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La beffa aquilana

Si era capito dall’inizio che non sarebbe stata una passeggiata, perché un terremoto è una cosa seria, perché la ricostruzione non si improvvisa dal mattino alla sera, perché gli slogan sono molto più semplici dei fatti reali. Berlusconi parlava di case nuove, pronte già da settembre, con tutto dentro, anche le lenzuola. Una promessa. E le promesse vanno mantenute.

La ricostruzione a l’Aquila, però, diventa sempre più difficile. La vita, per chi è ancora nelle tende, è sempre più disagevole e lo Stato sembra ormai dimenticarsi dell’Abruzzo. Perché non fa più share, perché le immagini sono ormai conosciute, perché il G8 è passato, perché gli scandali sembrano quasi lontani. E d’altronde se il premier non risponde alle domande che gli fanno migliaia di italiani, perché dovrebbe preoccuparsi proprio delle richieste fatte solo dagli aquilani.

Berlusconi non gira più con l’elmetto in testa, non promette più dentiere alle vecchiette, non assicura più una vita normale. Anzi, il suo governo, in regalo, elimina anche l’esenzione dalle tasse. Sensibile all’argomento, il premier dopo il terremoto aveva permesso con un decreto legge la sospensione del pagamento delle imposte. Perché era impossibile, per chi non aveva nemmeno più i calzini, pagare ad esempio la tassa su una casa che non sarebbe mai più esistita.
Un provvedimento di buon senso, che ora è caduto grazie all’approvazione del decreto legge anticrisi (decreto n.78) che all’art. 25 comma 2 recita “la ripresa della riscossione dei tributi non versati …….. mediante 24 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2010. Gli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto della predetta sospensione sono effettuati entro il mese di marzo 2010.” 


Berlusconi_elmetto_l'Aquila


Il premier si è ben guardato dal tornare a l’Aquila perché la folla, che non c’è mai stata veramente, si sarebbe probabilmente innervosita. Anche perché mentre il decreto era in discussione, a inizio agosto per gli aquilani è arrivata un’altra mazzata. Berlusconi era in Turchia ad assistere alla firma di un accordo tra i primi ministri Putin e Erdogan, con cui Mosca otteneva di poter trasportare il gas naturale in Europa passando per le acque territoriali turche evitando l’Ucraina e, davanti a tutti i giornalisti, il nostro premier affermava che la firma era merito di un suo successo personale. Dichiarazione definita poi “esagerata” dal governo turco.

Lui si faceva bello davanti alle televisioni e agli aquilani arrivava l’ordine della Protezione civile di lasciare gli alberghi sulla costa e tornare nelle proprie abitazioni agibili. La Guardia di Finanza avrebbe anche controllato negli alberghi che le famiglie fossero effettivamente tornate nelle loro case. Poi, per quelli che la casa non ce l’hanno più, la protezione civile fa sapere che potranno passare il ferragosto e anche buona parte di settembre ancora in albergo.

Anche perché le case con le lenzuola sono appena quattromila e le richieste sono oltre quindicimila.


Alla fine un aquilano, Antonio Bernardini, con casa nella zona rossa inagibile ha compilato la sua domanda per la sistemazione in alloggi provvisori. Al contrario di molti, si è ricordato di un’altra promessa (ne fa tante) del premier. Così alla voce sistemazione preferita ha aggiunto a penna “se possibile, a Villa Certosa oppure a Palazzo Grazioli”.

Non è una provocazione, ma una “richiesta legittima basata sulle dichiarazioni del presidente il quale aveva pubblicamente promesso che avrebbe ospitato nelle sue case alcuni terremotati.”

Come terremotato prima in auto, poi in tenda e infine in due alberghi, Bernardini potrebbe insegnare qualcosa al premier. Ad esempio mantenere le promesse.

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