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L’Italia migliore, quella delle donne

Consegniamo le chiavi del paese alle donne e facciamoci da parte.

L'Italia migliore, quella delle donne


Riguardavo le immagini della partita della Schiavone e ripensavo alle grandi donne dello sport dell’ultimo decennio: dalla Pellegrini alle ragazze del Setterosa, da Josefa Idem alla nazionale di pallavolo, le emozioni (e perché no, le lacrime) di questi ultimi anni sono legate a loro.
 
Ai tiri di Martina “Bum bum” Miceli, al tennis pensato della leonessa Francesca Schiavone, ai salti dalla seconda linea della Togut, alle bracciate che sanno di rabbia di Federica Pellegrini, a quel remo eterno della Idem, alla perfezione del fioretto della Vezzali. L’Italia più bella, l’Italia più antica, abituata a sudarsi quello che ottiene. Donne più forti di noi. Donne che non soffrono d’alcuna ansia da prestazione: graffianti, complete. Donne che si sono fatte strada in un paese in cui esistono solo in quanto “mamma, puttana o brutta copia di un uomo”. Donne delle quali i giornali si ricordano solo se vincono tutto e non perché il loro didietro sfila al Mugello. Donne che si sentono offese dalla Noemi di turno, perché il loro corpo non sarà mai merce di scambio. 
 
Le immagino con le loro spalle grandi farsi strada tra i maschi, resistere agli sguardi e alle battute volgari per insegnarci a guardare al di là dei loro seni. Le vedo nelle piscine, nei campi, ad allenarsi sotto il sole cocente delle estati italiane. Le immagino uscire dalle vasche e darsi un po’ di profumo per cancellare l’odore del cloro o della sifcamina. Le vedo insegnarci la fatica del parto e l’orgoglio della lotta.
 
Così, mentre noi aspettiamo qualcuno che ci stiri la camicia, loro ci sbattono un dritto in faccia e imparano ad amarci. Dovremmo sederci in un angolo e ascoltarle, capire cosa abbiamo perso, cosa stiamo diventando e invece ci ostiniamo a voler essere noi i volgari padroni e commentatori di questo paese.
 
Un paese che le umilia perché le rende oggetti e si ricorda di sventolarle solo quando vincono, come il tricolore ai mondiali. Donne che andrebbero rispettate tutti i giorni e non quando ci dimostrano, nonostante noi, di essere migliori. Donne che vanno amate prima tra le pareti di casa che sui campi.
 
 
E così, diventano donne da subito perché sono costrette a combattere per ogni traguardo, per ogni giorno che sorge e saranno sempre migliori di noi, perché quelle braccia hanno imparato a stringere forte, con amore una medaglia d’oro, un uomo e un bambino.
 
 

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