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Istruzione: quanto spende l’Italia?

Nel 2017 l’Italia era quartultima in Europa per investimenti nell’istruzione in rapporto al PIL. Come se non bastasse, con la legge di bilancio 2019 il governo ha previsto tagli per 4 miliardi nel prossimo triennio.

di Gianluca De Feo

Si parla molto ormai da anni della situazione in cui versa il sistema educativo italiano: per alcuni arretrato rispetto agli standard europei, per altri totalmente da riformare, per altri ancora fiore all’occhiello del “sistema Italia”. Certo è che la capacità di un paese di offrire ai suoi cittadini un buon apparato educativo è un elemento fondamentale per la salute dell’economia e della democrazia. Molto di tutto ciò passa per la questione degli investimenti, poiché difficilmente un sistema pubblico scarsamente finanziato riuscirà a mantenere alti livelli di efficienza.

Lo scorso dicembre il Parlamento ha approvato la legge di bilancio per il triennio 2020-2022 destinando al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (il MIUR) circa 60 miliardi e mezzo di euro per il 2020, ossia 113 milioni in più rispetto al 2019. Nell’arco dei prossimi due anni, tuttavia, sono previsti tagli progressivi per un totale di circa 4 miliardi di euro: da 60,54 miliardi si passerà a 58,7 del 2021 e a 56,6 del 2022. C’è da dire che nella finanziaria 2019-2021 fu previsto un taglio simile: dai 60,4 miliardi stanziati dal governo centrale per il 2019 si sarebbe dovuti passare ai 58,2 del 2020 per una decurtazione annuale di più di due miliardi di euro. A dicembre il governo ha però rivisto i conti e deciso di finanziare il MIUR aggiungendo i 113 milioni di cui sopra.

Dopo la crisi sempre più tagli

A partire dalla crisi del 2008 quasi tutti gli Stati europei hanno visto calare progressivamente la percentuale del PIL destinata al settore educativo e l’Italia ha seguito questo trend negativo. Secondo i dati Eurostat più aggiornati riferiti alla spesa governativa generale (quindi comprendente non solo quella sostenuta dal governo centrale, ma anche quella delle amministrazioni locali e di altri enti) nel 2017 il nostro Paese investiva il 3,8% del PIL nell’istruzione dei suoi cittadini, quasi un punto percentuale in meno rispetto alla media europea (4,6%) e allo stesso dato italiano di 8 anni prima. Nel 2009, infatti, il governo investiva proprio il 4,6%, registrando al 2017 una diminuzione di 0,8 punti percentuali, mentre la media europea che nel 2009 ammontava al 5,2% è diminuita dello 0,6% nello stesso periodo.

La percentuale sul PIL degli investimenti nel settore educativo: un confronto europeo

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Che l’Italia abbia subito gli effetti della recessione più di altri stati non è una novità, ma che il governo di turno decida di far pagare le conseguenze della crisi in maniera così decisa al sistema educativo statale non è altrettanto scontato. La Grecia, il paese più gravemente colpito dalla recessione, ha ridotto i finanziamenti all’istruzione di soli 0,2 punti percentuali tra il 2009 e il 2017 (da 4,1 a 3,9%) registrando addirittura un aumento tra il 2009 e il 2013 (da 4,1 a 4,5%). Fa peggio di noi invece il Portogallo, che ha tagliato nell’arco di otto anni ben l’1,9% del PIL; i portoghesi partivano però da un dato iniziale piuttosto alto (6,5% nel 2009) e nel 2017 hanno destinato il 4,6% al sistema educativo, quasi un punto percentuale in più dell’Italia.

Volgendo lo sguardo alle grandi economie europee, il budget destinato all’istruzione dal governo della Germania è uno dei pochi che non ha subito grandi modifiche, pur registrando una lieve diminuzione (da 4,3% a 4,1%), come anche quello della Francia (da 5,7% a 5,4%). Il trend del Regno Unito, invece, ricorda un po’ quello del Portogallo, con i britannici che sono passati dall’investire il 6,2% del PIL nel 2009 al 4,6% nel 2017.

Insomma, anche se alcuni governi hanno tagliato di più rispetto all’Italia, quest’ultima rimane uno dei paesi europei che punta meno sul suo sistema educativo. Nel 2017 hanno fatto peggio di noi solo Bulgaria (3,5%), Irlanda (3,3%) e Romania (2,8%), ma, anche quando la spesa italiana era più consistente, nel 2009, erano solo 5 i paesi che investivano sull’istruzione meno di noi. Tra di loro anche la Germania, che però disponeva di un PIL decisamente superiore rispetto a quello italiano (di quasi il 40%).

La spesa assoluta (governo generale) per il settore educativo in Italia

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Sempre secondo i dati Eurostat riferiti alla spesa governativa generale, si nota come la spesa assoluta sostenuta dalle istituzioni italiane non abbia in realtà subito grandi variazioni a partire dal 2011 in poi. Dopo tre anni di recessione nel periodo 2011-2013, però, il PIL italiano è tornato a crescere e il rapporto spesa per educazione-PIL, di conseguenza, a diminuire. L’emergenza Coronavirus che sta mettendo a dura prova il Paese nelle ultime settimane potrebbe tuttavia portare il governo Conte II e l’Unione Europea ad attuare nuove manovre espansive anche nel campo dell’educazione, sia in ottica di aiuto alle famiglie e di supporto alla didattica a distanza, sia al fine di ammodernare e mettere in sicurezza il sistema scolastico italiano e allo stesso tempo stimolare la ripresa economica.

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