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L’arcobaleno magico del “pareggio di bilancio”

L'ansia di proporre risposte semplici e immediate agli elettori sta generando una mostruosità assoluta, con il nome rassicurante di "pareggio di bilancio".

In questi giorni la retorica nazionale ed europea ruota intorno ad una magica locuzione dal suono mellifluo e rassicurante: “pareggio di bilancio” la soluzione di tutti i mali, la cura definitiva, l’obiettivo raggiunto il quale la salvezza è garantita, al punto che se c’è da fare un intervento è per anticiparne il raggiungimento e poi cementarlo nella Costituzione.

Dal deludente vertice Merkel Sarkozy di ieri è venuto fuori anche un invito ad estendere l’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione di tutti i Paesi dell’eurozona.

So che non siete abituati a sentirmi emettere sentenze così tranchant ma in questo caso devo proprio dirlo: l’ignoranza e l’incompetenza sono cattivi compagni di strada.

Vediamo di inquadrare con una metafora la situazione: abbiamo un vaso colmo d’acqua fino all’orlo, pronto a tracimare alla prima goccia che vi caschi dentro. La regola che ci stiamo dando è di non andare più a bere perché c’è il rischio che, bevendo, una goccia caschi nel vaso facendolo traboccare. Nessuno propone di svuotare il vaso perché pesa, e noi stiamo qui belli felici e sorridenti a farci tranquillizzare da uno che dice: “basta non bere“.

Cerco di spiegarmi in termini più concreti: andare in deficit talvolta può essere lo strumento per gestire una situazione di difficoltà del ciclo economico. Lo Stato aumenta la spesa per riattivare il volano dell’economia quando c’è una fase di rallentamento. Il problema semmai è che negli ultimi trent’anni si sia stati COSTANTEMENTE in deficit, accumulando nuovo debito anno su anno (goccia dopo goccia, per tornare alla metafora).

Se avete due minuti vi consiglio di approfondire (ad esempio su wikipedia) le cause della crisi del 1929: l’economista John Kenneth Galbraith ha individuato almeno cinque fattori di debolezza nell’economia americana responsabili della crisi:

  • cattiva distribuzione del reddito;
  • cattiva struttura, o cattiva gestione delle aziende industriali e finanziarie;
  • cattiva struttura del sistema bancario;
  • eccesso di prestiti a carattere speculativo;
  • errata scienza economica (perseguimento ossessivo del pareggio di bilancio e quindi assenza di intervento statale considerato un fattore penalizzante per l’economia).

Dico, ma siamo impazziti?
Abbiamo sul tavolo quattro dei cinque ingredienti che causarono la Grande Depressione e vogliamo scrivere NELLA COSTITUZIONE che vogliamo il quinto?

Se noi imponiamo costituzionalmente il pareggio di bilancio significa che quando per le più diverse ragioni la BCE alzerà i tassi (facendo aumentare il costo del debito) lo Stato dovrà AUTOMATICAMENTE aumentare le imposte (perché tagliare la spesa comporta discesa di PIL e potrebbe generare comunque un non-pareggio) . La flessibilità di gestione del bilancio è una ricchezza, un raggio di manovra. Imporre il pareggio di bilancio per Costituzione significa decentrare la fiscalità non ad un ente politico, sia esso il governo nazionale o europeo, ma alla Banca Centrale, la quale deve usare le leve finanziarie non quelle fiscali.

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