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La T-riforma della Verità

 

Da: Umberto Eco, Dall’albero al labirinto, pag. 530 (corsivi miei)

 

“La verità diventa allora ‘un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi (...)’. E di lì un ordine piramidale di caste e gradi, leggi e delimitazioni, interamente costruito dal linguaggio, un immenso ‘colombaio romano’, cimitero delle intuizioni.

 

(...) Questo ritratto di come l’edificio del linguaggio irregimenti il paesaggio mondano è certamente affascinante, ma Nietszche evita di prendere in considerazione due fenomeni intuitivamente evidenti. Uno è che, adeguandoci alle costrizioni di questo colombaio, si riesce in qualche modo a fare i conti con il Mondo. (...) L’altro è che ogni tanto il Mondo ci costringe a ristrutturare il colombaio, o addirittura a scegliere una forma alternativa al colombaio (che è poi il problema della rivoluzione dei paradigmi conoscitivi).

 

 

 

 

Una delle immagini simboliche presenti ne Il piccolo principe, l’illuminante libro di Antoine de Saint Exupery, rappresenta tre giganteschi baobab la cui crescita ha interamente avvolto la Terra.

 

Quella figura allegorica sembrerebbe poter rappresentare significativamente (al di là del curioso intreccio fra i 4 gruppi sanguigni A,B,AB,e zero) le tre religioni monoteistiche fra le quali il teologo svizzero Hans Kung auspica lo sviluppo di un fecondo trialogo. 

 

Kung, che nei suoi libri svolge un’encomiabile analisi critica, sostiene che non vi può essere pace fra le nazioni se non vi è pace fra le religioni. Scrive Kung a pag. 51 del suo Ebraismo: “mentre le religioni dell’India, che tendono all’unità assoluta, cercano piuttosto di assorbire semplicemente altre religioni, di includerle come aspetti dell’unica e medesima verità (inclusivismo), l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo, in quanto religioni profetiche, che credono nel Dio unico, tendono quasi naturalmente a escludere per principio altre religioni (esclusivismo), a combatterle, anzi a distruggerle. Non comunione, no, ma separazione e conquista diventa qui la parola d’ordine. Invece dell’unità, la divisione dell’umanità.

 

Storicamente dunque, in quella che Paul Ricoeur chiama la guerra delle interpretazioni, si tratta di stabilire quale delle diverse versioni della divina R&S si impone come ‘vincente’. 

 

L’analisi di Kung, oltre ad attestare l’esigenza di resettare l’’immagine’ del Mondo e con essa il suo più profondo senso ontologico, sembra poter altresì legittimare l’indagine sul pensiero unico che domina il sistema.

 

A proposito di pensiero unico e di guerra fra le interpretazioni, ad esso rimanda anche una nota di ReOpen 911 News (Ripresa su http://www.megachip.info/modules.ph...) dove si legge: “Je souhaitais mettre en opposition deux façons de voir le monde . A parlare in questi termini è Aymeric Chauprade, esperto di geopolitica e docente del CID (Collège interarmées de défense), destituito dal suo incarico dal ministro della Difesa francese dopo la pubblicazione di un testo che contesta ciò che egli definisce "la versione ufficiale" degli attentati dell’11 settembre.

 

Antitetica a quella di Mr. Chauprade e con lui a quella del politico giapponese Yukihisa Fujita, di cui all’articolo su http://www.megachip.info/modules.ph... , risultava invece la posizione di Massimo Introvigne che sceglieva di concludere un suo lungo excursus sull’11 settembre, presente anche su http://www.cesnur.org/2007/mi_02.htm , citando la seguente affermazione di Papa Ratzinger: “per l’estraneo, quest’Europa sembra essere stanca, anzi sembra volersi congedare dalla storia”. 

 

Il congedo dalla storia di cui ha parlato Benedetto XVI a fine 2006 sembra invero richiamare quella stessa contraddizione fra tempo ed eternità alla quale anche il pensiero ufficiale della Chiesa cattolica parrebbe a pieno titolo ispirarsi. Così come vi si ispira anche quello della fisica moderna.

Perché la dimensione e-terna, dovrebbe far temere la fine della Storia? Perché non ne dovrebbe invece prospettare una versione al-ter-nativa?

 

La questione è ormai quella di stabilire se le due visioni del mondo di cui si accenna più sopra, attengano, ben più che alla stantia versione cui rimanda la parte finale della citata analisi di Introvigne, ad una più essenziale contrapposizione alla quale le altre fanno solo da paravento.

 

Si tratta piuttosto di verificare se le opposizioni strumentali non dissimulino piuttosto un’altra fondamentale oscura ‘dialettica’ fra un’area ristretta assoluta-mente trasversale che de-tiene il ‘suo’ presunto senso della Verità e della Storia e la massa indistinta dei popolli che dalla prima D-pende supinamente nei termini cui facevo riferimento ad esempio in http://www.agoravox.it/Confusion-In...  

 

Si tratta cioè di smettere di fare le quotidiane chiacchiere a ‘vuoto’ e di individuare piuttosto, della nobile centrale buddista ‘Assenza’, cosa storicamente ne fanno i suoi de-tentori. Sempre che i popolli che si abbeverano alle sacre fonti del D-nero, siano in qualche modo interessati a riprendersi dall’ubriacatura arrecata da quel D-vino senso.

 

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