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La dittatura dello spread

Lo spread continua a salire. Tra non molto ci verremo a trovare nella stessa situazione che determinò, alla fine dello scorso anno, la caduta del governo Berlusconi. Ce ne ricordiamo tutti. Nei primi mesi della sua attività Monti diede una sterzata alle cose e sembrò che ci fosse stato un rasserenamento generale del clima interno e dei rapporti tra i partiti. Poi tutto è andato precipitando. Il “sistema Paese” non ha retto, sono riaffiorate le antiche divisioni e quello che sembrava possibile, si è dimostrato un miraggio. Ora siamo al punto di partenza, con l’aggravante delle scelte unidirezionali che si sono fatte, tutte contro i ceti popolari, i servizi sociali, il mondo della cultura e della ricerca.

La riforma elettorale è rimasta un pio desiderio. I segretari dei partiti vogliono mantenere i loro privilegi, questa specie di scuderia che li rende padroni del maneggio, e signori di servitù che possono solo calare la testa.

Di interventi per la crescita e lo sviluppo non se ne sono visti neanche in lontananza. Sono riaffiorate le fragilità strutturali e le difficoltà di prospettiva. Tutto mentre sappiamo che l’Italia non è la Spagna, la Grecia, l’Irlanda o il Portogallo. E’ diversa se non altro perché è uno dei Paesi che hanno dato origine a questa Europa delle banche e della finanza ed ha creduto da sempre nell’unità economica e culturale. Siamo stati fondatori della Ceca, la Comunità economica europea per il carbone e l’acciaio (1951), fautori della libera circolazione di persone, beni e servizi. Abbiamo dato origine nel 1957 alla Cee (la Comunità Economica europea) e all’Euratom, la comunità europea dell’energia atomica. Inoltre, il nostro Paese è stato, nel 1968, fautore dell’abolizione dei dazi doganali tra i Paesi fondatori (oltre all’Italia, il Belgio, la Germania, la Francia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi).

Abbiamo avuto, nel male e nel bene, europeisti come Alcide De Gaspari ed Altiero Spinelli, e a parte i difetti della classe dirigente di quegli anni, è stato grazie anche all’intellighentia italiana che l’Europa ha elaborato i suoi strumenti di coesistenza degli Stati mediante la Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. che “pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia” mai prima conosciuto. Fino ad arrivare agli ultimi esiti della sua attività, come il trattato di Lisbona (2009) sottoscritto in nome della democrazia, della solidarietà e del nostro protagonismo nel mondo globalizzato.

Viene dunque spontaneo chiedersi come mai l’Italia sia diventata una canna al vento, un fuscello nelle mani di quattro o cinque persone che decidono, da Berlino o da altrove, se il nostro Paese deve essere svenduto al primo che passa o se invece debba essere valorizzato per le sue risorse reali, quelle che hanno da sempre fatto la storia economica e finanziaria degli italiani, dal Rinascimento in poi.

Evidentemente ci sono dei mascalzoni che speculano in borsa e decidono le nostri sorti. Impunemente e senza che nessuno possa intraprendere iniziative volte e contrastare un abuso, un gioco d’azzardo alla roulette in cui a vincere sono sempre i proprietari del casinò. E per dirla tutta senza peli sulla lingua, possiamo aggiungere che questi signori rappresentano nel mondo della finanza un gruppo dittatoriale che trova delle analogie solo con il nazismo del Terzo Reich, e con i giochi forsennati di un führer che voleva colonizzare il mondo.

Difatti i più colpiti dalla tarantola dello spread e dalle politiche che mette in atto, sono i più deboli, quelli che il potere non l’hanno mai avuto e che oggi si trovano stretti dalla speculazione e dalle scelte impopolari dei governi.

Ma non tutte le colpe si possono attribuire a questi padroni. Molte sono di casa nostra. E qualcuna risalta agli occhi di tutti: non abbiamo più una classe dirigente con la spina dorsale dritta e il cervello allenato all’interesse pubblico. I nostri parlamentari hanno di fatto votato la fiducia a Monti consentendogli di governare fino alla primavera del 2013. Non hanno rinunciato ad alcuno dei loro benefici e adesso si dànno degli spintoni per andare a governare loro. Ma chiunque andrà a governare, solo l’Europa potrà risolvere i problemi dei singoli stati in crisi, con il Fondo salva stati, con una nuova strategia bancaria della Bce, con lo scudo anti spread.

Qui si misura la sua forza e la sua reale dimensione internazionale, la sua capacità di rendere coesa una realtà ancora frammentata e dominata dagli egoismi nazionalistici.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.236) 30 luglio 2012 20:04

    Mario provvidenza >

    Draghi mostra i denti ed i mercati capiscono l’antifona. Con Draghi pronto a “fare tutto quello che serve” per difendere l’Euro ed il prestigio del Consiglio Europeo può costare caro tirare la corda. Meglio non “forzare la mano” e riallinearsi sulle posizioni di giugno.

    Per l’Italia è una insperata boccata di ossigeno. C’è di più.
    Per Monti e la sua “strana” maggioranza Draghi arriva come la “provvidenza”.
    Se folle è mettersi di traverso, insensato è anche turbare l’azione di Draghi.
    Almeno su questo punto vanno d’accordo i partiti dell’ABC.
    E’ da “irresponsabili” interferire con tale “provvidenziale” disegno prospettando di anticipare le elezioni. Ci penserà Draghi a farci passare l’estate.

    E dopo? Tutto già calcolato.
    Andando al voto sarebbe comunque Monti ad essere incaricato della gestione ordinaria. In pratica resterebbe al timone fino a 4 mesi dal termine della legislatura.
    A quel punto si dirà: tanto vale aspettare il 2013.
    Sarà un’altra buona ragione per arrivare al nuovo anno sperando di “agganciare” un qualche barlume di ripresa.
    Si sa, governare espone a dei “rischi”.
    Rischiare non fa parte dell’identikit di una casta di Primi Super Cives attenta a …

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