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Incontro con Piergiorgio Odifreddi (prima parte)

Abbiamo incontrato Piergiorgio Odifreddi, per parlare del suo ultimo libro “La via lattea”, uscito a Novembre in libreria. Ne è nato un incontro affascinante, in cui il discorso è spaziato dalla sua esperienza di viaggio lungo il Camino de Compostela all’architettura religiosa, dalle considerazioni sulla religione di un ateo razionalista alle tradizioni religiose occidentali. In questa prima parte, Odifreddi ci racconta del libro e dei personaggi che hanno contribuito alla sua realizzazione.

La via lattea è il titolo dell’ultimo libro di Piergiorgio Odifreddi, nelle librerie da poco prima di Natale. É un lavoro a quattro mani, realizzato con Sergio Valzania, conduttore di Radio Rai e cattolico convinto che insieme all’illustre matematico, ateo, razionalista, racconta l’esperienza dei due lungo il percorso del Camino de Compostela.
 
- La Via Lattea è un’espressione che non ha nulla a che fare con la nostra galassia. È semplicemente il modo in cui Camino de Compostela viene chiamato in Spagna. Si tratta di un pellegrinaggio classico che si fa da vari secoli verso la tomba dell’Apostolo Giacomo. Tomba naturalmente fasulla, nessuno crede – almeno io non credo – che vi sia nulla laggiù. Una volta, si partiva dai luoghi dove vivevano i pellegrini e si arrivava fino a Santiago. Oggi si arriva in treno o in aereo fino a un certo punto e poi di lì si va a piedi fino al santuario. Siamo partiti dai Pierenei, da Roncisvalle, passando per Burgos e Leòn e sono circa 780 chilometri, distribuiti in 30-33 giorni di viaggio.
Ero accompagnato da Sergio Valzania, col quale è stata realizzata una trasmissione su RAI Radio 3; ogni giorno veniva trasmessa una puntata corrispondente a una tappa del viaggio. Da Roncisvalle a Burgos sono stato accompagnato da Sergio Valzania, che è stato sostituito da Burgos a Leòn da Franco Cardini, lo storico medievalista. Nell’ultimo tratto Valzania ha ripreso il cammino insieme a me fino a Compostela.-
 
Sergio Valzania, quasi un Virgilio che ha accompagnato l’ateo lungo il pellegrinaggio...
 
- Era più una croce che un accompagnatore di questo genere. I cattolici sono un po’ monomaniacali: per loro qualsiasi cosa succeda è sempre un po’ l’espressione della volontà di chi sta sopra. Però, è stata una cosa divertente, perchè i luoghi sono molto belli: era primavera, eravamo in maggio. L’idea era di seguire il modello di un film di Buñuel della fine degli anni sessanta, “La via lattea”, in cui due pellegrini partono dalla Francia e arrivano a Santiago dove non trovano nulla. Nel film si scopre infatti che la tomba dell’Apostolo Giacomo in realtà contiene i resti di un locale sobillatore eretico. L’idea del film era quella di presentare due pellegrni che discutono, duelli verbali di natura teologica. Buñuel ripercorre in questo modo la storia delle eresie e dei dogmi della Chiesa Cattolica. Anche se noi non abbiamo seguito proprio lo stesso copione, abbiamo cercato di presentare due visioni diverse e contrapposte del mondo: una atea e razionalista che impersonavo io e l’altra irrazionale, religiosa e fideistica impersonata da Valzania e Cardini.-
 
Quindi, le rispettive posizioni al termine del viaggio sono rimaste invariate.
 
- Ci mancherebbe altro che dopo una semplice passeggiata per i campi uno si scoprisse religioso. Tra l’altro, non è la prima volta che vivo esperienze di questo genere: ho partecipato a pellegrinaggi in India, che pur essendo più brevi erano anche più faticosi, ad esempio in montagna. Il pellegrinaggio di Compostela è molto rilassante, anche se si tratta di percorrere in media circa venticinque chilometri al giorno per un mese di seguito. Questo accumula fatica, bolle ai piedi e qualche altro disagio Non presenta comunque grandi difficoltà e questo è uno dei motivi per cui vi sono pellegrini di tutte le età lungo il cammino, tutti in grado di rispettare i tempi canonici. Ho incontrato molte persone anziane che ‘si trascinavano’, ma che ho sempre ritrovato alla tappa successiva. Magari, c’è chi impiega qualche ora in più, ma all’arrivo ho ritrovato quasi tutte le persone incontrate lungo il percorso.
Certo, se uno lo fa gratuitamente, anche nel senso metaforico della parola, senza alcuna motivazione viene da chiedersi: ‘chi te lo fa fare’? Per me era come un lavoro, nel senso che dovevo realizzare questa trasmissione radiofonica ogni giorno; sapevo che avremmo scritto un libro di conversazioni su fede e scienza o fede e ragione, questa era la mia motivazione.-
 
