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L’intervista di Renzi a Repubblica, ovvero come il sonno dei giornalisti genera bugie

Su Repubblica, intervista/monologo di Matteo Renzi sullo scibile italiano. C’è anche il premio Lato B dell’anno (o del mese?), nella risposta all’allarme sui conti pubblici in presenza dell’ormai palese rallentamento congiunturale che interesserà il nostro paese più di altri, come da tradizione. Qui Renzi ripete una sua antica bugia, sperando di trasformarla in verità. L’intervistatore, come da altra consolidata tradizione italiana, non batte ciglio.

A domanda, Renzi mente:

Con ogni probabilità la crescita del Pil 2016 sarà sotto l’1%. Che effetti ci saranno sulla finanza pubblica? Vi serviranno 8 miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva e almeno altri 5 per far fronte al rallentamento o no? 
“No. Da tre anni conviviamo con il rischio di manovre correttive, ma posso dire con certezza che non ce ne sarà una per il 2016. Purtroppo ci troviamo a fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia perché i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie, ma seguiremo la linea già tenuta fin qui scongiurando un salasso da 15 miliardi, dunque l’Iva non aumenterà. E le tasse continueranno a scendere, perché andremo avanti sul taglio dell’Ires”

Sulle clausole di salvaguardia, le cose non stanno in questi termini. Ve lo ripetiamo con un copiaincolla di settembre dello scorso anno, numeri e circostanze sono facilmente riscontrabili:

Ebbene, ribadiamolo: il grosso delle clausole di salvaguardia con cui oggi Renzi lotta, e che di fatto stanno costringendo lui e Pier Carlo Padoan a trovare fantasiosi argomenti per varare una legge di Stabilità fortemente espansiva (a rigoroso deficit, s’intende), in grado di “coprire”, ma proprio in senso letterale, il buco creato lo scorso anno, sono state create da Matteo Renzi medesimo. L’unica clausola di salvaguardia non imputabile a Renzi è quella, introdotta dal governo di Enrico Letta, che prevedeva per il 2015 un taglio alle agevolazioni fiscali per 3 miliardi (destinati a divenire 4 miliardi nel 2016 e 7 nel 2017) in caso di mancata “razionalizzazione della spesa”. Dal che si evince quanto Letta fosse prudente, o specularmente quanto Renzi sia giocatore d’azzardo.

A Renzi si deve una clausola di salvaguardia che prevede, nel triennio 2016-2018, l’aumento progressivo delle aliquote Iva dal 10 al 13% per la intermedia e dal 22 al 25,5% per quella ordinaria, con un aumento di gettito da imposte indirette che la Nota di aggiornamento al DEF dello scorso anno quantificava in “12,4 miliardi nel 2016, di 17,8 nel 2017 e di 21,4 miliardi nel 2018”. Vista la debordante tendenza del premier ad incolpare di ogni nequizie i suoi predecessori, è utile che i nostri occhiuti e vigili giornalisti ricordino questo “dettaglio”. Nel 2015 Renzi è andato all-in coi conti pubblici, e nel 2016 cercherà di farsi fare credito dalla direzione della casa da gioco, mentre sprona gli italiani a non aver paura, e spendere quei maledetti soldi che tengono nei depositi bancari. Il tentativo di buttare la palla (ed il dissesto) in tribuna appare sempre più evidente.

Cambiato qualcosa, da allora? No, ci sono ancora giornalisti che dormono o si girano dall’altra parte, mentre Renzi continua ad andare in giro a millantare di “aver tagliato le tasse” e a mendicare di accomodare il deficit dell’anno successivo per poter riassorbire i buchi da egli stesso prodotti, e che la vibrante crescita italiana proprio non riesce a chiudere. Siamo già pronti per il 2017, a proposito.

Oggi il premio sogni d’oro va quindi a Stefano Cappellini di Repubblica, l’ennesimo erede dei Bernstein & Woodward de noantri. Complimenti vivissimi, avanti il prossimo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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