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Israele, la Palestina e l’occidente

Da diversi anni c’è, in occidente, una sorta di censura su ciò che riguarda Israele; le sue politiche di difesa del territorio e quelle sociali nei confronti delle popolazioni dei territori palestinesi sono generalmente accettate dall’occidente mentre tutto ciò che riguarda le critiche o azioni miranti a boicottare tale politica sono sempre tacciate, quando va bene, di anti-sionismo, quando va male di antisemitismo. L’ultimo fatto riguarda la questione dei prodotti Israeliani dell’Agrexco, provenienti dalle zone occupate e "boicottati" dalle coop che ha provocato proteste (anche con manifestazioni davanti ai punti vendita e gruppi su facebook), mentre Israele continua la sua guerra "personale" contro i palestinesi civili lanciando bombe su zone abitate con la scusa di colpire gruppi terroristici.

Israele, la Palestina e l'occidente

Peace Reporter, riguardo due missili sganciati da aerei israeliani su Beit Hanoun il 26 Maggio 2010: "secondo testimoni presenti sul posto l’aviazione israeliana ieri mattina ha utilizzato dei particolari tipi di ordigni denominati "dumb bombs", gli stessi che utilizza quando bombarda i tunnel al confine di Rafah. Le "dumb bombs" sono missili a guida laser ad alta penetrazione, come il PB500A1, che secondo gli esperti conferisce un impatto esplosivo pari a una bomba a due volte la sua dimensione. Sopra un frammento del missile ripescato fra le macerie è ancora impresso il numero di serie dell’industria USA che lo ha fabbricato. Oltre al campo estivo innumerevoli sono stati i danni agli edifici vicini, sino a 500 metri dall’impatto dei missili a terra. Un negozio di acconciature e una farmacia sono state seriamente danneggiate dopo l’esplosione." 

Inoltre, impedisce agli aiuti internazionali di arrivare entro i territori occupati. L’ultimo episodio (fino a ieri, ndr) riguarda 8 navi che trasportano materiali da costruzione, impianti di desalinizzazione dell’acqua, impianti fotovoltaici, generatori, materiale scolastico e farmaci da consegnare alla società civile palestinese. Si tratta di un’azione di alcune organizzazioni e reti di solidarietà internazionale, necessaria per la sopravvivenza della popolazione di Gaza, che da più di tre anni vive sotto un assedio asfissiante, priva di generi di prima necessità e dei materiali indispensabili per ricostruire un territorio martoriato dall’operazione "piombo fuso" dell’esercito israeliano, che ha causato oltre 1400 morti, tra cui 400 bambini, e più di 5000 feriti, dovuti anche all’uso di armi proibite dal Diritto Internazionale, quali l’uranio impoverito ed il fosforo bianco.

 

Da questi avvenimenti sorgono spontanee diverse domande:

Come si può difendere uno stato che della guerra ha fatto la sua unica politica di difesa sin dalla sua formazione? Solo se si considera il problema dal lato degli interessi (e in medio oriente di interessi ce ne sono, a partire dal petrolio e tutto ciò che riguarda il suo prelevamento a costi bassissimi) si può capire la necessità dell’occidente di una politica a favore di Israele poiché rappresenta, in medio oriente, un fattore di destabilizzazione dell’area e, perciò, di divisione delle nazioni arabe e conseguente miglior opportunità, per l’occidente, di appropriarsi delle materie prime.

Come è possibile che l’occidente, dopo l’esperienza diretta dello sterminio degli ebrei, ora si erga a difesa di uno stato che pratica gli stessi metodi usati contro il suo popolo nel passato (a parte lo sterminio programmato)? In effetti, all’occidente interessano più le materie prime che la difesa dei diritti dei popoli; è vero che si sono scritte tante belle parole su di essi e che si sia arrivati alle “carta dei diritti”, ma se guardiamo alle guerre nel mondo, ci accorgiamo che l’occidente vi è implicato alla pari dell’oriente, ciò significa che i diritti sono legati agli interessi.

Come è possibile che lo stato che subì lo sterminio, ora agisca con gli stessi metodi? Ogni stato ha il diritto di difendersi, ciò non implica l’utilizzo di pratiche disumane; questa scelta è da valutare unicamente con la difesa, non dei confini, ma degli interessi legati al territorio.

Come è possibile accusare di razzismo coloro che operano per la pace? L’accusa di antisemitismo nei confronti di chi opera per la pace nell’area è da imputarsi alla necessità dell’occidente di mantenere quell’area instabile.

Sono gli interessi, dunque, alla base della situazione israelo-palestinese, e di tutte le guerre, e non ciò che ci dicono – differenze culturali, economiche, difesa della libertà, lotta al terrorismo, divieto di proliferazione atomica ecc.

Mentre nel mondo le guerre proliferano, e le dichiarazioni a favore della pace si sprecano, in Italia si cerca di giustificare una situazione che tiene, di fatto, imprigionato un intero popolo. D’altra parte, l’Italia è direttamente coinvolta in azioni di guerra in Afghanistan – anche se ufficialmente, lo si fa passare per “missione di pace”. Inoltre, è anche una delle maggiori esportatrici di armi; armi che vengono vendute nelle aree del pianeta dove sono in corso guerre.

Non c’è da meravigliarsi, dunque, che l’Italia, se da una parte partecipa ai summit di pace firmando accordi internazionali, dall’altra si adoperi affinché le guerre continuino e accusi chi si oppone di disfattismo.

 

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