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Ius soli: concedere o no la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia?

Chi dice sì e chi dice no. E se invece fosse la domanda ad essere sbagliata?

E se quella domanda servisse soltanto ad incassare voti e non a risolvere problemi reali?

Una riflessione sul fattaccio di Rimini.

A fronte di problemi complessi le semplificazioni sono sempre pericolose e, come minimo, danno delle soluzioni che non possono essere sempre giuste; però le semplificazioni piacciono e i politici lo sanno. Perché oggi i politici si interessano tanto al problema della cittadinanza? Perché sono preoccupati che gli immigrati non abbiano o che abbiano la cittadinanza italiana?

Temo che la risposta sia semplicemente che sono interessati perché l’argomento può far incassare voti: negando la cittadinanza si incassano i voti di chi ha paura che masse di immigrati diventino cittadini italiani snaturando così l’Italia, concedendola, si incassano o si ritiene di incassare i voti di quelli che quella cittadinanza la ricevono.

C’è addirittura un Papa che interviene sulle questioni politiche italiane affermando che sarebbe un diritto naturale e universale che un bambino che nasce in un luogo abbia la cittadinanza di quel luogo. Però se il bambino nasce nel suo stato (il Vaticano) lui la cittadinanza vaticana non gliela dà. Però se quell’affermazione diventasse legge si avrebbero masse di donne incinte che andrebbero a partorire dove pensano che sia meglio nascere cittadini.

Io credo che l’attuale suddivisione cittadino SI/NO non sia più adeguata e che sia l’ora di pensare come riformularla graduando diversi livelli di cittadinanza. Faccio soltanto un paio di esempi.

Che senso ha considerare cittadini italiani dei discendenti da italiani emigrati quando questi non sono mai stati in Italia, non sanno l’italiano, non hanno mai pagato tasse all’Italia e probabilmente mai le pagheranno, fanno perfino il militare per un altro stato che potrebbe anche combattere contro l’Italia? E cosa cambierebbe se invece fossero nati in Italia ma ci fossero vissuti soltanto un anno o un mese o un giorno e poi fossero emigrati?

Però per gli italiani emigrati da bambini nonchè per i figli di emigrati (e forse anche per i loro nipoti) avrebbe certamente senso considerare una particolare “cittadinanza potenziale” che diventerebbe cittadinanza effettiva se quelli scelgono di immigrare - tornare in Italia.

Che senso avrebbe dare la cittadinanza italiana ad un minore figlio di non italiani e soggetto alla loro patria potestà? Se i genitori vengono espulsi dall’Italia si espelle anche il minore italiano? Oppure per non espellerlo lo si fa diventare adottabile da genitori italiani? O più semplicemente: se quel minore seguendo i genitori va poi all’estero, finisce di crescere all’estero, vive all’estero, perché mai dovrebbe essere ancora cittadino italiano? Non sarebbe meglio considerare invece per i minori una particolare “cittadinanza provvisoria” (quindi rivedibile) per minorenni?

Purtroppo su argomenti che sono contemporaneamente molto delicati e molto complessi non c’è soltanto l’arrogante semplificazione da parte dei politici ma anche le stupide semplificazioni con schieramenti ideologici preconcetti da parte di molti di noi, per cui accade che si lancino stupide accuse di tradimento o di razzismo, che si sostengano teorie di integrazione o di multiculturalismo senza sapere cosa si dice, quali siano le realtà e quali le esperienze all’estero.

Ad arroventare i contrasti ha certamente contribuito il recente stupro avvenuto di notte su una spiaggia a Rimini. Se ne sono sentite di tutti i tipi: dalla scemenza che gli stranieri sono tutti stupratori alla ancor più scema scemenza che gli stupratori sono in maggioranza italiani ; vero, ma maggioranza assoluta, cioè senza rapportarla al numero di italiani e di stranieri.

Dal fattaccio di Rimini io credo che sia invece possibile fare un’altra considerazione che dimostra che nessuna soluzione semplicistica sia buona. Se le notizie giornalistiche sono valide, due stupratori sono fratelli minorenni, figli di marocchini e nati in Italia. Il padre li avrebbe riconosciuti in una foto, capito cosa hanno fatto e convinti ad autodenunciarsi.

Se oggi fosse in vigore la proposta di legge “Ius soli” presentata e sostenuta dalla maggioranza al governo si avrebbe questo bel risultato: gli stupratori sarebbero irrevocabilmente cittadini italiani e invece il padre uno straniero. A me sembra chiaro che il padre abbia dimostrato un alto senso etico e un alto senso civico, che abbia inoltre dimostrato di essere privo di ogni “familismo amorale”, malattia purtroppo piuttosto diffusa fra gli italiani.

Purtroppo non è pensabile di privare della cittadinanza gli italiani che mancano di etica, di senso civico e che pongono l’appartenenza alla loro famiglia al di sopra di ogni morale, ma credo che sarebbe pensabile e doveroso concedere la cittadinanza a stranieri residenti e così meritevoli come quel padre. E un pensierino lo farei anche su quegli stupratori: se avessero ricevuto la cittadinanza in base ad una qualche legge tipo lo Ius soli, non sarebbe il caso di prevedere che quella cittadinanza possa essere revocata? E magari di revocarla anche se sono o se frequentano islamici fanatici?

 

GeriSteve

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