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La Consulta boccia il Lodo Alfano e vieta definitivamente il principio dell’immunità

La cena organizzata nel giugno scorso dal giudice della Corte Costituzionale Luigi Mazzella nella propria dimora di Via Cortina D’Ampezzo a Roma, con ospiti il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato Carlo Vizzini (PDL) ed il collega giudice costituzionale Paolo Maria Napolitano (ex capo-gabinetto dell’ex ministro Gianfranco Fini), non sembra aver dato frutti.

Pochissimi minuti fa la Corte Costituzionale, a maggioranza dei suoi membri, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge del 23 luglio 2008 n. 124, meglio nota come "Lodo Alfano". Gli articoli della Carta Fondamentale della Repubblica in palese contrasto con l’articolo 1 della legge scritta dal guardiasigilli, stando alle anticipazioni del pronunciamento, sono il numero 3 (che stabilisce la piena uguaglianza, anche giudiziaria, di tutti i cittadini) ed il numero 138 (che impone l’istituzione di un’apposita legge costituzionale per qualsiasi tipo di modifica che coinvolga gli articoli della Costituzione italiana).

Una decisione, questa, che mette definitivamente la parola fine ad ogni possibile riforma che tenti di garantire l’impunità per una carica istituzionale italiana. E che, al tempo stesso, dà nuovamente il via ai processi e all’indagini che vedono il premier, Silvio Berlusconi, protagonista: i due procedimenti penali di Milano sulla corruzione di David Mills (relativa ai processi "Tangenti Guardia di Finanza" e "All Iberian"),che ha già visto la condanna in primo grado dell’avvocato inglese, e sulla compravendita dei diritti televisivi mediaset, e l’indagine avviata dalla Procura di Roma sull’ipotesi di corruzione dei Senatori della Repubblica avvenuta durante l’ultimo governo Prodi.

La storia del Lodo Alfano è lunga, ed affonda le proprie radici nell’anno 2003, quando, il 21 giugno, veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 140, nota come "Lodo Schifani", titolo che andò a sostituire il nome del primo ideatore della legge sull’immunità delle più alte cariche dello Stato, Antonio Maccanico (Margherita).
Era il 20 gennaio del 2004 quando la Corte Costituzionale determinò l’incostituzionalità del Lodo Schifani, perché in contrasto palese con gli articoli 3, 24, 111, 112, 117 e 138. Una collezione di incompatibilità davvero considerevole.

Dalle sue ceneri nacque il 23 luglio 2008 il Lodo Alfano, che modificava il Lodo Schifani definendo l’aspetto "facoltativo" della tutela e istituendo la sospensione dei processi per le sole quattro più alte cariche dello stato e solo per un mandato, risolvendo gran parte delle illegittimità sollevate 4 anni prima. Il provvedimento fu approvato giusto in tempo per sospendere il processo che vedeva Berlusconi imputato per la corruzione dell’avvocato inglese David Mills e che era in dirittura d’arrivo verso la sentenza di primo grado.


Oggi l’ultima cocente sconfitta per l’esecutivo.

Le motivazioni della sentenza, che potremo leggere nel dettaglio nelle prossime ore, aprono ad un concetto fondamentale della Repubblica, che va ben oltre la semplice legittimità della riforma di Angelino Alfano: nessuna immunità per qualsiasi carica istituzionale potrà mai essere approvata.

Difatti, la violazione dell’articolo 138 potrebbe essere facilmente risolta attraverso l’approvazione del Lodo Alfano in termini di riforma costituzionale. Ma la presenza della violazione rispetto al principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge rimarrebbe tale anche in questo caso.

L’unica soluzione per Berlusconi sarebbe la modifica dell’articolo 3 della Costituzione. Ma che è uno dei principi fondamentali della Repubblica e, in quanto tale, non può subire modifiche.

Nonostante le minacce di sollevazione popolare annunciate dal Ministro per le Riforme Istituzionali Umberto Bossi, oggi lo Stato italiano ha certificato la sconfitta del principio dell’immunità totale.

Oggi la sconfitta subita dal premier Silvio Berlusconi non è avvenuta ad opera del centrosinistra, di Romano Prodi, dell’Unione Europea o di un Magistrato della Repubblica.

L’autore della più cocente sconfitta subita negli ultimi 15 anni da Silvio Berlusconi si chiama Diritto. Una materia che, a quanto pare, gli antichi romani conoscevano meglio dell’attuale Ministro della Giustizia e del primo ministro.

Commenti all'articolo

  • Di LIBERALVOX (---.---.---.111) 8 ottobre 2009 14:11

    A nostro avviso chi realmente esce sconfitto dalla sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, non è tanto Silvio Berlusconi - le cui vicende “giudiziarie, manageriali, etiche e politiche” sono arcinote - quanto lo “Stuolo” di avvocati, giuristi, consulenti, esperti e portaborse vari, di cui il Premier incautamente continua a circondarsi e che - per la seconda volta consecutiva, dopo il flop del Lodo Schifani - non è stato in grado di mettere mano a tutto il pandemonio che si è scatenato contro Silvio Berlusconi da vent’anni a questa parte con la dovuta competenza! Incapacità o disegno politico?

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