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Intervista a Fabio di Chio, "l’infiltrato" secondo Repubblica

Fabio di Chio è un giornalista di cronaca nera, lavora a Il Tempo di Roma.
E’ un professionista da anni, abituato a stare in questura ad aspettare qualche notizia, in strada a raccogliere informazioni, dettagli. E’ un giornalista che non ha perso l’abitudine di stare in mezzo ai fatti e non aspetta i lanci dell’Ansa per scrivere le sue storie. E’ uomo di nera, con tutti i pericoli del caso.

Da sabato, sul sito di repubblica.it è stato segnalato in una foto, durante gli atti vandalici in Via Cavour. Un cerchio sul suo viso e una didascalia fastidiosa, che poneva il quesito di chi fosse quell’uomo immobile. Una domanda semplicissima , elementare, ingenua, che se non fosse stata posta in quelle ore, in quel luogo e in quel momento sarebbe stata quasi innocente.

Ma quella domanda e quel cerchio, sabato sera, era intriso di mille significati, di mille accuse velate, di mille sospetti. Quando la foto è girata in rete, quella domanda si è trasformata in una sentenza per molti. Dentro a quel cerchio rosso c’era il volto di un infiltrato, di un poliziotto in borghese, di uno dei servizi segreti. Si è letto di tutto in giro.

Si è cercato di far correggere l’enorme sbaglio da sabato sera, ma solo ieri, in silenzio, senza rettifiche evidenti, senza scuse pubbliche uno dei più influenti giornali italiani, ha specificato la vera identità che si celava dentro a quel cerchio rosso. Come nulla fosse successo, come tutto fosse normale. Come se realtà o fantasia non siano a volte un gioco pericoloso sulla pelle di chi si è visto vestire di panni non suoi.

Fabio di Chio è un giornalista di cronaca nera, lavora a Il Tempo di Roma e ha la barba incolta e non finta.

Da “uomo di nera” a “uomo nero”: in un momento così delicato, come è stato possibile un errore di questo tipo da parte di Repubblica.it uno tra i giornali online più letti?

Bisognerebbe chiederlo a Repubblica

La foto-notizia, ha letteralmente dipinto la notizia e così, oltre a “nero” l’hanno affrescata anche “impassibile”. Ma lei, in quei momenti cosa provava?

Forse sarà che ai fattacci dopo un po’ si fa il callo. E’ facile aspettarsi che durante una manifestazione possa accadere qualcosa, quindi se poi succede non sorprende. L’unica cosa che mi ha colpito è stato aver visto dei giovanissimi accompagnati da giovanissime accanirsi con tanta rabbia. Il contrasto era forte: come fanno persone così giovani a provare una furia che sembra così vecchia, covata da un pezzo? Da dove viene? Sarebbe stato interessante sentire il malessere di chi ha sfilato. Ma la violenza gli ha tappato la bocca.

Quanto si rischia ad essere dentro la notizia in momenti del genere?

Si cerca di essere osservatori, provando a stare laddove si verificano i fatti. Quando capita di essere coinvolti vuol dire che forse qualcosa non è andata nel verso giusto, come stavolta per esempio.

Secondo lei perché, sapendo chi era, hanno lasciato fermentare la notizia per così tanto tempo?

Ripeto, toccherebbe chiederlo a quelli di Repubblica che sono andati dietro a questa storia-non storia. 

La “rettifica” è avvenuta in sordina solo oggi, con due battute e meno clamore rispetto all’identità che le hanno creato. Non vedendo delle scuse pubbliche ha almeno ricevuto delle scuse private sull’accaduto?

Non parlerei di smentita ma di precisazione. Per quanto riguarda le scuse, non ne ho ricevute: forse le hanno fatte ma alla persona sbagliata.

Chiederà dei danni per la sua immagine?

E’ antipatico chiedere i danni, specie a chi fa il tuo stesso lavoro. Dipenderà da quanti “danni” mi creerà questa panzana.

La colpa è da ricercare anche verso chi smania “dietrologia” in ogni cosa?

Non so come si sia arrivati a pestare l’errore. Dalle reazioni che ho letto in giro però è stato evidente che di dietrologia se n’è fatta tanta e a sproposito.

Non è semplice essere marchiati per quello che non si è, soprattutto quando il “chi non si è”, è l’infiltrato, lo spione, l’uomo dei servizi. La sua foto già ieri era circolata in ambienti legati ai centri sociali. Ha paura di essere contrassegnato come “nemico del popolo”?

Il nemico è colui in grado di offendere il suo avversario e ne ha la volontà, io tento di raccontare quello che vedo e sento, non ho intenzioni né bersagli da colpire a priori. E’ il vantaggio della “nera”: i morti sono più onesti dei vivi. Firmo quello che scrivo e di questo posso rispondere in prima persona. Quindi mi sembra difficile essere un nemico del popolo in conto terzi, per aver recitato un ruolo che mi hanno attribuito altri.

Il popolo viola dice che lei “probabilmente è un giornalista de Il Tempo, legato ad ambienti di estrema destra” e che addirittura, il suo collega ha faticato a riconoscerla. Quanto possono influire affermazioni di questo tipo in questo momento storico e soprattutto quanto hanno influito nella sua vita?

Quanto una risata.

Lei che ha annusato la guerra, visto la violenza, il sangue, la lotta come crede che finirà (se finirà) questa battaglia?

Non so se sia solo l’inizio. Credo dipenda dagli eventi futuri.

Lei potrebbe essere considerato un esempio dell’esistenza di regie occulte dietro a comportamenti di un certo tipo dentro e fuori la rete?

Per carità, al massimo di cattivi registi e di pessimi sceneggiatori.

Cosa vorrebbe dire ai colleghi di La Repubblica?

Mi dovete un caffè.

 

(Alessandro Ambrosini e Marina Angelo)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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