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Il tuo fisico è il tuo destino? I somatotipi

La rubrica "Agnelli Vegetali" ci porta a scoprire la storia di William Herbert Sheldon e dei somatotipi da lui ideati.

di Gianluca Liva

 

 

I somatotipi sono un sistema di classificazione delle caratteristiche morfologiche e fisiche dell’essere umano. Questa classificazione biotipologica stabilisce l’appartenenza di un individuo – in base al sua aspetto – a un preciso somatotipo.
Le pratiche per misurare e valutare il corpo umano risalgono all’antichità, ma è solo a partire dalla metà dell ‘800 che l’antropometria ha iniziato ad affermarsi come disciplina mirata a studiare lo sviluppo e le caratteristiche dei “tipi” di essere umano, nel tentativo di definire somiglianze, differenze e relativi raggruppamenti. L’antropometria è applicata nel contesto della kinantropometria – la scienza del movimento e dello sport – e in vari ambiti di ricerca biomedica. 

Il concetto di somatotipo ha avuto un grande successo a partire dagli anni ‘40 del secolo scorso. Certe applicazioni di questo sistema di classificazione e le sue ricadute sociali sul breve e sul lungo periodo sono state al centro di uno scandalo emerso soltanto nei primi anni ‘90. Il protagonista dell’intera storia è l’ideatore dei somatotipi, William Herbert Sheldon, psicologo statunitense che nel suo volume The varieties of human physique, pubblicato nel 1940, presentò le sue nuove linee guida per la classificazione dell’essere umano. Le idee di Sheldon non erano un’assoluta novità; bensì abbracciavano una lunga tradizione di studi sulla costituzione, intesa come complesso delle caratteristiche morfologiche, funzionali e comportamentali di un individuo.

È dai tempi di Ippocrate (5° secolo a.C.) che lo studio della costituzione ha soddisfatto il nostro desiderio di ordine e riconoscibilità. In molte parti del mondo e in diverse epoche, la classificazione in base a certe qualità fisiche è stata associata – in maniera più o meno fantasiosa e/o scientifica – alla possibilità di ricavare informazioni anche su altri aspetti dell’individuo, fra cui la personalità, il carattere, il temperamento. La medicina costituzionale moderna, al suo principio, non aveva la pretesa di incasellare ogni individuo in una precisa categoria basata su alcuni rigidi parametri fisici. L’intento era quello di ottenere un quadro d’insieme della “coerente variabilità” dell’essere umano. Nel corso della prima metà del Ventesimo secolo, la medicina costituzionale e l’antropometria hanno vissuto un’età aurea. Negli Stati Uniti, nella fattispecie, emerse una corrente di questo campo di studi che introdusse il concetto di “somatotipo”.

Il somatotipo

Dopo la laurea e alcune significative esperienze in Europa, William Herbert Sheldon nel 1936 era diventato professore di psicologia all’Università di Chicago. Due anni più tardi, nel 1938, si trasferì per lavorare nel team dello psicologo sperimentale Smith S. Stevens, all’Università di Harvard. Nel 1940 pubblicò il libro che fece conoscere al pubblico le sue nuove teorie, secondo cui gli esseri umani possono essere raggruppati in tre diversi somatotipi: endomorfomesomorfoectomofro

L’endomofrismo è caratterizzato da un aspetto curvilineo, frutto di una maggiore presenza di tessuti adiposi. Il mesomorfismo è dato da una preponderanza di sviluppo muscolare e osseo. L’ectomorfismo, invece, si riferisce a un corpo esile e longilineo. 

Per descrivere e catalogare la variabilità tipologiche, Sheldon suggeriva di usare una combinazione di tre numeri. A ogni essere umano viene assegnato un punteggio da 1 a 7 per ciascun somatotipo. Per semplificare la visualizzazione grafica di questa catalogazione, Sheldon propose di servirsi di un triangolo. All’apice si trova il somatotipo 1-7-1, corrispondente al massimo punteggio di mesomorfismo. Sul vertice di sinistra si colloca il somatotipo 7-1-1 (il massimo endomorfismo) mentre sul vertice di destra prende posizione il somatotipo 1-1-7 (il massimo ectomofrismo). È in questo modo, grazie ai somatotipi, che la popolazione poteva essere raggruppata in base alle sue tre componenti prevalenti.

Sheldon era convinto che ogni tripletta numerica sintetizzasse le caratteristiche costitutive di un individuo. Queste caratteristiche, secondo Sheldon, sono ereditarie, innate e immutabili nonostante possibili variazioni di peso. In base alla dottrina dei somatotipi, il fisico è la “capsula” in cui viaggiamo verso il nostro destino. Si tratta di un paragone molto vago; il quale acquisisce senso solo se si considera il fatto che, quasi subito, Sheldon portò le sue teorie a un nuovo livello, associando a ciascun somatotipo un ben determinato temperamento. In altre parole, il somatotipo poteva descrivere anche l’indole, il carattere della persona.

