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 Home page > Tribuna Libera > L’epica lotta per salvare i sei segretari di Bertinotti

L’epica lotta per salvare i sei segretari di Bertinotti

Oggi avrei dovuto pubblicare un pezzo sulla lezione (non capìta) del referendum scozzese, però ho letto una notizia che mi impone di rinviare (pur di poco) l’articolo sulla questione scozzese per dare la precedenza da un’altra questione. La notizia è questa: alla mezzanotte del 30 settembre (scrivo alle 12 dello stesso 30 settembre) è scaduto il benefit che dà diritto a Fausto Bertinotti –in quanto ex Presidente della Camera- di godere di un ufficio con sei collaboratori, che costa all’erario 210.000 euro l’anno; per cui, se a quell’ora non si sarà fatto qualcosa, saranno licenziati. Poi fra tre anni toccherà a Fini e, via via, ai Presidenti delle Camera che non siano riusciti a farsi rieleggere deputati. E’ scattata la corsa alla solidarietà per salvare il soldato Fausto e la sua pattuglia.

C’è chi pensa ad una proroga, chi pensa di mettere i sei a disposizione dei gruppi parlamentari, che consentirebbe un salvataggio, magari con un accordo con gli stessi gruppi perché i sei “momentaneamente” restino nella attuale collocazione.

Questa la notizia secca. Posso dire che la cosa mi rivolta lo stomaco?

Nello stesso giorno, in cui si annuncia che il tasso di disoccupazione censito ha sfondato il 12%, che la disoccupazione giovanile è al 44,5%, mentre si accende uno scontro senza precedenti per distruggere l’ultima garanzia occupazionale (l’art. 18), noi stiamo a parlare di sei privilegiati che prendono uno stipendio intorno ai 2.000 euro al mese per fare non si sa bene cosa? Non conosco i nomi dei sei (e non li voglio sapere) ma è possibile che fra loro ci sia qualcuno che conosco e di cui magari sono amico: non importa, qui parliamo di questioni di principio per cui l’amicizia, anche eventuale, con uno degli interessati, viene dopo.

Insomma, mi volete spiegare dove sta scritto (se non nelle leggi che lor signori fanno a proprio uso e consumo) che un signore, solo perché ex Presidente della Camera, debba godere per dieci anni (poi ridotti a sei) di benefit come la scorta, l’ufficio, ben sei collaboratori… Già se mantenesse una stanza a Montecitorio, con un telefono ed una segretaria, sarebbe un privilegio, ma che potremmo far finta di ignorare, ma qui siamo al mantenimento di una piccola corte personale. Qualcuno vuol, farci graziosamente sapere cosa fanno di socialmente utile questi sei amici del Fausto nazionale?

Mi si dirà che probabilmente collaborano alla redazione e gestione della rivista “Le alternative del socialismo” fondata e diretta da Bertinotti che, evidentemente, pensa di essere un nuovo Lelio Basso con i suoi “Problemi del socialismo”. La cosa non mi commuove affatto: una volta, a sinistra, queste cose non si facevano per militanza? Qualcuno si ricorda ancora il significato di questa parola? E se provassimo a tornare ad un costume più sobrio ed accettabile?

Quel che più rincresce è la mancanza di sensibilità proprio di Bertinotti, che mostra di non capire l’improponibilità di certi privilegi in un momento come questo, tanto più se il beneficiario è un esponente comunista (anche se l’interessato ha dichiarato “indicibile” quella parola). Certe cose vanno rifiutate anche quando sono offerte, non ne parliamo proprio di mettersi a brigare per ottenerne il proseguimento oltre i limiti previsti.

Questo del salvataggio dei “lavoratori” dell’apparato è un antico vizio della sinistra, che non si rende conto del fatto che, oltre che gli stipendi istituzionali, ci sono anche altri modi di guadagnarsi da vivere e che fare un normalissimo lavoro di insegnante, artigiano, impiegato ecc. non ha mai fatto male a nessuno. Penso alla triste vicenda di Rifondazione che si è dissanguata, spendendo sino all’ultimo euro dei rimanenti ratei di finanziamento pubblico, per mantenere una legione di funzionari che non facevano assolutamente nulla perché… mancavano i soldi per l’iniziativa politica. Insomma, pare che per alcuni la tessera comunista (o del Pd o di altra formazione di sinistra: non fa differenza) sia una sorta di assicurazione contro la disoccupazione.

Così è più chiaro perché Rifondazione ha fatto bancarotta. Ora sappiamo quale è stata una delle principali ragioni… che tristezza!

Foto: 20centesimi/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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