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La Liberazione tra il tifo da stadio e la noiosa quanto inutile divisione in politica

Tifosi laziali a Milano con gli striscioni in memoria del Duce. Di Maio e Salvini sempre più ai ferri corti e che vivono da separati in casa nella nostra bella Italia. Quanto è utile questo dibattito? Ma i nostri padri ne sarebbero felici?

Quando la storia travalica il presente e i confini, anche del campo di calcio. Che il tifo romano sia goliardico è risaputo. Ma quanto accaduto a piazzale Loreto va oltre lo sfotto e travalica i campi di calcio. A far polemica, in queste ore, è lo striscione: «onore a Benito Mussolini». Una scritta, apparsa in centro a Milano e voluta dagli “Irriducibili” della Lazio, un gruppo di tifosi tra i più estremi della squadra capitolina, a Milano, durante una trasferta valida per la Coppa Italia, la seconda più importante manifestazione del nostro Paese.

Piazzale Loreto, apice di Corso Buenos Aires, è un luogo simbolico per la Resistenza milanese. Lì, infatti, furono esposti i 15 cadaveri dei partigiani uccisi. E sempre lì, otto mesi più tardi, sono state esposte quelli dello stesso Mussolini e di Claretta Petacci, l’amante uccisa assieme a lui pochi chilometri a nord del capoluogo lombardo, nei pressi di Como.

I tifosi della Lazio, soprattutto gli ultras, sono notoriamente posizionati a destra e non sono nuovi a queste “effusioni” umorali. In passato uno dei suoi paladini, Paolo Di Canio, li salutò con il braccio destro alzato verso la curva. In una traslazione moderna del saluto militare romano, poi ripreso dai nazisti e dai fascisti durante le prime decadi del Novecento. Su tutte, il più discusso fu proprio il saluto di Livorno, l’11 Dicembre 2005, quattordici anni fa. Era l’11 dicembre del 2005 e dopo una serie di baruffe e sfottò politici tra i tifosi toscani e quelli romani, il leader laziale si rivolse verso la curva con gesto forte, a loro difesa. Seguirono polemiche a non finire.

Non sono solo i tifosi laziali, però, a far polemica alla vigilia del 25 aprile. Anche tra i banchi del Governo pentastellato, la ricorrenza della Liberazione del nostro Paese dai Nazi-fascisti, 74 anni fa è diventata elemento divisivo e polemico.

E’ Matteo Salvini, leader della Lega Nord e sempre più leader della Destra in Italia a staccarsi dal coro: e lo fa annunciando la sua partecipazione all’inaugurazione di un commissariato di Polizia a Corleone, un luogo simbolo per la malavita siciliana e italiana, dicendo di voler «onorare il passato guardando al futuro» e mantenendo così fede ad una promessa fatta ai poliziotti siciliani. Come a dire: i nuovi eroi sono coloro che lottano ogni giorno contro i veri invasori della vita democratica del nostro Paese. Capisaldi, ancor più dopo i presunti legami tra la Lega di Salvini, Vito Nicastro e i clan mafiosi di Messina Denaro. 

Diversa la posizione dell’altro azionista di maggioranza del Governo: Luigi Di Maio, il leader del MoVimento 5 Stelle che assisterà alle celebrazioni capitoline assieme ai ministri Elisabetta Trenta e Alfonso Bonafede e la sindaca di Roma Virginia Raggi, anche lei, in queste ore, al centro delle polemiche con il leader del Carroccio. Un posizione più pacata e in aperta polemica con Salvini, in un momento molto delicato per il Movimento di Beppe Grillo, che in quasi un anno di governo a visto calare i propri consensi proprio a favore della Lega.

Difficile uscire da questa inutile polemica pre-elettorale senza prendere una posizione netta. Si può però pensare alla festa della Liberazione, come qualcuno fa per la Festa della Donna dell’8 Marzo. Quando non la si festeggia perché «la festa delle donne è tutti i giorni». Ci si può fare la promettessa di ricordarsi ogni giorno dei sacrifici che i nostri avi hanno profuso per i nostri diritti, o ritenere la libertà un fatto da salvaguardare ogni giorno. Senza strumentalizzarli, in un verso o nell'altro. I nostri padri non ne sarebbero felici.

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