Sheldon, diventato direttore del Constitutional Laboratory della Columbia University, riteneva che le dimensioni e la forma del corpo di una persona fossero predittivi dei futuri risultati nonché indicatori di intelligenza e valore morale. Le teorie di Sheldon sono descritte in volumi come The Varieties of Temperament (A Psychology of Constitutional Differences) del 1942, Varieties of Delinquent Youth (An Introduction to Constitutional Psychiatry) del 1949 e nel celeberrimo Atlas of Men del 1954, la guida definitiva dei corpi maschili, ordinati secondo i vari sottoinsiemi dei somatotipi, in 88 categorie. L’Atlante degli uomini mostra i corpi di 1.175 soggetti, fotografati nudi in tre diverse pose: di fronte, di lato e di spalle. Le fotografie del libro – a cui sarebbe dovuto seguire lo “speculare” Atlas of Women – erano state selezionate a partire da una base di circa 46.000 immagini simili, scattate ad altrettanti studenti e studentesse iscritti alle università della Ivy League o delle Seven Sisters: i college d’elite del paese.

Le fotografie di nudo non erano una novità ad Harvard o in altri atenei anche meno prestigiosi. Da decenni le raccolte di immagini del corpo umano nudo servivano a fini di ricerca, come nel caso degli studi sui problemi di postura. Sheldon e soci, però, utilizzarono questo database in maniera inedita, spalmandolo sulle loro teorie sui somatotipi e sulle gerarchie sociali. La dottrina dei somatotipi ebbe grande successo nel corso degli anni ‘50 e anche figure celebri come Aldous Huxley (già sostenitore di alcune pratiche di frontiera, come nel caso dell’iridologia) contribuirono a diffondere l’idea di una specie umana categorizzabile alla nascita e predestinata in base all’aspetto esteriore.

Una teoria confutata

Nonostante la popolarità in un contesto globale ancora molto propenso ad accettare le teorie in odore di eugenetica, la dottrina dei somatotipi di Sheldon venne successivamente confutata ed etichettata come inconsistente. Le critiche, in sintesi, riguardavano il fatto che la psicologia costituzionale dei somatotipi non fosse una teoria, ma solo una convinzione di base. Le pubblicazioni di Sheldon e del suo gruppo di ricerca erano mirate a confermare l’assioma che indica un rapporto diretto, inscindibile e calcolabile tra la struttura corporea, l’attitudine dell’individuo e le sue aspirazioni. Fino alla metà degli anni ‘60, questa visione categorizzata dell’essere umano e del suo destino fece breccia a partire dagli ambienti accademici elitari che avrebbero formato numerose figure di spicco negli Stati Uniti e nel mondo. A smascherare l’inconsistenza delle teorie di Sheldon, furono le dichiarazioni di Barbara Honeyman Health, sua principale assistente nel corso della stesura di Atlas of Men. Health dichiarò, infatti, che Sheldon aveva falsificato lo studio in ogni sua parte, selezionando le fotografie “a piacere” per ottenere risultati in linea con la sua idea. La conferma dei metodi fraudolenti con cui erano stati condotte le ricerche, fece precipitare la dottrina dei somatotipi nell’oblio. 

William Herbert Sheldon morì nel 1977. Negli ultimi anni della sua vita coltivò la sua grande passione per la numismatica, diventando il più grande esperto del mondo nel riconoscere un particolare tipo di moneta, il large cent, predecessore del moderno penny. A Sheldon si deve anche la creazione di una scala per la valutazione della qualità di una moneta basata su un punteggio da 1 a 70. È la Scala Sheldon, ancora oggi impiegata da numerosi numismatici. Il suo successo come numismatico, però, non riuscì a dissipare le ombre sul suo passato di ricerca. 

Qualche anno dopo la sua morte si scoprì che nessuna tra le decine di migliaia di persone fotografate nude aveva dato il proprio consenso per l’utilizzo delle immagini per gli studi sui somatotipi. Tra queste persone, risultavano esserci anche numerose figure pubbliche di primo piano, come George Bush, Meryl Streep e Hillary Rodham Clinton. E fu così che, all’inizio degli anni ‘90, esplose lo scandalo.

Che fine avevano fatto le foto?

