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Italia vandalica: morire di freddo in carcere

Tre detenuti sono morti nelle ultime ore in diverse strutture penitenziarie del Paese. Non ce l’ha fatta un giovane 30enne romano morto nella sua cella della IV sezione, riservata ai tossicodipendenti, del carcere di Regina Coeli. Sono ancora da accertare le cause del decesso. Probabilmente si potrebbe trattare di un malore dovuto all’assunzioni di sostanze stupefacenti, nel caso specifico, di eroina. Gravi sospetti aleggiano invece sulle cause della morte degli altri due detenuti, avvenuti nel carcere di Bologna ed in quello di Campobasso. In questi casi la morte sarebbe infatti dovuta alle condizioni climatiche poco confortevoli all’interno delle strutture.

La denuncia arriva da Eugenio Sarno, segretario generale della Uil penitenziari. La morte per i detenuti di Campobasso e Bologna sarebbe sopraggiunta a causa di un malore improvviso dovuto al freddo pungente di questi giorni. Non sarebbe per pura casualità infatti che le due strutture penitenziarie si trovino in delle Regioni particolarmente colpite dall’emergenza maltempo delle ultime settimane.

I carceri di Bologna e di Campobasso infatti soffrono in modo particolare di problemi di climatizzazione. A Campobasso esiste un incredibile squilibrio tra le temperature quasi estive all’interno degli uffici della direzione, dove il personale è costretto ad aprire le finestre per far defluire l’aria troppo calda, e le celle e i corridoi del carcere, dove invece i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria sono costretti a sopportare temperature artiche.

A Bologna l’impianto di riscaldamento funziona invece in modo più regolare, ma non è abbastanza potente da garantire un’adeguata climatizzazione degli ambienti interni della struttura. Il risultato è che poliziotti e detenuti hanno la sensazione di lavorare e vivere all’interno di una cella frigorifera, e si trovano in condizioni analoghe a quelle della carne da macello nei banchi dei supermercati.

Ma gli istituti di pena in cui sono avvenuti i decessi, non sono gli unici ad accusare problemi di climatizzazione. Simili grane sono presenti in molti carceri italiani a partire da quello insulare di Agrigento. Sembra incredibile, ma i penitenziari non sono compresi nelle deroghe degli orari di accensione previsti invece per altri istituti pubblici, come gli ospedali e le scuole.

I risultati sono pesanti, con le temperature interne che, soprattutto di notte, si abbassano notevolmente. Anche gli agenti sono sottoposti a condizioni di lavoro proibitive. A Bolzano, per esempio, devono montare la guardia in box di plexiglass, senza alcun riscaldamento, con temperature di molto al di sotto dello zero. Lo zelo e la frenesia di altri dirigenti di strutture penitenziarie, ha costretto inoltre molte sentinelle a non avvalersi di stufette, anche qualora fossero di guardia in luoghi aperti.

La situazione nella carceri italiane rimane quindi particolarmente preoccupante. Al sovraffollamento ed alle condizioni di estrema sofferenza, in cui i detenuti vengono reclusi, che conducono all’emergere di questioni mai risolte come quelle del suicidio, si affianca ora il problema del riscaldamento non adeguato. Se il livello di civiltà di una nazione si misura anche attraverso le condizioni di vita dei galeotti, l’Italia risulta essere, da questo punto di vista, un Paese in cui la barbarie regna sovrana.

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