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La fine della Sixth Family

Rizzuto hanno scritto la storia della mafia in Canada. Qui Nicolò, Nick senior, era arrivato nel 1954, dopo aver sposato la figlia del capobastone di Cattolica Eraclea e lavorato come campiere nelle terre del barone Agnello. Il suo omicidio sembra tuttavia segnare la fine della Sixth Family, anche se è ancora in vita il primogenito, Vito, che dal carcere ha dovuto assistere impotente all’omicidio del figlio prima e del padre dopo.

Il vecchio boss aveva 86 anni quando è stato ucciso, il 10 novembre, davanti alla moglie, Libertina Manno, e alla figlia Maria. Ma questo è solo l’ultimo atto di una lunga catena di omicidi che ha come unico scopo la distruzione dei Rizzuto. In ballo ci sono i soldi e il potere, i giochi della finanza internazionale, il traffico di stupefacenti, investimenti di miliardi di dollari.

Una guerra che si combatte tutta tra Cosa Nostra e la ’ndrangheta, in cui si mescolano odii antichi e progetti di futuri guadagni.

Quando Nick senior arrivò a Montreal, la famiglia dominante era quella dei Bonanno, rappresentata dal loro luogotenente Vic Cotroni, originario di Mammola (Rc). Nel 1975 Cotroni cede il passo a Paul Violi, anch’egli calabrese, di Sinopoli. Ma tra i due non ci fu continuità. Violi era più aggressivo, non trattava con nessuno e non scendeva a compromessi. Rizzuto si sentiva forte, grazie all’alleanza con i Cuntrera-Caruana, impegnati nel traffico di eroina dal Canada agli Stati Uniti, e cercò di sfidare Violi. Fu costretto a rifuggiarsi in Venezuela.

Ma non fu una sconfitta definitiva: fece uccidere Violi nel 1978 e così il padrino potè rientrare a Montreal. Ebbe la fortuna di riuscire a sfuggire a tutte le indagini della polizia, canadese e italiana. I problemi seri cominciarono quando Salvatore Vitale, appartenente alla famiglia Bonanno, decise di vuotare il sacco.

Il 20 gennaio del 2004 fu arrestato suo figlio Vito. Nel febbraio 2005 scattò a Roma l’operazione “Brooklyn” che bloccò il processo di infiltrazione nelle cosidette 21 Grandi Opere. Furono emesse diverse ordinanze di custodia cautelare per associazione mafiosa. Il primo provvedimento fu notificato in carcere a Vito Rizzuto.

Poi fu la volta di Giuseppe Zappia, anziano ingegnere nato nel 1925 a Marsiglia da genitori calabresi e trasferitosi in Canada, bloccato in un appartamento di lusso ai Parioli. Tra gli arrestati figurano un algerino residente in Francia, un broker canadese, un cingalese. Ma l’inchiesta coinvolse anche avvocati romani, imprenditori e uomini d’affari siciliani e parigini. Furono perquisite le sedi di società di costruzioni italiane e francesi.

Zappia era un esperto di affari internazionali: aveva già realizzato il villaggio olimpico di Montreal nel 1976, dove era stato coinvolto in uno scandalo di tangenti, e altre infrastrutture negli Emirati Arabi. Nel 1997 si era trasferito a Roma.

Un’intercettazione aveva rivelato che era pronto ad investire 5 miliardi di euronella costruzione del ponte di Messina. Nel 2004 la sua società era stata esclusa dalla gara di qualificazione tecnica. Ma erano pronti altri gruppi, c’erano già altri canali. Il ponte di Messina era solo uno degli investimenti progettati dai Rizzuto, scrivono i giornalisti americani Adrian Humphreys Lee Lamothe.

Zappia era il volto pulito di Vito Rizzuto, con il quale però ebbe pochissimi contatti diretti. Per evitare sospetti si servì sempre di mediatori. Le prove scaturiscono tutte dalla registrazione di una conversazione avvenuta tra loro il 1 novembre del 2002.

Vito Rizzuto fu estradato negli Stati Uniti. Sta scontando dieci anni in una prigione del Colorado, per contrabbando e per il suo ruolo nell’eliminazione di tre membri del clan Bonanno. Era riuscito a imporsi stipulando accordi con varie famiglie mafiose, delinquenti comuni, criminali irlandesi e colombiani e con la banda dei motociclisti. Era lui il cervello che aveva progettato l’infiltrazione negli appalti per il ponte sullo stretto. Dovrebbe uscire nel 2012. Ma i vecchi nemici stanno cercando di fargli terra bruciata intorno. In gioco non c’è solo il traffico di stupefacenti, ma anche il riciclaggio, l’edilizia, investimenti miliardari in varie parti del mondo.

