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L’Antiberlusconismo, la sinistra e la guerra dei vent’anni

Qui crolla tutto, ma nessuno dei politicanti di mestiere si adopera per trovare una via d'uscita dal tunnel.

L'aldeide democratica diventa il punto di congiunzione che da qui a breve, dovrà forzatamente riscrivere l'intero assetto istituzionale del nostro paese. Ma come sempre, quando il gioco si fa duro, la nostra classe dirigente sfoggia il pieno decadimento organico delle sue idee, atrofizzando gli elementi dei padri costituenti e favorendo gli interessi partitocratici, a scapito della popolazione, "insomma l'inettitudine governativa dell'Italia non si smentisce mai".

Ormai è chiaro, fin troppo, che la disintegrazione dell'ideologismo culturale è arrivata al capolinea, i principi cardini della Carta costituzionale non vanno più neanche a farsi benedire, e il democratismo prende il sopravvento, mistificando in modo chiaro l'ultimo ventennio caratterizzato da una faziosità conflittuale dei due maggiori schieramenti politici (destra e sinistra).

La guerra dei vent'anni non è stata altro che una discussione (dai toni spesso accesi) sui temi morali e sociali, che ha anteposto gli interessi della nazione, alla sete di potere. Da un lato la presunzione auto-adulante di Berlusconi di riformare lo stato (in fondo nel bene o nel male è stato l'unico leader, che ha fondato la legittimità del suo potere in un'innata capacità di comando), e dall'altro l'onirico sogno della sinistra di abbattere ad ogni tornata elettorale l'avversario politico di sempre che gli ha fatto perdere d'occhio le problematiche reali del sistema paese, discostandosi volutamente dalla vita associata (da Prodi a Bersani, l'obiettivo non è mai cambiato, l'Anti-Berlusconismo è stato il loro cavallo di battaglia).

I risultati dell'aspro conflitto ad personam non si sono di certo fatti attendere, l'ipotesi catastrofistica annunciata dal popolo Maya qualche anno fa, si è manifestata pienamente (non era la fine del mondo, ma solo il declino dell'Italia).

Stravolgendo l'assetto economico reale e deteriorando le fondamenta della finanza pubblica, l'infausto meccanismo si è basato sulla macelleria sociale "anti-sviluppo" che ha prodotto una disgregazione dei principi che regolano il benessere collettivo (l'avvento dell'euro è solo una parentetica illusione).

Qui crolla tutto, ma nessuno dei politicanti di mestiere si adopera per trovare una via d'uscita dal tunnel: decadenza istituzionale, dignità lavorativa, contrazione dello sviluppo e stato giustizialista, sono i nuovi elementi basilari, che hanno oltraggiato tanti onesti cittadini, che si vedono negare ogni giorno, il diritto di poter vivere in un paese che fino a qualche anno fa, era considerato la patria del diritto.

Niente cambia, neanche ora che il Cavaliere appare sconfitto, l'eterno scontro è lo stesso e la sinistra si trova a fare i conti con le nuove correnti di pensiero (Matteo Renzi) che vogliono stravolgere il partito, ma di rivoluzione culturale nessuno ne parla, forse perché da noi è difficile da accettare visto il radicamento nazionale di quel vizioso clientelismo che ci ha contraddistinto per almeno un quarantennio, che continua a fare del "nepotismo" l'emblema del potere.

Quel che sarà è difficile da decretare, il precipizio è da evitare, l'unica speranza rimane il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Speriamo solo che l'ipersostentazione non lo porti a fare scacco matto.

Foto logo: Mauro Edmundo Pedretti/Flickr

 

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