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Inquinamento | In Campania è ora di dire basta ai veleni, è tempo di sanare

“Lentamente muore chi….respira aria calena!” Così recita un verso riportato su un piccolo cartello, un grande striscione campeggia con un toro rosso al centro, un antico simbolo di prosperità e fecondità dell’Agro Caleno, ai lati vi è scritto, “Basta impianti! Ora è tempo di bonifiche. Terra di lavoro ha già dato!” vicino, un drappo bianco a mo’ di vessillo, su cui si erge sopra un San Giorgio a cavallo che sconfigge un drago nero con il corpo di un’industria, a rappresentare i veleni e l’inquinamento, subito dietro seguono molte mamme, genitori, insegnanti e soprattutto tanti bambini.

di Luca Cellini

Basta impianti Agro Caleno
Sono questi i principali messaggi e le persone simbolo della manifestazione che si è svolta domenica 28 ottobre, a Pignataro Maggiore, nella zona Calena, a Nord Est della provincia di Caserta, una manifestazione corteo della comunità di persone che vive nell’area che dice basta, No al progetto di costruzione di ulteriori impianti per il trattamento di rifiuti pericolosi e nocivi, rifiuti provenienti principalmente dalla produzione industriale. Impianti spesso realizzati in nome di un’emergenza paventata a fronte della gestione dei rifiuti civili, quando invece questi rappresentano meno del 20% del totale dei rifiuti prodotti, il restante oltre 80% sono scarti di produzione dell’industria.

La popolazione che ha sfilato, racconta di una storia fatta di migliaia di morti di tumore, di neoplasie, una striscia lunghissima di vergogna di malati che non possono neanche più accedere al sacrosanto diritto alle cure, ciò a causa alle politiche degli ultimi 30 anni, quelle dei tagli ai servizi pubblici essenziali da una parte, come la salute ad esempio, e dall’altra fatta di sprechi inutili, di soldi erogati che finiscono nelle mani di pochi, col solito giro di tangenti, che di fatto ha compromesso pesantemente l’intero sistema sanitario di tutta la zona campana. Una storia che si può leggere persino sui volti delle persone di questa area, dove tutti hanno perso una o più persone care per via dei veleni.

Un intero territorio, un tempo abitato da greci, dai misteriosi pelasgi e dagli etruschi, dai loro fratelli oschi, dai sanniti e successivamente dai romani, una zona ricchissima di storia e straordinaria per la sua bellezza, che un tempo era famosa per la qualità delle sue acque minerali e dei suoi vini pregiati, tutta un’area chiamata Campania Felix, che stava a Nord di Napoli, il cui nome racchiudeva l’essenza stessa di quei luoghi, un posto felice.

E’ la storia di un territorio quello del Nord del casertano e dell’agro caleno, di una comunità intera di centinaia di migliaia di persone, prima abbandonati a se stessi da uno Stato di fatto inesistente, ma che spesso ha saputo prendere voti e mazzette a piene mani, accordandosi con le mafie locali.

Un territorio che di per sé sarebbe una perla, avvelenato da oltre 30 anni di abusi, per lo più proprio a causa dei rifiuti provenienti dalle produzioni industriali del “prosperoso” Nord Italia, quello che qualcuno mette davanti con la frase “Prima il Nord” certo, il Sud può anche morire.
Politiche imprenditoriali miopi e fallimentari, spesso criminose e conniventi che hanno fatto sì, grazie alle mafie locali e alla compiacenza dei politici dell’area, di poter esportare in tutta l’area, milioni e milioni di tonnellate di rifiuti di provenienza dell’industria del Nord, che ha smaltito i propri scarti a basso costo facendo pagare il resto del prezzo alla popolazione dell’area, compromettendone la salute, un’intera comunità che ha respirato, bevuto, mangiato e convissuto con i veleni da oltre 30 anni.

Il prezzo pagato dalle persone è davanti agli occhi di tutti, in Campania si va avanti dal 2017 con oltre 30.000 nuovi casi di tumore all’anno. I veleni sono passati ovunque, da una parte attraverso l’aria, con i roghi di matrice dolosa degli ultimi anni, prese di mira discariche, siti di stoccaggio di rifiuti speciali, capannoni, dove ha bruciato di tutto e in special modo hanno bruciato veleni, diossine e scarti industriali altamente inquinanti, con gli inceneritori dall’altra, ancora più inquinanti del normale, poiché spesso privi di manutenzione e di adeguati sistemi di filtrazione, poiché qualcuno ovviamente, deve guadagnare anche sulla scarsa manutenzione a spese della salute della gente.

Dall’altra i veleni sono passati via terra con centrali di smaltimento come la Centrale Calenia ad esempio, a cui aggiungiamo la discarica di rifiuti tossici e industriali della ex Pozzi attaccata alla centrale, una tra le discariche illegali di rifiuti speciali e pericolosi più grandi d’Europa. Dopo le varie denunce i pochi interventi di bonifica dei mesi scorsi sono serviti solo per spegnere le fumarole, il grosso degli agenti cancerogeni e nocivi è ancora seppellito sotto i piedi della popolazione, appena sotto un sottile velo di terra, infine i veleni sono passati anche attraverso l’acqua purtroppo, di cui tutta la zona è ricca e fino a poche decine di anni fa considerata di altissimo pregio, falde e corsi d’acqua infiltrati da sversamenti di vario tipo.


