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La RAI modifica la clausola di maternità. Precari vs RAI, 1 a 0

Dopo la denuncia di ieri da parte di Errori di Stampa, Coordinamento dei giornalisti precari romani, dell’introduzione da parte della RAI della “clausola gravidanza”- che, secondo Eds, potrebbe comportare una risoluzione del contratto di collaborazione se avvenisse un calo di produttività della lavoratrice- la RAI sembra aver fatto marcia indietro.

In una nota dell’azienda, infatti, la Lei afferma di non avere “alcuna difficoltà a togliere dai contratti” la clausola maternità, “per una diversa formulazione che non urti la suscettibilità, fatta salva la normativa vigente che non è nella disponibilità della Rai poter cambiare”.

Per rispondere ai duri attacchi montati ieri, anche da parte della Camusso - il segretario generale della CGIL- che aveva sostenuto che la clausola rendesse il contratto di collaborazione “un contratto illegittimo”, la dg ha dovuto sottolineare nella nota di Viale Mazzini, che: "I cosiddetti precari della Rai sono i collaboratori legati all'Azienda da contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e godono, tutti, delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, quelle riferite alla maternità incluse. Al riguardo, giusto per evidenziare l'atteggiamento della Rai nei confronti del precariato, val la pena di aggiungere che la Rai è stata se non la prima, tra le prime aziende ad assicurare stabilità ai precari, garantendo loro un numero di mesi minimo di lavoro all'anno, nonché l'assunzione a tempo indeterminato al maturare di determinati requisiti temporali”.

Rispetto alle altre figure contrattuali, la nota aggiunge poi, che

“vi sono i lavoratori autonomi, che, invece, non godono delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, evidentemente per la scelta del legislatore, e non certo della Rai, di regolare in modo diverso le due tipologie contrattuali. I contratti di lavoro autonomo hanno, da sempre, previsto clausole che regolano la impossibilità di proseguire il rapporto, sia per causa del lavoratore che per causa dell'Azienda, con previsione, solo per quest'ultima, di una somma risarcitoria da versare al collaboratore in caso di recesso anticipato. L'esplicitazione delle cause di impossibilità a proseguire il rapporto risale ormai a quasi 10 anni fa, comprende anche malattia, infortunio e cause di forza maggiore e non fa che declinare ciò che, in precedenza, era previsto senza specificazione delle singole ipotesi".

Inoltre,

“né prima della introduzione delle cause di impossibilità, né da quando esse sono state inserite, nessuno mai ha avuto nulla da eccepire, né in fase negoziale, né in fase di perfezionamento del contratto, né in eventuali momenti di successive contestazioni, che, pure, come immaginabile, vi sono state, anche a livello giudiziario, ma mai e poi mai hanno riguardato la tutela della maternità. Al riguardo, è il caso di sottolineare che tale universale accettazione della clausola non ha riguardato solo i collaboratori o i contratti di lieve entità” infatti, “al contrario, la condivisione sulla correttezza della clausola non è mai stata messa in discussione dai migliori agenti, procuratori e avvocati che assai spesso rappresentano i collaboratori autonomi che poi firmano i contratti. Parimenti, tale condivisione ha riguardato, indistintamente tutti i contratti, tanto quelli di basso livello retributivo, quanto quelli più ricchi".

Il motivo di quanto detto, prosegue la nota, è da ravvisarsi “sostanzialmente per due ordini di ragioni: non vi è nulla di illegittimo, come erroneamente da molti affermato, nella clausola in esame; nella sostanza, come la Rai ha già avuto modo di evidenziare, nessun contratto è stato mai risolto (parlare di licenziamento è del tutto improprio) a causa di una gravidanza”.

Proprio su quest’ultimo fronte, arriva un aggiornamento di Adkronos:

“La collaboratrice della Rai dal cui contratto sarebbe partita la polemica sul trattamento di maternità riservato dall'Azienda alle lavoratrici autonome in gravidanza, avrebbe regolarmente esaurito il contratto durante il quale, nel 2010, ha portato avanti la sua gravidanza, senza che esso fosse risolto, ne' lei perdesse un solo giorno di retribuzione. A quanto si apprende da fonti di Viale Mazzini, “la stessa collaboratrice, inoltre, di nuovo in gravidanza, avrebbe chiesto di favorirla in occasione della stipulazione di un nuovo contratto, che e' attualmente alla firma del procuratore competente e che prevede, in omaggio proprio a tale richiesta, una durata compatibile con le esigenze della consulente e l'elevazione del suo compenso al fine di evitarle un danno economico”. Questa circostanza -si fa notare nei corridoi di Viale Mazzini - sembrerebbe confermare la tesi della RAI, secondo la quale “l'Azienda, lungi dal penalizzare le collaboratrici in maternità”, va ben oltre le disposizione di legge vigenti al fine di favorirle””.

Tutto ciò, comunque, non toglie alcun merito ad Errori di Stampa che ha denunciato la “clausola gravidanza” nei contratti di collaborazione: non sarà per motivi giuridici che la RAI la cancellerà dai contratti, ma se fosse anche solo per il principio di “buon senso e correttezza” - che la stessa Lei chiedeva a Celentano sul palco dell’Ariston- o per un senso di civiltà, andrebbe bene lo stesso.

Ed intanto, EdS, il coordinamento dei giornalisti precari romani, si gode “una prima piccola vittoria” pienamente meritata, tifando ancora, più che per la modifica della clausola, per la sua totale cancellazione.

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