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L’antisemita semita d’Ungheria

Il signor Csanad Szegedi deve aver avuto qualche problema da piccolo.

Qualcosa che ne ha minate le certezze identitarie che ogni bambino sano, crescendo, mette a punto e completa, più o meno bene, fino alla sua realizzazione totale di essere umano adulto quando arriva alla pubertà.

Si sa bene che è un processo complesso che a volte va incontro a problematiche di vario tipo che possono portare a crisi più o meno squassanti o a derive di tipo patologico, ma normalmente gli esseri umani arrivano al traguardo della maturità con una qualche certezza di sé.

Il signor Csanad Szegedi, invece, deve aver avuto qualche problema da piccolo. Perché non sapendo bene come definire se stesso - che è la base di ogni formazione identitaria - ha pensato bene di definirsi in contrapposizione ad altri. E, come ogni brava persona in preda a una qualche forma di psicopatologia, la sua contrapposizione ha preso la strada del razzismo.

Non è cosa nuova, lo sappiamo; il razzismo ha caratterizzato interi periodi storici e società piuttosto complesse, ma la vicenda del signor Csanad Szegedi ha del paradossale.

Ve lo ricorderete; dopo aver fatto carriera come politicante del partito ungherese Jobbik, grazie alla sua virulenta prosopopea antisemita, condita di tutti gli stereotipi classici dell'antigiudaismo di ogni tempo, è andato incontro ad un vero e proprio choc quando ha scoperto di essere lui stesso ebreo. E’ notizia di qualche mese fa.

In casa vigeva il silenzio assoluto. La nonna ebrea, risposata con un ebreo sopravvissuto anche lui allo sterminio, si era rifatta una vita tornando in Ungheria, ma la repressione sovietica dei moti del ’56, accompagnata dal marcato antisemitismo della nomenklatura di Mosca - li convinse a nascondere definitivamente la loro origine etnica.

Ma forse la nonna, stanca delle tirate antisemite del nipote, un giorno si è decisa a far vedere al giovane Csanad il tatuaggio che aveva sull’avambraccio, gentile lascito del suo soggiorno ad Auschwitz; o forse in qualche altro modo, non si sa.

Fatto sta che il signor Csanad Szegedi ha scoperto le sue origine giudaiche. E non si è affatto scomposto: prima ha dato le dimissioni dall’incarico di antisemita militante e dal partito - di cui era vicepresidente - che dell’antisemitismo militante ha fatto la propria bandiera nel cuore dell’Europa del Duemila. Poi ha abbracciato d’impeto la sua nuova “identità”.

Gli hanno detto che è ebreo e lui si è comportato di conseguenza con estremo impegno: si è fatto circoncidere, si è messo la kippah sulla testa, ha iniziato a studiare l’ebraico e la Torah, a mangiare kosher e ad andare puntualmente in sinagoga ogni sabato. Si è fatto dare anche un nuovo nome, tipicamente ebraico: Dovid (che deve essere la versione magiarizzata del classico David).

Ma per prima cosa ha fatto un viaggio in Israele e una visita allo Yad Vashem, il museo della Shoah. Poi, ci dicono le cronache, si è rivisto i video dei suoi comizi trasudanti odio razziale, contro i Rom, gli slovacchi, l’occidente e, soprattutto, gli ebrei. E di notte - pare - dormiva male e aveva gli incubi. C’è da crederci.

I suoi ex camerati volevano usarlo per dimostrare al mondo che non sono antisemiti (tanto per vedere se qualcuno abboccava); altri, più coerentemente, volevano sparargli in testa.

Ma a lui non importa più nulla dei vecchi amici e del partito. Si era fatto un’identità antisemita e adesso ne ha una semita. L’importante è che qualcuno gli dica chi è. Poi lui si adegua, senza fare una piega. Ha tanta buona volontà, non si vede?

Anche se, grazie anche lui, oggi in Ungheria un bel 20% di elettori ha messo una croce sul partito neonazista. Uncinata, s’intende.

 

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