Suo figlio, Nick junior, aveva solo 42 anni quando fu ucciso nel centro di Montreal, il 28 dicembre del 2009, davanti ai passanti terrorizzati. Era in piedi, accanto ad una mercedes nera, scrive il sito www.cattolicaeracleaonline.it, che mostra anche il video del funerale, celebrato in italiano nella chiesa di Notre Dame, la stessa in cui si era svolto quello di Violi. Questi era stato sepolto in una bara di ferro e bronzo, simbolo della forza e del potere della famiglia. Nick junior, per tutta risposta, è stato sepolto in un feretro color oro, a ribadire che il potere dei Rizzuto non aveva eguali. Al corteo funebre, nella Little Italy di Montreal, parteciparono centinaia di persone, tra imponenti misure di sicurezza.

Che si tratti di un potere in declino, lo dimostra la catena di omicidi che colpisce i Rizzuto. Sparisce per lupara bianca il genero di Nick, Paolo Renda, quindi il suo più importante alleato, Agostino Cuntrera, originario di Siculiana. Ma si parla di decine di morti e decine di bar ed esercizi commerciali legati ai Rizzuto che sono stati incendiati o fatti saltare in aria.

Se è vero che per colpa dei Rizzuto i calabresi hanno perso Montreal, è altrettanto vero che hanno mantenuto il controllo di Toronto. Come dimostrano i tanti arresti eccellenti effettuati in questa città, qui i calabresi sono radicati e dominanti.

Il Siderno Group è una sorta di commissione delle cosche originarie di Siderno, Gioiosa Ionica, Roccella Ionica che si è ramificata anche negli Stati Uniti e in Australia. Nel 2005 fu arrestato a Toronto il capo indiscusso, Antonio Commisso. Nel 2008 fu la volta di Giuseppe Coluccio. Ma il Siderno Group ha continuato ad operare nella gestione del narcotraffico internazionale, sostieneFrancesco Forgione.

Se vuole sopravvivere, la Sesta famiglia, dovrà per forza misurarsi con le ’ndrine calabresi in Canada. Ma quando Vito uscirà dal carcere troverà un mercato completamente nuovo.

Racconta lo studioso di mafia canadese Antonio Nicaso che la cocaina a New York non arriva più attraverso il porto di Montreal, ma dal confine messicano. La cocaina ha sostituito l’eroina sul mercato e questo ha finito inevitabilmente con il favorire la ’ndrangheta.

Scriveva il magistrato Vincenzo Macrì nel 2008 che la ’ndrangheta si è confermata leader nel traffico internazionale e che il suo predominio è sottolineato dai numerosi rapporti con potenti organizzazioni straniere africane, sudamericane e statunitensi.

Nicaso ricorda che in Quebec sta anche per arrivare una pioggia di 42 miliardi di dollari per la costruzione di centrali idroelettriche, strade e ponti: «Le ’ndrine non hanno interesse a esporsi direttamente, il rischio è quello di un effetto domino». È possibile che siano coinvolti i Bonanno, ma non si possono escludere gli haitiani, una manovalanza necessaria per lo spaccio di droga.

La catena di omicidi solleva numerosi interrogativi. I vari gruppi criminali potrebbero aver trovato un accordo intorno ad un nemico comune? Oppure difaida si tratta, tra i calabresi e i siciliani, per vecchi rancori e antiche vendette?

Certo è, come conferma Nicaso, che i morti stanno tutti dalla stessa parte: i Rizzuto non riescono a reagire. E quanto a Vito, difficilmente può immaginare un deserto peggiore di quello che lo aspetta fuori dal carcere. Le donne, invece, come scrive un sito di Cattolica Eraclea, sono sotto shock.

Il conflitto canadese può avere ripercussioni in Italia? Il quotidiano agrigentino online lavalledeitempli.net dipinge uno scenario inquietante. L’intesa d’affari che la ’ndrangheta ha stipulato in più zone con la mafia siciliana e la camorra potrebbe dare origine a un nuovo sodalizio, già da più parti ribattezzato la“Quinta mafia”.

Scrive Gian J. Morici: «Le ’ndrine hanno invaso i territori della Camorra e delle famiglie di Cosa Nostra. Laddove, come a Fondi, non c’è resistenza, gli affari si fanno tutti insieme. Viceversa, come nel Quebec canadese, gli spargimenti di sangue decreteranno vinti e vincitori».

La presenza della ’ndrangheta nell’agrigentino, provincia di origine dei Rizzuto, sarebbe del resto dimostrata dagli arresti effettuati nell’ambito dell’operazione“Pit Stop”. In questo contesto, scrive ancora Morici, si può temere che la frammentazione della mafia siciliana (Cosa nostra decapitata, resti della Stiddae delle tante Famigliedde della provincia), l’ingresso delle ’ndrine e il conflitto canadese «rischiano di accendere la miccia ad una polveriera la cui stabilità è sempre stata molto precaria».

Francesca Viscone
StrozzateciTutti.info

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