I luoghi attraversati, per Odifreddi, non hanno rivestito quindi un significato “romantico”, percorsi per giungere alla meta, al santuario. Sono stati soltanto luoghi attraversati, in senso materiale..
 
- Sul percorso le uniche cose che si vedono sono quelle che ci sono, l’ambiente naturale, le colline, le vigne, le piante, i boschi di eucalipto e così via. D’altra parte, altro non c’è al mondo.
C’è qualcuno che pensa di vedere qualcos’altro, ma è la stessa sensazione di coloro che si siedono in una stanza e alcuni vedono la realtà, mentre altri hanno preso una pasticca o si sono iniettati qualcosa in vena; poi magari dico: ”mentre voi eravate lì seduti, io ho visto questo e quello”.
Credo che nel cammino ho avuto lo stesso atteggiamento, vedevo quello che c’era: la Natura, che oltretutto per molti è una divinità. Ho continuato per tutto il mese in maniera un po’ blasfema, mentre loro parlavano di Gesù Cristo e Cristianesimo, a dire “certo, ho il mio dio, che è quello di Spinoza, e quello sicuramente c’era.” Sul Camino de Compostela, se c’era un dio visibile era sicuramente la Natura.-
 
Mi stavo infatti chiedendo come abbia potuto conciliare il suo spirito ateo con quello dei pellegrini cristiani e cattolici, che hanno deciso di fare il pellegrinaggio fortemente convinti delle loro posizioni.
 

- Credo che ci sia ogni genere di pellegrino: dal fanatismo di coloro che non si fermano mai, alla ricerca di chissà che, a quello puramente edonistico; coloro che vanno a farsi una lunga scampagnata.
Io penso che ci siano motivazioni diverse; molte persone decidono di intraprendere questo pellegrinaggio, partendo da casa, lasciando il lavoro o la famiglia e se ne vanno per un mese o più a camminare e spesso soffrire per queste strade. Si portano dietro problemi psicologici e non è stupefacente che queste cose a volte abbiano effetti “inaspettati”.
C’è anche una motivazione abbastanza deterministica: si cammina con persone che si continua a rivedere, per cui è abbastanza naturale che nascano amicizie, soprattutto fra coloro che lo fanno credendoci veramente. Noi lo abbiamo fatto un po’ “da fighetti”: siamo arrivati in aereo a Roncisvalle, e soprattutto avevamo un supporto tecnico, che ci doveva consentire di condurre le trasmissioni; materiali, telefoni, cuffie. C’era un pulmino che partiva al mattino e arrivava in anticipo sui luoghi in cui avremmo pernottato.
Questo era una comodità ma rappresentava anche uno svantaggio; è chiaro che i pellegrini “normali” camminano quanto vogliono e quando sono stanchi si fermano. Noi, invece, dovevamo arrivare per forza nei punti prestabiliti, perché altrimenti ci sarebbe stato un effetto domino che avrebbe rovinato tutti i piani.
Abbiamo visto che i veri pellegrini dormono negli ostelli, ovviamente sono costretti a una promiscuità anche fisica. Si tratta di ricoveri molto “rudimentali”, camerate con letti a castello, in cui dormono insieme anche trenta o cinquanta persone. Simili situazioni favoriscono un’intimità anche fra sconosciuti. Non bisogna essere iper-romantici, ma del resto queste cose succedono anche ai meeting del Papa: lui va a predicare l’amore cristiano contro gli anticoncezionali e il giorno dopo, com’era successo a Torvergata, si passa a raccogliere tutti i “resti”. Certo, non c’è solo quello, non ci si deve stupire, ma c’è anche quello.

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