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Kenya: titanio avvelenato

La compagnia canadese Tiomin Resources Inc. ha ceduto il 70 per cento delle azioni dell’impianto minerario di Kwale al gruppo cinese Jinchuan. Si tratta di un grande progetto di sfruttamento del giacimento di titanio nella Regione kenyota di Kwale.

Una coalizione formata da comunità locali e organizzazioni di diritti umani come la Coast Mining Rights Forum e Mining Watch si oppone da anni al progetto, che costringerebbe le tribù dei Digo e dei Kamba (circa 5mila persone) ad abbandonare le proprie terre e che causerebbe un alto tasso di contaminazione da metalli pesanti nei terreni e nelle falde acquifere della zona.
 

Si stima che la costa keniota contenga il 14% delle riserve mondiali di titanio, pari a circa 3,2 miliardi di tonnellate. L’accordo stipulato con Jean Charles Potvin, presidente della Tiomin, prevedeva la concessione di 64 chilometri quadrati di terreno nei quali la Tiomin estrarrà il minerale per almeno 14 anni. Il titanio è utilizzato per la produzione di vernici, plastica e carta e si prevede che il progetto frutterà circa 47 milioni di dollari l’anno.

 
L’implementazione del progetto, comporterebbe lo sfollamento di 450 famiglie di contadini Kamba e Digo. Le miniere rischiano di occupare le coltivazioni di sussistenza delle popolazioni, per un periodo di venti anni, dopo i quali si procederebbe alla bonifica della regione e si farebbero rientrare i contadini nelle loro terre. Ciononostante alcune tra le terre più fertili del Kenya non rischiano di non essere più coltivabili a causa dei cambiamenti nella struttura del suolo. L’estrazione del minerale avviene fino a 30 metri di profondità, comportando seri rischi a livello geologico. Inoltre la costruzione di vie di accesso, infrastrutture, depositi di residui comporterebbe la contaminazione del terreno e delle falde acquifere circostanti.
 
Il Centro Documentazione Ambientale stima che il progetto altererebbe l’ecosistema della regione, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza di molte specie a rischio, tra cui le scimmie Colobus. Inoltre, nei depositi di titanio di una ingente quantità di uranio e di torio radioattivi, aumentano la pericolosità delle operazioni. Il giacimento di titanio contiene 309 ppm (parti per milione) di uranio e 143 ppm di torio, che una volta portati alla luce, sarebbero potenzialmente dannosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Inoltre, secondo alcuni studi condotti da scienziati kenioti, le emissioni di biossido di zolfo derivanti dalla combustione di carburanti diesel causerebbero ulteriori danni alla popolazione e al territorio, minacciando ulteriormente anche le falde acquifere. La Tiomin non ha redatto nessun piano di gestione e monitoraggio delle sostanze radioattive, né ha introdotto appropriate precauzioni per la salute dei lavoratori e la prevenzione della contaminazione dell’acqua.

(Fonte: Salva le Foreste)

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