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 Home page > Tribuna Libera > L’estate indiana dell’eolico nel medio Ionio calabrese

L’estate indiana dell’eolico nel medio Ionio calabrese

Anno 2012. La Calabria medio-ionica, nella fattispecie le provincie di Catanzaro e Crotone, in particolare lì dove il piede italico si stringe a tal punto da far diventare la terra ferma un istmo di poche decine di chilometri di larghezza, è ormai una terra dove regna sovrana una “spietata” tecnologia. Cosa che stride e fa a pugni con il bel paesaggio naturalmente variegato della regione. Tale territorio, definito in un'inchiesta da qualcuno “galleria del vento”, è un pullulare di parchi eolici che fanno spiccare nel cielo terso e azzurro grandi distese di piloni eolici con le loro pale, quasi fossero, in alcuni casi, un “cimitero americano”. Il paragone è triste e forse esagerato. Si vorrebbe sperarlo perlomeno! Ma è tutto finito? L'installazione degli impianti si è fermata? Per le mafie, coinvolte a piene mani nella lucrosa faccenda, potrebbe esser solo l'inizio, e questa apparente pausa, solo una breve estate indiana, giusto per far calmare un po' le acque. 

Rientrare nel profondo Sud dopo circa quattro anni e trovarne i boschi e le verdi montagne pieni zeppi di pale eoliche non è proprio il massimo. Certamente, per uno che pensi ad una terra come la Calabria come terra di mare e montagna, che dovrebbe vivere di turismo, e vederla invece trasformata in una mega centrale eolica, beh, rimane un po' di amaro in bocca. A sentirli, i Sindaci, parlano di sviluppo e di fondi privati che arrivano in Comuni altrimenti a secco, le cui Amministrazioni sono ormai provatamente incapaci di sviluppare programmi per risollevare o far semplicemente partire il turismo montano quanto marittimo, e/o qualsivoglia attività industriale consorziata da privati volenterosi.

Dal punto di vista della realizzazione, il tutto è iniziato dopo il 2006. La Calabria medio-ionica, per l'appunto è ormai piena – ma non satura - di grandi parchi eolici; in una puntata del programma televisivo, uno dei pochi che se ne sia seriamente occupato, “L'inchiesta”, trasmessa su Rainews24 nel 2010, con il titolo di "Le mani sul vento", tale territorio viene definito “galleria del vento”. Una volta lì si rimane davvero basiti nel vedere le grandi distese di piloni eolici con le loro pale, e la sensazione che si prova, come quando ci si trova in zone particolarmente impattate, è quella di esser davanti ad un “cimitero americano” - come un amico le ha definite per via della straordinaria somiglianza ai cimiteri dei caduti americani con le loro bianche croci in serie.

I parchi eolici non sarebbero di per sé una iattura, anche perché in periodi in cui le casse dello Stato non possono in alcun modo finanziare lo sviluppo di aree depresse del Meridione, le risorse di privati e di Multinazionali possono apportare grandi possibilità di finanziamento; il punto è che un parco eolico ha un enorme impatto sul territorio, sul paesaggio e sulla geologia delle zone interessate, e può estromettere in toto per intere zone la creazione di serie politiche turistiche; infatti, nessuno andrebbe a fare passeggiate ecologiche tra le pale eoliche o a fare vacanze tra enormi piloni imbiancati inseriti ad hoc nel bel mezzo di zone boschive, e riempire intere provincie di parchi eolici le cui pale spiccano come tanti funghetti nel cielo terso al disopra di foreste, un tempo quasi incontaminate, non è proprio il massimo delle aspirazioni turistiche. La domanda che spunta ora è: ne è valsa la pena? E poi: quanto e cosa ci guadagnano i Comuni che ospitano i parchi eolici in cambio della concessione di un bene come il patrimonio boschivo e montano, che da ora in poi, oltre ad esser usato come pascolo e riserva lignea, non potrà esser utilizzato per altro, eccetto che produrre energia per le Multinazionali? Qualcuno potrà obiettare che l'uso attuale che si sta facendo della montagna e dell'ambiente della zona, ossia quello riservato all'impianto degli aerogeneratori, potrebbe esser il migliore, economicamente parlando, visto che nessuna Amministrazione lo ha valorizzato altrimenti in precedenza, né abbia piani ulteriori e diversi per il futuro; cosa tristemente vera anche codesta.