Quello che poi è accaduto nei mesi estivi di questi ultimi tre anni, con continui roghi, l’ultimo di ieri, appare come una precisa manovra criminale, mossa spesso per creare emergenza e giustificare la messa in campo dispositivi di emergenza, atti poi a dare carta bianca a procedure sospette, a interventi tampone, per aprire a tutta forza i rubinetti dei fondi pubblici statali ed europei, i famosi soldi a pioggia, su cui i soliti noti metteranno le mani senza realizzare nessuna forma di miglioramento né per la gestione dei rifiuti né tanto meno per la salute, la cura e il benessere della popolazione.

Un quadro generale quello dell’area calena e casertana che necessiterebbe di agire immediatamente per porre fine al biocidio, per arrestare almeno in parte l’impennata dei casi tumorali, le decine di migliaia di morti che si susseguono a causa dell’inquinamento ambientale, invece che dare il via libera a nuovi impianti di stoccaggio e trattamento di rifiuti, come annunciato dal Governatore Vincenzo De Luca. Serve invece attivare immediatamente un piano di bonifiche immediate e sotto controllo e verifica popolare, opere per sanare il territorio, per chiedere l’abbattimento dei siti inquinanti, in un’area già fortemente compromessa che ha bisogno urgente di cure non di ulteriore abusi e veleni.

Dei due impianti previsti, a Pignataro uno è di stoccaggio dei rifiuti industriali, l’altro, un impianto per il lavaggio dei fanghi altamente tossici della cosiddetta “Terra dei Fuochi”, due progetti che dalle comunità locali sono stati percepiti come ennesimo atto di violenza e di prevaricazione ai danni di un territorio già oltremodo compromesso dall’inquinamento, martoriato da patologie legate all’insalubrità dell’aria, delle terre e delle falde acquifere.
Per questi motivi, per non soccombere alle politiche criminali e conniventi di mafie, industria e politica locale corrotta, oggi la popolazione dell’area ha mosso un primo importante passo per dire, “non ci arrendiamo”, per gridare forte, “rivogliamo indietro il nostro territorio” da troppo tempo ostaggio dell’interesse di pochi che guadagnano e fanno affari sulla pelle e sulla salute delle persone che ci vivono.

La storia recente di Pignataro e le vicende delle ultime settimane stanno dando la forte percezione che è possibile e necessario mettere in piedi un fronte comune che vada oltre le possibili divisioni e accomuni tutti per opporsi con successo a questo ulteriore attacco alla salute delle persone da parte della Giunta De Luca, perché adesso è tempo di bonifiche, adesso è tempo di sanare le molte offese subite da un bellissimo territorio, ancora ora colmo di storia, di fascino, di bellezze naturali, di opere d’arte, di produzioni agricole di qualità.
Il Governatore della Campania Vincenzo De Luca lo scorso 8 di ottobre, in risposta alle proteste sollevate dalla popolazione aveva vergognosamente dichiarato: “Il tumore? Malattia sgradevole ma curabile nel 99% dei casi”. “Una malattia sgradevole” l’ha definita il governatore, denunciando oltre a una paurosa insensibilità verso le ormai centinaia di migliaia di casi nella regione Campania, anche un’abissale ignoranza, facendo riferimento a non si sa bene quali dati, definendoli come curabili nel 99% dei casi, facendo attenzione però a non citare il dato di mortalità a medio e lungo termine.

Affermazioni che dovrebbe avere il coraggio di ripetere guardando negli occhi le migliaia di ragazzi rimasti orfani, donne e uomini che hanno perso mariti e mogli, senza contare i genitori delle migliaia di bimbi affetti da neoplasie. Ovvio che altro non potesse affermare, chi in questi anni, come De Luca e la sua giunta, hanno provveduto smantellare la sanità campana, rendendo la prevenzione di fatto impossibile e le cure un vero calvario.

Con il “Piano di Rientro”, la Regione Campania ha dimezzato molti servizi, la maggior parte degli investimenti sono stati utilizzati per acquistare apparecchiature all’avanguardia che poi spesso vanno in uso a chi fa libera professione medica, ovvero sanità privata, penalizzando centri di eccellenza nella cura di queste patologie come l’Istituto Pascale e le Università. Proprio a causa di queste politiche, oggi, molti malati di tumore della zona calena e casertana, oltre a dover subire il danno, sono persino costretti alla beffa dovendosi spostare nel Nord Italia per poter ricevere le cure necessarie, o altri ancora a morire abbandonati da tutti, perchè si astengono dal curarsi per via di un diritto alle cure e alla salute che di fatto in questa zona pare non esistere più.

Per questi motivi vitali, le comunità di questo territorio hanno cominciato a lottare e rialzare la propria testa, manifestando oggi in quello che speriamo sia solo l’inizio di una lunga stagione di lotte per il diritto alla salute e in definitiva per il diritto ad esistere.

La manifestazione organizzata dal Movimento #bastaimpianti Agro Caleno e sostenuta da molte associazioni e comitati dell’area campana è partita nel primo pomeriggio da Pignataro Maggiore per poi raggiungere l’area dell’ex zuccherificio Kero’, dove è previsto sorga uno degli impianti, e si è conclusa con un atto simbolico piantando due alberi, a significato di protezione dell’ambiente e a simbolo di rinascita.

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