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In Siria l’informazione continua a morire

Qualche settimana fa ci occupammo della repressione dei citizen journalist, degli attivisti e dei netizen in generale in Siria. Non sono passati neanche pochi giorni e la CNN riporta la testimonianza di un attivista siriano - che ha chiesto di rimanere anonimo per questioni di sicurezza – il quale denuncia l’arresto e forse la tortura di Ali Mahmoud Othman (nella foto), attivista, citizen journalist, uno dei responsabili del Media Center di Homs.

“Crediamo che Ali sia stato sottoposto a torture. La vita dei nostri attivisti e citizen journalist in tutto il paese sia ora a rischio” ha dichiarato l’attivista. Othman è una figura importante per i giornalisti occidentali in Siria.
 
Sempre la CNN, infatti, riporta che il giornalista siriano sia stato fondamentale nel mettere in salvo Pat Conroy, fotografo inglese ferito nell’offensiva di Baba Amr. Fu proprio lui, infatti, a permettere al fotografo di fuggire da Baba Amr, come il fotografo spiega alla CNN nel video sotto. Ma Othman è stato importante anche per altri giornalisti presenti in Siria.
 
Il 26 marzo, invece, Jawan Mohamed Qatna, citizen journalist e attivista curdo in Siria, è stato rapito, torturato e infine ammazzato, come ha denunciato Reporters without Borders. Il giornalista copriva solitamente le manifestazioni nelle principali regioni curde e spesso forniva fotografie a diversi media.
 
Scrive RWB:
“Il rapimento, la tortura e l’uccisione sono diventate pratiche quotidiane, soprattutto da parte delle milizie legate al governo. Il Rappresentante speciale per la Siria, Kofi Annan, deve riconoscere questi abusi nelle sue relazioni per mettere fine alla violenza e condurre un’indagine al più presto possibile”.
Una situazione, quella siriana, che si fa sempre più complessa per i cittadini e chi deve raccontare quello che succede su un territorio in cui spesso sono foto e videoamatori piuttosto che attivisti, blogger e citizen journalist i pochi in grado di raccontare quello che succede. Reporters without Borders ha stilato una lista di giornalisti e attivisti che sono ancora detenuti o di cui non si conosce la sorte. Tra di loro vi è anche l'attivista Noura Al-Jizawi, membro del Syrian Revolution General Commission (coalizione all'opposizione) e del Flash News Network, nonché collaboratrice del giornale Hurriyat, per la quale è scattata una mobilitazione twitter da seguire con l'hashtag #Freedom4Noura.
 
Ma proprio la situazione difficile e la susseguente carenza di inviati professionisti, nonché qualche grossolano passo falso dei citizen journalist locali hanno insinuato qualche dubbio sulla complessiva informazione "citizen". David Carr in un post di fine febbraio su Media Decoder, blog sui media del New York Times, rilevava come la mancanza di un’informazione “professionista” fosse una forte carenza nel circuito informativo:
I video che arrivano dalla Siria sono importanti, ma senza la lente del giornalista non sono sufficienti. La guerra richiede una testimonianza che vada oltre il cliccare su un video su Youtube 
E poco prima lo stesso Carr sottolineava la mancanza di contesto dietro un video grezzo: “Dove siamo? Chi sta girando il filmato? Quali interessi sono in gioco?”.
 
Proprio poche settimane dopo, Channel 4 ha scoperto che un video amatoriale inviatogli dalla Siria era stato manomesso (era stato aggiunto del fumo) da chi l’aveva girato, per ottenere, a detta dell'autore, maggiore attenzione da parte degli osservatori occidentali, ma questi, dice il Washington Post “non si è scusato con Channel 4, sostenendo che la città era sotto assedio e che i ribelli avevano bisogno che il mondo ne prendesse atto”. Subito dopo il quotidiano spiega, però, come “il citizen journalism sia stato vitale per la rivolta in Siria, un paese nel quale sovente ai giornalisti stranieri non è stato permesso entrare, o sono uccisi mentre la raccontano”. A Carr risponde Matthew Ingram dalle colonne di GigaOm riaffermando la semplice considerazione che giornalismo tradizionale e citizen non sono, o almeno non dovrebbero essere, in competizione, come spesso succede quando ci si approccia al problema:
“Citizen Journalism e lo sviluppo dei social media non significa che non abbiamo più bisogno dei tradizionali corrispondenti esteri, o del giornalismo tradizionale. Se proprio dobbioamo dire qualcosa, abbiamo bisogno di questo genere di competenza ora più che mai. Ma il corrispondente di guerra globe-trotter non è il solo quando il tassista può riportare la notizia di un bombardamento facilmente quanto farebbe una crew della CNN, e formare questa nuova categoria di curator journalist (l’autore in precedenza fa riferimento al lavoro “social” di Andy carvin della NPR, ndr) può richiedere l’ausilio di twitter o YouTube invece del giubbotto antiproiettile. Alla fine, quindi, come Jay Rosen ha detto più volte, il giornalismo è migliore quando sono più persone a farlo”.
Insomma, gli errori ci sono stati e certamente quella citizen è spesso una visione parziale e di parte (ne parla lo stesso Ingram nel pezzo) ma è indubbio che il lavoro degli attivisti e le loro foto e i video sono una testimonianza importante per raccontare quello che i media tradizionali hanno difficoltà a raccontare. E le situazioni del genere, e i paesi in cui succede ciò, sono diversi. In Siria è una lotta quotidiana che neanche in questi giorni, dopo che Damasco si è impegnata per un cessate il fuoco, trova tregua. E capita che siano gli stessi giornalisti dei grandi media a dover posare l’armamentario professionale e adeguarsi alla situazione. E’ successo ad un giornalista di Al Jazeera che ha girato, in incognito, un documentario dalla Siria girato totalmente con un iphone, nonostante i divieti che vigono in terra siriana. Il video si chiama “Syria: Songs of defiance”:
“Con le telecamere di Al Jazeera vietate in Siria, era molto difficile e pericolosousare una videocamera, ma è riuscito a usare un telefonino. Con la sua piccola videocamera, filmando segretamente negli incroci della città, attraverso i finestrini di un’auto e dietro porte chiuse, è stato in grado di raccogliere immagini che rivelano lo straordinario coraggio di gente comune”

 

Credits Foto: screenshot CNN video

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