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Isis a Yarmouk, Assad e Hamas (per ora) a braccetto

Yarmouk, Mahmoud Salameh

(di Lorenzo Trombetta, ANSA)

Dopo aver contribuito al disgelo tra Stati Uniti e Iran, lo Stato islamico facilita adesso anche il riavvicinamento tra il regime siriano e Hamas, ala palestinese della Fratellanza musulmana la cui direzione in esilio aveva lasciato Damasco nel 2012 dopo un’alleanza pluriennale nel quadro della comune lotta contro Israele.

Il nemico comune più minaccioso ora sembra però essere l’Isis, che si è avvicinato pericolosamente al cuore del potere siriano. Tra le macerie del campo profughi palestinese di Yarmouk, ad appena sei chilometri dal centro di Damasco, combattono fianco a fianco le milizie lealiste e quelli che fino a pochi giorni fa erano loro rivali, oppositori al regime e branca locale del movimento palestinese.

Questo mentre l’aviazione governativa siriana sgancia barili-bomba e spara missili Grad solo sulle zone controllate dai jihadisti e non più, come invece fatto negli ultimi due anni, contro le zone in mano agli insorti. Yarmouk è dalla fine del 2013 sotto assedio da parte del regime e circa 200 civili dei 18mila rimasti sono morti di fame e stenti nel corso del 2014.

Secondo fonti locali palestinesi e siriane e altre fonti di intelligence straniere interpellate dall’ANSA, i miliziani dell’Aknaf Bayt al Maqdis (Ali di Gerusalemme) ricevono adesso inedito sostegno dalle Forze della difesa nazionale, dai miliziani del regime di Damasco, e da altri gruppuscoli armati palestinesi tradizionalmente cooptati dalle autorità siriane. L’Isis è entrato a Yarmouk mercoledì scorso e nel corso di pochi giorni ha preso quasi tutto il campo.

In realtà, spiegano le fonti, lo Stato islamico si è visto offrire l’accesso al campo dai qaedisti della Jahbat an Nusra che, pur dicendosi “neutrale”, ha consegnato postazioni e offerto supporto logistico ai jihadisti. Poco prima dell’improvvisa offensiva, nelle braccia dell’Isis sono inoltre finiti numerosi miliziani dell’Aknaf unitisi all’Isis “perché sono i più forti e pagano meglio”.

Sullo sfondo, affermano le fonti, c’è stato il riavvicinamento tra la leadership in esilio di Hamas, guidata da Khaled Meshaal, e l’Iran, principale sponsor di Damasco. Il recente incontro a Doha, in Qatar, del presidente del parlamento iraniano Ali Larijani con Meshaal ha segnato una svolta nel disgelo tra Hamas e l’asse Damasco-Teheran, dal 2011 impegnato assieme alla Russia nella repressione della rivolta siriana.

Dall’incontro di Doha è emersa la possibilità di trovare una tregua a Yarmouk e di rispolverare un accordo, mai applicato, perché il campo diventasse neutrale in modo da consentire l’accesso umanitario. Le parti coinvolte nei colloqui erano le forze di Damasco e l’Aknaf.

Ma un eventuale accordo, affermano le fonti, avrebbe segnato l’indebolimento della Nusra e dello stesso Isis, da mesi presenti nel vicino sobborgo di Hajar al Aswad. Poco prima dell’ingresso dello Stato islamico a Yarmouk, un medico e quadro di Hamas, il medico Yahya Hurani, era stato ucciso da un sicario. Per tutta risposta l’Aknaf ha condotto arresti di membri della Nusra e dell’Isis già presenti nel campo. Il casus belli era ormai pronto e, concludono le fonti, la reazione dei jihadisti non si è fatta attendere.

(ANSA, 8 aprile 2015).

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