Un’inchiesta, pubblicata da Ron Rosenbaum nel 1995 sulle pagine New York Times, fece conoscere al grande pubblico la vicenda degli archivi di foto di nudo. L’esistenza di quelle fotografie di nudo era nota da tempo tra gli ex studenti. Molti che avevano frequentato le università d’elite statunitensi dal 1940 al 1970 ricordavano con un misto di imbarazzo e divertimento il fatto che, da qualche parte, ci fosse una fotografia che li ritraeva nudi. Per alcuni, questa sconveniente eredità fotografica, poteva costituire un problema di varia natura. Ron Rosenbaum, nel suo dettagliatissimo articolo, era riuscito a scoprire dove erano conservate le fotografie: nei National Anthropological Archives del Museo di storia naturale di Washington (parte dello Smithsonian Institution). A seguito della “scoperta”, l’imbarazzante archivio venne eliminato per sempre. 

L’inchiesta di Rosenbaum ha permesso di conoscere alcuni dei retroscena della carriera di Sheldon, a partire da questo pluridecennale utilizzo di fotografie di nudo con uno scopo diverso da quello dichiarato. Il merito del giornalista e scrittore statunitense è stato quello di fare luce sui motivi che conferirono a William Sheldon un’autorità tale da permettere un utilizzo deviato di archivi posturali con il fine mai dichiarato di legittimare la sua eugenetica tossica. 

L’eredità di Sheldon 

A distanza di anni, rimane ancora una questione aperta. Quale è l’eredità di questi particolari studi sui somatotipi? È possibile che questo sistema di associazione tra fisico e carattere abbia avuto delle ricadute sul modo di intendere i rapporti e i destini? 

La dottrina dei somatotipi era estremamente popolare. Per dare l’idea della sua pervasività: si parlava di somatotipi niente meno che nella cover story di un numero di LIFE Magazine del 1951. Su Cosmopolitan, negli stessi anni, si poteva fare un quiz del tipo “Scopri che tipo è tuo marito in base al suo somatotipo”. 

Naomi Wolf, nel celeberrimo Il mito della bellezza del 1992, anticipò lo scandalo di qualche anno, grazie a un aneddoto vissuto in prima persona e legato proprio alle foto posturali di nudo scattate nelle università americane. Naomi Wolf (classe di Yale del 1984) riportò che Dick Cavett (classe di Yale del 1955) fece un intervento “scherzoso” durante una delle cerimonie di laurea alla quale era stato invitato come ospite. Al microfono, davanti a un pubblico divertito, raccontò che 

«quando ero uno studente non c’erano donne [a Yale]. Le donne studiavano alla Vessar. Alla Vessar avevano fotografie di nudo prese alle ragazze durante i corsi di ginnastica, per controllarne la postura. Una volta le foto vennero rubate e messe in vendita nel quartiere a luci rosse di New Haven ma… non le ha comprate nessuno!». Dick Cavett, conduttore, scrittore e comico.

In sostanza, la sua battuta verteva sul fatto che le ragazze iscritte alla Vessar non erano, a suo avviso, così attraenti. 

Nel 2007, Patricia Vertinsky, ha pubblicato un suo resoconto sulla vicenda, concentrandosi sulla figura di Barbara Honeyman Heath, l’assistente si Sheldon che smantellò la teoria dei somatotipi del suo “maestro” per portare avanti un personale e valido percorso di ricerca sull’antropometria. Nel suo articolo, dal titolo Physique as Destiny, propone molte riflessioni su questa evoluzione distorta della nostra attitudine nei confronti del corpo, delle razze e dei generi. Quale è l’impatto attuale di un’idea che ha fatto breccia tra generazioni di persone che erano o sarebbero state parte di selezionate élite occidentali?

L’idea di somatotipo, oggi

La correlazione inscindibile tra il tipo di fisico, l’indole e il comportamento è stata ampiamente superata. Negato questo legame; oggi molti studi in ambito medico e sportivo considerano i somatotipi nella loro accezione meramente descrittiva delle caratteristiche del fisico. Tuttavia, c’è ancora chi riafferma il rapporto tra corpo e carattere. È così che continua a serpeggiare la convinzione che, per esempio, un individuo dalle caratteristiche endomorfe sia amabile, potenzialmente smidollato, dipendente dagli altri e inadatto a ricoprire un ruolo di comando e di responsabilità. 

C’è un’ampia letteratura che si ispira a questa concezione e che, a seconda del caso, pretende di individuare i tratti più profondi e intimi di una persona grazie a uno sguardo d’insieme al fisico. In altri casi, il seme dei concetti espressi da Sheldon ha dato vita a interpretazioni distorte della realtà sociale e relazionale. È possibile che parte della dottrina dei somatotipi di Sheldon sia ormai endemica e sopravviva latente.

 

Immagine: Pixabay

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