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L’omicidio di Mauro Rostagno e l’omicido mascherato da suicidio di Niki Aprile Gatti

Quattro giorni fa ricorreva la data di nascita di Mauro Rostagno. Dovremmo ricordarlo spesso, soprattutto perché dopo oramai decenni si sta svolgendo un processo per restituire, si spera, la verità: fu ucciso dalla mafia che era in combutta con le Istituzioni.

Mauro era stato militante di Lotta Continua e aveva continuato il suo percorso di lotta per una Giustizia Sociale nel suo paese siciliano di origine. Quando fu ucciso, la sua memoria all'istante venne infangata. Per i giornalisti come D'Avanzo e l'allora giovane Travaglio si trattò di un regolamento di conti tra militanti di ex Lotta Continua e citarono l'omicidio Calabresi .

Rievocarono vergognosamente l'omicidio Calabresi perché poco prima di essere ucciso, fu raggiunto da una comunicazione giudiziaria. Lo stesso Rostagno ovviamente escludeva in modo molto netto qualsiasi responsabilità di Lotta Continua. Non solo difendeva se stesso ma anche tutti gli altri membri di questa organizzazione, tra i quali l'amico Adriano Sofri.

Per l'omicidio di Mauro Rostagno fu arrestata perfino la moglie. Quando fu scarcerata, D'Avanzo chiese scusa. Travaglio, ad oggi, ancora no. Rostagno da vero giornalista senza tesserino aveva fatto una sua inchiesta personale. Non con i copia e incolla delle carte giudiziarie, che non si rischia nulla in prima persona come accade oggi. 

Mauro scoprì i rapporti tra la mafia e gli apparati dello Stato e tutte queste cose le denunciò alla Magistratura. Ma ovviamente non indagò e archiviò tutto in un cassetto. Mauro aveva perfino scoperto che "un certo" Licio Gelli venne a Palermo per pianificare delle trame. Mauro aveva toccato dei fili scoperti e quando si ha a che fare con le Istituzioni, rimase fulminato. Oggi il Sistema politico e giudiziario è ugualmente malato, ma sono cambiate le pedine. Forse oggi ci sarà giustizia.


Qualche giorno fa invece era il compleanno di Niki Aprile Gatti, ucciso in carcere anche se la Magistratura ha archiviato il caso come suicidio. Le trame sono identiche. Ma questa volta si è completamente soli contro i poteri mafiosi e anche contro i poteri che oggi vengono considerati "buoni". Si è tagliati fuori e si rischia in prima persona. Nessun Magistrato ci aiuterà, anzi ci rema ovviamente contro. I giornali grandi come "La Repubblica" hanno giocato un ruolo vergognoso, proprio nei primi attimi dopo la morte di Niki, pubblicando un articolo che lo infangò e con il quale si era dato dato per scontato il suicidio.

Aspetteremo: tra qualche decennio cambierà la cultura legalitaria dominante e le pedine cambieranno. Saranno sempre sporche come oggi, ma almeno scalzeranno quelle vecchie.

Dedico questo mio scritto a Ornella Gemini, la madre di Niki. Non lasciamola sola.

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