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L’America underground di Trump e Biden

Le elezioni in USA sono ormai vicine e il margine di vantaggio che prima della pandemia Trump sembrava possedere, si è polverizzato in pochi mesi. Errori di valutazione, scarsa prudenza, un modello di comunicazione inadeguato e molte gaffe dovute ad approssimazione, hanno condotto l'attuale presidente a dover rincorrere il candidato democratico in apparenza iniziale più debole. Ma oggi più avanti di parecchi punti rispetto al repubblicano. Ma a regnare davvero è l'incertezza dovuta a molti fattori concomitanti.

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Biden e Trump, gli sfidanti per la presidenza USA 2020
Immagine tratta da Bucks Free Press

LA CAMPAGNA DEL 2016

Nel 2016 mi occupai, da specialista della comunicazione, delle presidenziali americane. Tutti i commentatori davano Trump per sconfitto contro la vittoria certa di Hillary Clinton. Dopo alcune ricerche, mi resi conto che la strategia di comunicazione di Donald Trump non era per nulla l'espressione di un'istintuale e approssimativo approccio ai temi elettorali: lo sguardo era rivolto ad una fascia di elettori molto ampia e variegata, dai cinquant'anni in su, tuttavia accomunata dal profondo timore d'impoverirsi, di perdere il lavoro o, nel migliore dei casi, di perdere la scia di miglioramento delle carriere, di essere inadeguata rispetto alle nuove tecnologie e ai nuovi modelli economici della rete, infine di essere la vittima predestinata di una globalizzazione sempre più spinta che distrugge ricchezza, posti di lavoro e prospettive. Basandomi sulla montante quanto sotterranea percezione di quest'elettorato che costituisce la parte più profonda e individualista dell'America, scrissi una serie di articoli dai quali traspariva la mia netta opinione circa una vittoria del tycoon newyorkese, nonostante i sondaggi, fino alle soglie dell'elezione, puntassero sulla Clinton.

 

LA CAMPAGNA DEL 2020

Oggi, al termine di un mandato controverso, diametralmente opposto alla visione "obamiana" di un sistema sociale solidale ed inscritto in un alveo di relazioni internazionali stabili e progressiste, Trump si trova a gestire l'imprevisto: la pandemia da coronavirus. Fin qui gestita assai male, con atteggiamenti "muscolari" che hanno aggravato la diffusione già alta dell'infezione ormai finita fuori controllo. Se nella prima fase dell'emergenza Trump, con uno stanziamento record di 2.200 miliardi di dollari aveva dimostrato di avere chiaro l'effetto economico della pandemia, sul resto si è incartato nella definizione di una seria strategia di contenimento, assumendo un atteggiamento ondivagoimprudente, in alcuni casi sconcertante. Questo modello di comunicazione ha creato una falla nella diga dei consensi che prima dell'epidemia davano come certo il suo secondo mandato alla Casa Bianca. Adesso, è Trump a dover inseguire colui che sulla carta era un avversario debole, il democratico Joe Biden.

L'EFFETTO FLOYD

Per Biden, sostenuto con efficacia da Barak Obama, si tratta ora di cavalcare l'impressione di inadeguatezza di Trump e, soprattutto, di ergersi a paladino delle minoranze nere negli Stati Uniti. E non solo degli afroamericani ma anche delle minoranze ispaniche che del resto Trump non ha certo trattato con i guanti bianchi. L'assassinio "in diretta" di George Floyd e l'esplosione di rabbia che ne è seguita, rappresenta il sintomo di un malessere covato a lungo, anche in questo caso di un'America sotterranea che combatte per la piena affermazione di diritti negati. È l'America nella quale i contrasti razziali non sono mai terminati, continuando ad essere un tema politico oltre che sociale. Quelle minoranze che issarono Obama alla Casa Bianca, ritiratesi deluse da una presidenza moderata, tornano in campo dopo essere state bistrattate durante il mandato di Trump. Non a caso, gli appelli di Obama, vero opinion leader della campagna di Biden, sono rivolti a quest'elettorato, ad iscriversi nelle liste elettorali per far pesare il loro voto.

L'ECONOMIA E LA REAZIONE

Trump, a questo punto, può contare su tre fattori per recuperare il consenso perduto: l'andamento economico generale innescato dalle sue politiche di defiscalizzazione e deregolamentazione; l'atteggiamento reazionario radicale del suo elettorato di riferimento; le divergenze che pure esistono tra gruppi di minoranze razziali. Sul primo fattore ha buon gioco: l'economia statunitense ha tratto beneficio dalle politiche della presidenza repubblicana e questo, in un elettorato che è diffusamente sensibile ai temi economici, avrà un peso non indifferente. Il secondo fattore riguarda un elettorato che Trump tende a galvanizzare e che si sente minacciato dalle proteste e dagli atti vandalici che, inevitabilmente, ne sono seguiti. In terzo fattore è meno facile da gestire per Trump, poiché se è vero che le relazioni "razziali" negli USA sono un fenomeno culturalmente complesso e non così omogeneo come si potrebbe credere, la sua credibilità su questo fronte non è superiore a quella che, grazie ad Obama, detiene attualmente Biden. C'è diffidenza verso entrambi, ma è probabile che sia il democratico a spuntarla rispetto ad un Trump necessariamente portato, da inseguitore inatteso, a virare verso posizioni estreme, ultranazionaliste, con lo sguardo rivolto anche verso i gruppi religiosi più radicali.

LE PREVISIONI

Il panorama è articolato e la complessità dei fenomeni sociali che sono venuti in luce, si correlano variamente con gli effetti imprevedibili dell'epidemia che non accenna a placarsi: la questione potrebbe essere non solo di percezione dell'attività della Casa Bianca sul tema specifico della sanità, ma anche di natura logistico-organizzativa, con problemi crescenti per la partecipazione effettiva al voto legata alla necessità del distanziamento fisico tra gli elettori. Tra l'altro, il meglio di sé, Trump, lo esprime nelle manifestazioni pubbliche, nel contatto diretto con i suoi elettori e in questa situazione non sarà agevole per l'attuale presidente far valere il peso della sua presenza. D'altra parte, non è tutto oro che luccica quello dei sondaggi per lo più favorevoli a Biden: il democratico dovrebbe puntare ad una strategia di conservazione del consenso con una campagna moderata, rifuggendo dai toni da rissa cui tenderà a condurlo Trump, ma non potrà mantenere a lungo questa linea poiché quella richiamata complessità della situazione generale negli USA imporrebbe una visione politicamente consistente delle soluzioni, che attualmente manca a Biden. Dunque, si debbono osservare molte incognite, in una campagna che potrebbe riservare sorprese e che potrebbe risultare una pietra miliare nella comunicazione politica del XXI secolo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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