• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > L’economia delle banche e il primato della violenza sulle donne

L’economia delle banche e il primato della violenza sulle donne

Il mantenimento dello stato di inferiorità rispetto ad un superiore, è essenziale allo status quo economico della comunità basata sull’economia bancaria...

Decine di donne, ragazze, in Italia vengono uccise ogni anno.

Come ha detto correttamente Fabrizia Giuliani, Prof.ssa all’Università La Sapienza, “gli uomini italiani amano le donne, ma non la loro libertà” e quando una donna si rende libera l’uomo distrugge ciò che non può più possedere.

Ma non solo: migliaia, milioni di ragazze come lei - in questo Paese, non in Marocco - vengono torturate ed uccise ogni giorno, uccise nella loro individualità, nella loro personalità, sessualità, obbligate a subire ogni giorno soltanto l'individualità e la sessualità al maschile, nudi, immagini, allusioni, battute, domande, scritti approfondimenti, film spettacoli 'culturali', organizzazione sociale politica economica... tutto ruota sull'esaltazione della sessualità e della prospettiva maschile e sul martirio di quelle femminili.

Ovvio poi che nella dinamica quotidiana qualcuno si trovi più facilmente a fare con un laccio al collo quello che tutti gli altri fanno con le parole, con i gesti, i comportamenti, la penna, il lavoro, con la famiglia.

La donna viene distrutta perché la sua sessualità dà fastidio. La sua espressività, la sua voglia di libertà, i suoi sorrisi, la sua vitalità, la sua voglia di vivere, la sua positività, promuovono troppo la figura femminile. Viene posta in ombra l'autorità sociale, politica, commerciale e religiosa - autorità di una concezione della comunità di tipo verticale, in ogni caso illegittima perché frutto delle gerarchie economiche e priva di corrispondenza reale con l’essenza della comunità. E questo significa l'espressività di un'adolescente come tante, come le nostre figlie, per questo la giovane va criticata, biasimata, educata, raddrizzata, fatta tacere, isolata... e poi violentata o uccisa, sia pure per mano di uno psicolabile di turno qualunque.

E così anche avviene nei media, dove la donna virtuale viene uccisa, radiata dalla relazione paritaria, in cui viene impedito alle donne di esprimersi e di esprimere quello che sono “tal quale”, e di trattare la libertà e la sessualità al femminile, vista con gli occhi di una donna e non più intesa come strumento di sottomissione sociale. Un omicidio e una violenza virtuali quelle mediatiche, certo. Ma sostrato necessario del prossimo omicidio o violenza omologhe reali.

Se accettiamo che la donna possa essere uccisa virtualmente, spiritualmente, culturalmente, socialmente, economicamente, politicamente, religiosamente... cosa ne resta se non un vuoto involucro?

E come possiamo poi pretendere che un involucro, un simulacro ormai svuotato, venga rispettato come persona e non invece ucciso o ferito fisicamente da chi ormai nella sua follia ne scopre tutta la sua vulnerabilità?

Eppure questa realtà viene costantemente non solo negata, ma promossa e costruita nell’ombra, nei fatti e nel silenzio della privacy delle singole relazioni, da tutti coloro che tra noi guadagnano sulle donne, sulla loro testa, sul loro apartheid e sul loro stato di cattività. Da tutti coloro che vivono e partecipano in un economia di tipo verticale e bancocentrica basata sullo sfruttamento e sull’usura del soggetto inferiore. E riguarda tutti noi, non solo le donne.

Esistono infatti due principali scuole di economia: una prima secondo la quale si produce ricchezza se gli altri diventano poveri (che, d’ora in avanti, chiameremo scuola bancaria); una seconda per la quale si produce ricchezza se gli altri diventano benestanti a loro volta.

Nelle economie di mercato disegnate dalla scuola bancaria ogni individuo o azienda o Stato è considerato come elemento di una filiera verticale strumentale per il prelevamento delle risorse dei soggetti in posizione inferiore e, al tempo stesso, un ostacolo al prelevamento delle sue stesse risorse.

Il mantenimento dello stato di inferiorità rispetto ad un superiore diviene, quindi, essenziale allo status quo economico commerciale della comunità basata sull’economia bancaria.

Le banche, anche infiltrando lo Stato nelle sue diverse declinazioni (politica, religiosa, commerciale, militare - Stato Mercante) realizzano fattivamente questa filiera dello sfruttamento, anche convincendo ciascuno ad accettare una società verticale e una posizione personale di soggezione ad un individuo o ad un'entità superiore a cui delegare il governo della propria persona, come scelta esistenziale, volontaria, di comodo e perfettamente consapevole. In questo modo, gli viene fatto credere, si potrà comodamente liberare delle responsabilità, pretendere privilegi e scaricare il barile dei doveri su chi lo governa e sottomette. Per finire verso il progressivo assorbimento nella percezione della propria inadeguatezza, nel mondo della finzione, dell’isolamento personale, del distacco dalla realtà ed infine verso la facile adesione acritica all’offerta del mercato di beni e servizi tossici, di polizze di assicurazione, di mutui e delle altre forme di debito più o meno surrettizie.

Finti dibattiti e altre armi di distrazione di massa serviranno poi ad evitare che la persona si trovi stretta alle corde dalla realtà delle evidenze, ad impedirgli di fare i conti con se stessa e a fare in modo che possa invece continuare a far finta di niente e a fare ‘festa’, celebrando l’economia bancaria fino ad usura completa, pena l’eliminazione dalla propria realtà così costruita.

Se vogliamo che le donne conservino la vita salva, la psiche, come quella di una persona che "non ha paura di uscire di casa", non c'è altro rimedio che cambiare la nostra economia oppure allontanarle, mandarle via da questo Paese, come hanno fatto già tante donne italiane che vivono in Europa e nel mondo. Altrimenti, quello che ora ci sembra strano, vederle camminare ad occhi bassi, l’attenzione eccessiva su di loro, contare le morti, vederle smettere di truccarsi, di parlare di sè e di parlare con la gente, ecc., ben presto diventerà 'normale' e dovremo chiedere tutti, per loro, la grazia di potergli lasciare indossare un... "burqa". 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares