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Il taglio dei parlamentari e lo svuotamento della democrazia rappresentativa

 Al referendum costituzionale di settembre votare NO significa difendere il Parlamento.

La democrazia rappresentativa è per gli italiani una conquista recente frutto delle lotte partigiane e della fine del regime fascista. La grandezza di tale conquista fu che a una democrazia istituzionale si affiancarono i diritti sociali che soli danno valore alla democrazia rappresentativa e senza i quali essa rimane corpo morto. La rappresentatività, volente o nolente, ha delineato la cornice entro cui sono state formalizzate tutte le maggiori conquiste, in termini di diritti sociali e tutele del lavoro. Basti pensare allo Statuto dei Lavoratori, ottenuto a seguito di durissime lotte della classe operaia nei confronti delle classi dominanti. Questo è accaduto proprio grazie alla centralità del Parlamento e alla rappresentanza delle minoranze in esso. Non è un caso quindi che questi diritti siano venuti meno con il graduale svuotamento delle istituzioni rappresentative, in primis, proprio del Parlamento. Negli ultimi due decenni si è cercato di rafforzare e accentrare il potere nelle mani del Governo e ciò è andato avanti costantemente, con i decreti legge, quasi mai realmente urgenti; con il fatto che la maggior parte dell'attività parlamentare non riguarda l'iniziativa legislativa, ma consiste nell'intervenire continuamente per convertire proprio i decreti-legge e dare pareri su atti del Governo; con le relative questioni di fiducia. Questa anomalia, di fatto, ha sottratto all’intervento della legislazione ordinaria interi settori, provocando in questo modo il trasferimento della sede del potere decisionale dal Parlamento al Governo, rendendo sempre meno operante quella democrazia rappresentativa così duramente conquistata. Il prossimo referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, raccontato subdolamente come un “taglio delle poltrone”, si inserisce perfettamente in questo contesto testé delineato. Stiamo parlando, infatti, di un provvedimento non necessario, non urgente e su cui nutro molti dubbi di natura giuridica e politica, che meriterebbero attenta valutazione e non una riduzione in slogan superficiali e demagogici. Siamo di fronte ad una riforma senza alcuna motivazione sostenibile tranne quella qualunquista delle “poltrone inutili” e della “casta sprecona” che peraltro non saranno minimamente intaccate. Si riduce la democrazia in luogo degli sprechi. Perché non incidere sulle nomine di dirigenti esterni che si sommano alla costosissima burocrazia già esistente, o al continuo proliferare di società a partecipazione pubblica inutili, o ancora sulle commissioni fatte nascere per gli amici, o sulle tantissime consulenze costose e fuori dal controllo. Si vada a vedere dove stanno gli sprechi reali e ci si accorgerà che questi non dipendono affatto dal numero dei parlamentari ma dal loro costo diretto e indiretto. Si umilia ancora una volta e pesantemente il Parlamento trasformandolo in un’assemblea superflua, mentre, all’Italia servirebbe esattamente il contrario e cioè il ritorno alla sua centralità. Una vera democrazia è forte se realmente rappresenta i cittadini attraverso organismi autorevoli e riconosciuti cui i cittadini rivolgono la loro piena fiducia. Contro tali mistificazioni, è necessario gridare a gran voce che l’unico voto veramente “utile” è per il NO, ridando così voce alle lotte partigiane che hanno portato in Italia la democrazia parlamentare come conquista di libertà al prezzo di tanti morti e di tanta sofferenza! Per questi motivi, con animo sereno mi accingo a votare convintamente NO!

Vincenzo Musacchio, giurista, professore di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA) e ricercatore dell'Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.

Foto: Camera dei Deputati/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.49) 27 agosto 2020 18:11

    Fino ad oggi un migliaio di parlamentari ( nella grande maggioranza nominati) hanno fatto un esercizio di democrazia esemplare. Difatti sono sotto gli occhi di tutti i mirabili risultati. Da domani, tagliandone un terzo, crolla la rappresentanza dei territori e si crea un grave vulnus costituzionale. La Costituzione ha 73 anni. Quando fu promulgata c’erano solo il telefono (per i pochi che lo avevano), la carta stampata e la radio. Da allora il mondo è totalmente cambiato, oggi si comunica in mobilità, via web, terminali informatici, stazioni satellitari, tv via cavo ecc... ecc... ecc... Insomma siamo tutti interconnessi e tutti hanno la possibilità di accesso a tutte le fonti di informazione possibili .

    Poi non si tiene conto che a partire dal 1970 sono diventati operativi i Consigli regionali (sorta di parlamentini fac simile) , ovvero una rappresentanza territoriale di secondo livello; e infine, trascurando le province, ci sono i Comuni che costituiscono una rappresentanza politica di territorio puntuale. Come si fa a dire che i cittadini sarebbero sottorappresentati e che 600 anziché 1000 rendano superfluo il Parlamento è un mistero. E’ arcinoto che abbiamo un surplus enorme di cittadini che vivono solo di politica. Poi che c’entrano le lotte partigiane .... boh!

    Semmai se un rischio esiste, al netto dei risparmi nei costi, è che anche il Parlamento ridotto potrebbe replicare gli stessi difetti di quello attuale. Perché se la qualità dei componenti non cambia, il governo continuerà ad avere un peso tal quale. L’autorevolezza di una istituzione non è data dal numero dei componenti, ma dalla qualità della selezione con la quale vengono insediati.

    Ho la netta impressione che dopo che l’attuale parlamento ha votato a stragrande maggioranza per il SI al taglio dei parlamentari, il fatto che ha condurlo in porto (dopo decenni di sole chiacchere ) sia soprattutto il M5S, faccia storcere il naso anche a coloro che erano favorevoli e che oggi si attaccano a motivazioni assolutamente pretestuose per rimangiarsi l’impegno.

    Diversamente dall’articolista e contro queste logiche di puro schieramento, invito a gran voce a votare per il SI.

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