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La “Swinging” dei Fab Four

Londra, 1960, il ritmo della città era cambiato radicalmente; la musica si diffondeva ovunque, le gonne si facevano più corte, la moda più varia, il cinema più “free” e l’aria carica di elettricità. L’Inghilterra si preparava a riconquistare la propria indipendenza culturale. 

Cullata dal mordente della musica dei Beatles, Londra oscillava tra rinnovamento, frenesia di vivere e ipocrisia, mostrando una realtà sempre più patinata; ogni immagine di degrado e povertà veniva coperta dalla stampa e dalle televisioni, creando così un’immagine illusoria ancor più intensa di quella reale. In questa Londra di contraddizioni e illusioni, il prodotto più significativo fu il fenomeno dei Beatles, definiti da Renzo Arbore “una rivoluzione a 360 gradi di un’epoca in musica”.

Affermatisi nel 1963, i quattro di Liverpool, catturarono l’attenzione del grande pubblico soddisfacendo la voglia di lasciarsi alle spalle le macerie e le disgrazie della guerra e farsi travolgere dal consumismo e dal bisogno di trasgredire, per ripartire con la certezza che il futuro non potesse essere che migliore. Quasi tutto era nuovo, e anche quando non lo era, lo sembrava. Attraverso la musica nera e bianca, quella popolare e quella colta, i Beatles trovarono la miscela per il successo. Ovviamente gli ingredienti della loro alchimia erano nati precedentemente; dietro alle loro canzoni si celavano gli stili musicali più disparati, dal rock, blues, folk, alla musica classica e barocca. I Fab Four non avevano inventato né un ritmo nuovo né un genere di melodia nuova, ma avevano fuso tutto il meglio di ciò che già esisteva alla temperatura giusta e con l’abilità compositiva di Lennon e McCartney. George Martin, produttore e discografico, affermò che “la loro curiosità era la loro forza”. I quattro di Liverpool rappresentarono non solo una rivoluzione in campo musicale, ma anche un fenomeno di costume. Lanciarono un nuovo modo di essere giovani a tutti i livelli. Durante i dieci anni della loro unione il look degli Scarafaggi, oltre che alla loro musica, mutò notevolmente: dai classici completi con la cravatta, agli abiti bizzarri e colorati in broccato e seta degli ultimi giorni; dal caschetto con la frangia, alle lunghe chiome incolte accompagnate da barba e baffi. Ovviamente questa loro evoluzione di immagine fu seguita e imitata dai giovani di tutto il mondo. L’atmosfera grigia della Londra degli anni sessanta improvvisamente si accese di mille colori e la musica di quattro ragazzi venuti dalla working class di una provincia industriale, si fece inno di questa rivoluzione di cui ancora oggi si parla. 

Per entrare dentro al delirio di quegli anni, consiglio la visione del film “Blow up”, del regista Michelangelo Antonioni. La pellicola racconta la storia di un fotografo affermato che, cercando scatti in un parco londinese, fissa per errore la scena di un omicidio. Mosso dalla curiosità, il protagonista si ostina a voler scoprire la verità, ma il vortice oscillante della Swinging finisce per travolgerlo. Nella visione onirica della scena finale, si ritrova così ad assistere ad una surreale partita di tennis dove non ci sono né racchette né palline, dove l’immaginario si mescola alla realtà, rendendolo incapace di distinguere il vero dal sogno.

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