Per esempio, come da notizie diffuse, un noto grande Comune del crotonese, in rapporto al fatturato derivante dalla produzione del grande parco ivi realizzato e ospitato sul suo territorio, percepisce solo un esigua rendita; ossia su 51milioni di euro l'anno di fatturato dell'intero parco, solo 360mila euro rimangono nelle casse del Comune. Una bazzecola: lo 0,6 % del fatturato. Oltre al danno territoriale e ambientale che trascende nel sociale, dunque, anche la beffa. Per chi? Per la popolazione del Comune. Né Imu diminuita, né bolletta energetica dimezzata, né quantità ingenti di posti di lavoro... solo una mera colonizzazione territoriale da parte delle Multinazionali per pochi spiccioli, dati per lo più a privati, con le mafie come intermediari e probabili caporali, che deturpa e deprezza il vero capitale del territorio: l'ambiente. Ergo, il sottosviluppo è alle porte più di prima. Ecco quando la parola tecnologia non fa proprio rima con sviluppo! Questo vale più o meno per la stragrande maggioranza dei comuni che ospitano i parchi eolici nel medio Ionio calabrese.

Che la cosa, pur essendo tecnologica, sia ben lungi dal dimostrarsi foriera di sviluppo è cosa altresì silente e lapalissianamente evidente, se si fa un piccolo tour nei comuni interessati. La vita scorre come sempre, niente di niente è poi cambiato. A fine estate, dopo le brevi vacanze i paesi si svuotano, lasciati ai loro lunghi desolati e sempre più poveri inverni.

Per di più, dietro ciò emerge anche lo scriteriato comportamento della Regione Calabria nel dare permessi a raffica in barba al più elementare ambientalismo - e non si capisce davvero con quali modalità – insieme alla comprovata presenza di organizzazioni criminali – altrimenti precedentemente immesse nel ben più povero mercato legno-boschivo - interessate al riciclo di danaro sporco proveniente da altri traffici, nonché al futuro sfruttamento dei parchi eolici come probabile fonte di proventi da racket con il rischio che il pericolo si allarghi anche ad altro, come il noleggio di terreni destinati al fotovoltaico.

Tuttavia, nessuna opinione pubblica contrasta la cosa; non ci sono “No-Tav calabri” che lottano per la preservazione dell'integrità della propria terra; niente di niente; nessuno sa quale destino aspetti l'ambiente della zona; la maggior parte deliberatamente lo ignora; le cose che vengono dall'alto sono sempre destinate ad esser supinamente accettate; le opere pubbliche e affini non si valutano pubblicamente prima della realizzazione e i progetti non si devono conoscere - si accettano e basta a babbo morto! La cosa è lapalissianamente silente, proprio come su YouTube il commento in calce al video dell'inchiesta succitata afferma: “Conosco questa zona molto bene, ma sapete cosa mi sconvolge? Che dalle nostre parti di questo schifo non si sa niente. ... non ne avevo mai sentito parlare!

A ciò si aggiunga, che a poco valgono le attenzioni delle Procure, chiamate in causa da pochi impavidi, se la stragrande maggioranza dei cittadini tace e si astiene dal collettivo dovere, non solo di difendere il futuro della propria terra, lasciandolo in balia di forze esterne e/o interne che siano, ma financo di conoscere e sapere. Forze, queste, soprattutto senza scrupoli e con grande voglia di lucrare quanto di più ci sia sulla vita futura di un'intera regione, strappando dal seno dei suoi legittimi eredi la sua più intima ricchezza. 

Cionondimeno, la vita culturale di questi luoghi, non è ancora sottoterra; compito dei Media locali, delle Pro-loco e delle Associazioni culturali è quello di creare e patrocinare sì eventi culturali, ma che non si risolvano in fiere delle vanità, ma nella sollevazione di un movimento che faccia sorgere una vera e efficace opinione pubblica, pena: la colonizzazione perenne da parte di Multinazionali con le mafie come caporali; ergo, ulteriore sottosviluppo. In più, la vera spada di Damocle è che tutto ciò porti le organizzazioni criminali ad aumentare nelle zone interessate il proprio potere ed il proprio raggio d'azione, nonché la presa su una parte della popolazione giovanile refrattaria anche all'emigrazione, e altresì anche su quella generazione che nasce dagli immigrati extracomunitari e comunitari, sovente emarginati, sub-acculturati e marginalizzati. Tutti possibili “neo-servi della gleba” e soldatini per le mafie in espansione… grazie ai nuovi connubi.

[N.d.A. : l'articolo qui presente non riporta alcuna notizia sensazionale, perché le notizie qui citate sono già state diffuse in precedenza; il presente è un semplice articolo di opinione che mira a creare una certa sensibilizzazione su un problema gravissimo, poco trattato, ma foriero di molti e possibili pericoli.]

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