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La Catalogna protesta per l’arresto del rapper Pablo Hasél. E la polizia carica

Quanto sta accadendo ormai da quasi una settimana in Spagna, con epicentro le strade di Barcellona e di altri centri della Catalogna è la conferma che una violazione dei diritti umani ne produce altre e provoca un innesco pericoloso.

Proteste imponenti sono in corso da lunedì sera, quando la polizia spagnola ha fatto irruzione all’interno dell’università di Lleida e ha arrestato il rapper Pablo Hasél, condannato a nove mesi di carcere più sei anni d’interdizione dall’impiego pubblico per il reato di “glorificazione del terrorismo”.

Alla vigilia dell’arresto, Amnesty International Spagna aveva dichiarato che nessuno dovrebbe essere sottoposto a procedimento penale solo per aver espresso sui social o per aver cantato qualcosa che può risultare scandaloso o sgradevole. L’organizzazione per i diritti umani aveva invitato ancora una volta le autorità spagnole a riformare il codice penale, a causa delle cui norme molti altri artisti, giornalisti e attivisti sono stati condannati a pagare multe o all’interdizione dall’impiego pubblico per lunghi periodi di tempo.

Negli “scontri con la polizia” – questa la sintesi contenuta nella maggior parte del titoli – vi sono state sporadiche azioni violente, a danni di esercizi commerciali e anche contro gli agenti.

Ma una manifestazione non perde il suo carattere di evento pacifico se alcune persone che vi prendono parte commettono atti di violenza: queste vanno individuate e arrestate e il diritto di manifestazione pacifica va consentito e protetto sul posto.

Le immagini arrivate la notte scorsa da Barcellona raccontano tutt’altro: a Barcellona nella zona di Gran de Gracia i Mossos d’Esquadra (la polizia catalana) hanno accerchiato alcune centinaia di manifestanti, ponendovisi di fronte e poi arrivando alle spalle, ed è partita una carica violentissima. I giornalisti presenti raccontano di essere stati i primi a essere presi di mira.

 

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