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Iran, un poeta tra le decine di prigionieri messi a morte dall’inizio dell’anno

Nei primi quaranta giorni del 2014, le esecuzioni in Iran sono state quasi un centinaio. Un ritmo impressionante, che se dovesse proseguire farebbe superare di molto, alla fine dell’anno, il tragico record di almeno 625 condanne a morte eseguite nel 2013.

Tra gli ultimi a essere impiccati, il noto poeta e attivista della minoranza araba ahvazi, Hashem Shaahani (a sinistra nella foto), 31 anni, messo a morte il 29 gennaio insieme a un altro attivista, Hadi Rashedi (a destra).

Arrestato nel febbraio 2011, fu torturato e costretto a rilasciare un’intervista all’emittente satellitare iraniana Press TV in cui dichiarò di aver preso parte ad atti di “terrorismo separatista” e di aver chiesto finanziamenti agli ex leader d’Egitto e Libia, Mubarak e Gheddafi. A questa “confessione” seguì la condanna a morte per “atti ostili contro Dio”.

Prima di essere impiccato, Shaahani ha scritto una lunga lettera, il cui testo integrale è qui.

Ne pubblichiamo uno stralcio:

Ho cercato di difendere il diritto che dovrebbe spettare a ogni persona al mondo, ossia il diritto a vivere liberi. Nonostante tutta la miseria e le tragedie, per combattere le atrocità non ho mai usato un’arma che non fosse la mia penna. Non ho mai partecipato ad azioni armate. Non sono d’accordo con chi sostiene la lotta armata, se vi sono altri metodi pacifici per reclamare diritti ed esprimere i nostri desideri e le nostre aspirazioni.

Ora che, sotto la presidenza del “moderato” Hassan Rouhani, la comunità internazionale ha accreditato l’Iran di aver avviato “un nuovo corso”, le esecuzioni possono andare avanti senza la minima protesta della diplomazia.

Restano gli appelli delle organizzazioni non governative per i diritti umani. Uno di questi ha ottenuto, il 3 febbraio, il rinvio di un mese dell’esecuzione di Farzaneh Moradi, la “sposa bambina”, condannata a morte per l’omicidio del marito, che era stata obbligata a sposare a 15 anni, e che era diventata madre a 16 anni.

Inizialmente Farzaneh si autoaccusò dell’omicidio del marito sperando nel perdono della famiglia di quest’ultimo. Vi sono forti sospetti che l’autore dell’omicidio sia stato in realtà un certo Saeed, un ragazzo di cui Farzameh si era innamorata e che avrebbe voluto sposare. Di Saeed, ovviamente, si sono perse le tracce e e così una vittima di matrimonio forzato ha rischiato di essere vittima di un’esecuzione. Rischio scongiurato, ma solo per il momento.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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