato con le solite affermazioni sulla democrazia e umanitarismo, sono comunque da considerare un’aggressione ad uno stato sovrano per il controllo, se non direttamente del territorio, perlomeno delle forze che ne prenderanno il controllo.

Ed è in questo contesto che va valutata anche l’informazione; non per giustificarla ma per averne una percezione più reale.

È ovvio che tutto ciò che si scrive su un problema è di parte, così com’è ovvio che le notizie sono sempre “censurate” sia da chi le scrive che dalla redazione.

Tornando alla Libia, è ovvio che, se il nemico è Gheddafi e il suo regime, l’informazione tenderà a enfatizzare le azioni dei ribelli e condannare quelle di Gheddafi. La conseguenza di ciò è la scomparsa dall’informazione di tutto ciò che può mettere a rischio l’operazione informativa.

Ma questo dipende da un fattore legato agli interessi occidentali. Le forze Nato, come sempre e al di là degli intenti ufficiali, sono entrate in campo per difendere gli interessi dell’occidente, quello stesso occidente che fece affari con la Libia della dittatura e che, valutando gli sconvolgimenti nell’area, sceglie di porsi dalla parte dei rivoltosi.

La Nato, organismo militare, sa benissimo che in guerra le opinioni contano poco; ciò che conta è il risultato finale e, se il risultato è ridare il controllo del territorio all’occidente, sa che gli ingaggi possono essere modificati in base alle esigenze del momento.

Per concludere, il comportamento della stampa occidentale non esce dagli schemi soliti di una società tendente a difendere i propri interessi comuni.

È giusto? È sbagliato? Sicuramente è sbagliato! Ma, d’altra parte, ad essere sbagliata per primo è la guerra!

Fonte notizia: bagno di sangue in Libia rainews 24 e le bugie di guerra.

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