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La Chiesa Greca di Santa Croce di Magliano

Schiva, quasi a voler nascondere il suo ruolo nella storia locale, posta lunga il corso principale del paese, colpevolmente, poco conosciuta e certamente meritevole di maggiori attenzioni è la chiesa, ora sconsacrata, del S.s. mo. Rosario, comunemente detta ” chiesa Greca”

 Nel cercare di delineare il valore intrinseco del manufatto, non possiamo non ricollegarci alle origini stesse inerenti la fondazione del nostro paese, a sua volta, a doppio filo intrecciata a quella degli allora “migranti” albanesi, che giunti in Italia, al seguito del patriota albanese Scanderbeg, nel 1470, rifondarono il paese di Santa Croce di Magliano completamente distrutto a seguito del terribile terremoto del 1456 A sostegno di quanto affermato, ci viene in soccorso l’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede, che, nell’uscita n° 139 del 20 giugno 2001 riportava: “Gjergj Kastroj Skenderbeu, questi prestò aiuto a Ferdinando Primo (1458 – 1494), nelle lotte contro gli Angioini, ottenendo fondi in Puglia.” “Ivi restarono numerosi militari, a cui si aggiunsero altri, i quali dopo la scomparsa di Skanderbeu(1468), che accelerò l’offensiva Turca, preferirono con moltissimi cristiani rifugiarsi in Italia: ebbero vita Campomarino, Casalnuonvo Monterotaro, Casalvecchio di Puglia, Chieuti, Ururi e Santa Croce di Magliano” Ebbene, qualche secolo più tardi le vicende riportate dall’Osservatore Romano e per alcuni decenni, i discendenti di Scanderbeg, rifondato il paese e stanziatisi stabilmente in questa area, costituitisi in congrega insieme ad alcuni confratelli latini (1609), con Bolla Pontificia datata 29 aprile 1667, condivisero quello spazio di culto e di preghiera. Proprio per questo motivo e per questa sua peculiarità, quella chiesa, nel tempo, sarebbe stata volgarmente definita ” chiesa greca”.

A determinarne nel 1727 la perdita identitaria, imponendone, di fatto, la latinizzazione, furono le scelte operate in seno al Concilio di Trento nel quale, in pratica, si decise di interrompere, la pregressa ed oggettiva discrezionalità gestionale, grazie alla quale, fino a quel momento, la massiccia colonia albanese presente nelle regioni meridionali, aveva potuto nominare propri preti e praticare liberamente il proprio culto. Per quanto, oggi, possa apparire mesta, le sue contenute dimensioni e le sue linee poco ridondanti, sono inversamente proporzionali all’abnorme impatto culturale che la stessa ha determinato in favore delle generazioni future. Lì, e grazie ad essa, si è consentito, secoli fa, in un territorio, per molti versi marginale e quindi, apparentemente, poco avvezzo alle convinte aperture mentali, l’incontro e la sintesi di diversi modelli culturali, modelli culturali dei quali, noi, oggi, siamo il risultato.

Antonio Martino Santa Croce di Magliano

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