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Il seme della violenza

Guardavo, pochi giorni fa, la puntata di "Parla con me" in cui è stato ospite Ascanio Celestini per presentare il suo ultimo film ’La pecora nera’. Più lo ascolatavo parlare e più sentivo la rabbia montarmi dentro.

E' meraviglioso il suo modo di raccontare, romanzare le ingiustizie che tutti i giorni accadono in questo paese, facendoti sorridere un po', anche se amaramente. Premetto di non aver ancora visto il film; suppongo che affronti la tematica dei malati psichiatrici. Quello che mi fa rabbia è vederli dipinti sempre in questo modo, come fossero dei personaggi bizzarri, quelli che simpaticamente parlano da soli perché la società non li comprende. Ricordo ad esempio la fiction su Basaglia andata in onda su Rai1.

Certo chiudere i manicomi è stata una grande scelta di civiltà, erano dei veri e propri luoghi di tortura e andavano chiusi. Mi chiedo però - e chiedo a chiunque abbia la bontà di leggere questo articolo - perché in Italia si debba sempre andare a finire all'estremo opposto.

Chi ha avuto la disgrazia di nascere, crescere, e vivere tutti i giorni della propria vita accanto ad una persona clinicamente dichiarata schizofrenica, proveniente da una famiglia in cui si sono verificati altri casi di malattia, tendente alla violenza non verso se stesso ma nei confronti di chiunque lo circondi, può capire cosa intendo.

Non esiste alcuna tutela per i familiari di questo genere di malati. Non esiste alcuna tutela per loro stessi. Non so nel resto d'Italia ma qui, in Sicilia, con il sistema sanitario che ci ritroviamo, si è fortunati quando l'ospedale più vicino ha una padiglione attrezzato al ricovero temporaneo. Ma deve essere il malato stesso a decidere se e quando ricoverarsi, se e quando assumere le cure. Cosa succede, però, se il malato non vuole curarsi, anzi, non vuole proprio riconoscere di essere tale? Cosa accade alla sua famiglia quando la schizofrenia sfocia nella violenza fisica?

Bene, ve lo dico io: niente. Incassi le botte, le violenze psicologiche, sperando che arrivi presto la fase di quiete. E se ti salta in mente di denunciare alla polizia quanto sta accadendo, il livello di tutela riservato al malato è decisamente più alto di quello dedicato ai suoi familiari che pure subiscono gli effetti della sua patologia. Almeno fino a quando non ti prendi una coltellata o finisci strangolata in un pozzo. Non è un'esagerazione.

E' risaputo che le donne vittime di violenza non hanno alcuna difesa, anche quando denunciano, se non hanno una base economica solida, è sempre a casa che devono tornare, a meno che non accettino di fare le latitanti rinunciando a tutta la loro vita. Figuratevi se siete mogli o figlie di un uomo violento perché affetto da schizofrenia. Potreste anche essere accusate di abbandono.

Viceversa il malato può liberamente decidere di proseguire la sua vita mettendo in pericolo quella degli altri, rifiutando del tutto le cure. Queste persone non sono malati di tumore che in tutta coscienza scelgono di andare incontro alla morte. Sono persone che hanno bisogno di aiuto, a volte anche contro la loro stessa volontà. Ma soprattutto i loro familiari hanno bisogno di sapere come aiutarli, hanno bisogno di centri specializzati, di supporto. Altrimenti accadrà l'ennesimo caso di cronaca nera "senza apparente spiegazione". Tutti si scandalizzaranno quando, invece, i motivi erano lì sotto i loro occhi e non si è fatto niente per evitarlo.

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