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Le complicità degli operatori Telecom nel Datagate e il rapporto Vodafone

Un leak di Edward Snowden finora inedito svela la complicità delle compagnie telefoniche nelle operazioni di controllo e intercettazione dei governi di mezzo mondo.

 

Quando la Vodafone arringava i consumatori italiani con lo slogan Tutto intorno a te, diceva il vero. 

Le rivelazioni arrivate nei giorni scorsi rimettono al centro dell’opinione pubblica lo scandalo Datagate, una bomba che scoppia in Regno Unito, ma investe con forza anche il nostro Paese: le agenzie governative hanno accesso ai cavi degli operatori telecom attraverso cui passa il traffico dati telefonico e web. 

Tutto comincia con una costola del Datagate, un leak sgorgato direttamente dal bottino di informazioni top-secret diffuse da Edward Snowden un anno fa, ma rimasto segreto fino al 3 giugno scorso, quando The Register, a firma di Duncan Campbell, ha pubblicato l’informazione. Ciò che viene svelato riguarda i dettagli dell’operazione “CIRCUIT”, da cui emerge che i servizi britannici hanno una base (non più) segreta situata a Seeb, nel nord dell’Oman, per intercettare i cavi sottomarini che veicolano Internet e che passano per lo stretto di Hormuz, tra Iran e Penisola Arabica.

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La base segreta di Seeb

La base di Seeb (nome in codice “TIMPANI”) è solo uno dei tre siti del GCHQ in Oman, postazioni strategiche che consentono di monitorare le comunicazioni in Iraq e in Yemen. Tali informazioni sono classificate “strap 3”, ovvero tre livelli sopra il segreto. A fornire i dati e l’accesso ai cavi al GCHQ sono BT, compagnia di telecomunicazione inglese, e Vodafone: entrambe le compagnie, secondo quanto riporta sempre The Register, per il "disturbo" avrebbero ricevuto divese decine di milioni di sterline all'anno (informazioni “strap 2”, due livelli sopra il segreto). 

Lo scorso anno il Guardian aveva rivelato l’esistenza del sistema TEMPORA, ovvero il programma attraverso il quale le agenzie governative ascoltavano le conversazioni private dei cittadini di mezzo mondo: i dati diffusi erano classificati di livello “strap 1”.

Tirata in ballo nello scandalo, Vodafone rompe il silenzio, pubblicando il primo Law Enforcement Disclosure Report, in cui si spiega il funzionamento dei meccanismi di intercettazione, rivelando - ma solo laddove previsto dalla legge - la quantità di intercettazioni portate a termine da Vodafone per conto del governo. Il report, secondo quanto sostenuto da Vodafone, sarebbe in preparazione da mesi. 

I dati di Albania, Egitto, Ungheria, India, Malta, Qatar, Romania, Sud Africa e Turchia, ad esempio, non compaiono nel report, in quanto contrario alle norme vigenti in quei Paesi. Il dato sull'Italia, che è al primo posto con 141mila intercettazioni nel 2012, contro le 2,760 del Regno Unito, non stupisce perché è da sempre disponibile: nel nostro Paese tali informazioni vanno divulgate per legge, e infatti sono disponibili sul sito del Ministero della Giustizia. La novità è un'altra: il coinvolgimento di Vodafone.

Nel report, la compagnia rivela quali sono i governi che chiedono più informazioni: dopo l’Italia (prima con 606mila richieste di dati: le intercettazioni sono molto più numerose che negli altri Paesi per via delle azioni antimafia), la Repubblica Ceca (196mila) e Malta, che pur avendo solo 3,773 richieste di dati, con una popolazione di soli 420mila abitanti si aggiudica il titolo di Paese più spiato.

Vodafone e gli altri operatori telefonici non conoscono l’identità dei soggetti che intercettano, ma la pubblicazione di questo report rompe il silenzio sugli accordi tra governi e compagnie telefoniche. L’ironia che toccò in sorte all'intelligence degli Stati Uniti lo scorso anno, quando le intercettazioni furono a loro volta intercettate da Edward Snowden e sbandierate dalla stampa, presenta qui un dettaglio importante in più: la compartecipazione delle aziende private di comunicazione (che dispongono delle strutture tecniche adeguate) al massiccio meccanismo di controllo operato nei confronti dei cittadini.

Tutto intorno a voi.

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.243) 8 giugno 2014 15:47

    argomento molto interessante, ma articolo poco chiaro.

    Tanto per fare un esempio: il record italiano di intercettazioni non riguarda la totalità delle intercettazioni. In Italia si fanno più intercettazioni legalmente autorizzate (normalmente per indagini anti mafia), ma noi non sappiamo quante siano le intercettazioni NON autorizzate: il totale delle intercettazioni in Italia potrebbe essere basso rispetto ad altri paesi, come potrebbe essere invece il più alto anche per le intercettazioni illegali.

    Altro esempio: normalmente si ritiene che la raccolta di metadati non sia molto lesiva della privacy e che la violazione grave sia soltanto la registrazione e l’analisi dei contenuti. Invece il quadro completo di con chi, come, quando, da dove un soggetto comunica può essere più informativo del contenuto e cmqe individua i soggetti da spiare anche nei contenuti e ne agevola l’analisi e comprensione.
    GeriSteve

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