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Il reato di negazionsimo e le questioni del Confine Orientale

 

Quasi due anni di discussione e la proposta di legge numero 54 a firma di diversi parlamentari e di diverso colore politico il giorno 11 febbraio 2015, dunque il giorno successivo al Giorno del Ricordo e forse solo per questioni di tempo non si è riusciti a definirla in tale giornata, viene approvata al Senato della Repubblica Italiana. Sicuramente il testo come ora approvato è più restrittivo rispetto a quello originario, il quale prevedeva la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 10.000 euro per chiunque “ponga in essere attività di apologia, negazione, minimizzazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, così come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, o propaganda idee, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale o informazioni,con qualsiasi mezzo, anche telematico, fondato sulla superiorità o sull'odio razziale, etnico o religioso, ovvero, con particolare riferimento alla violenza e al terrorismo se non punibili come più gravi reati, fa apologia o incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, anche mediante l’impiego diretto od interconnesso di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili”. Certo come è noto chi viene condannato ad una pena detentiva non superiore ai tre anni molto difficilmente vivrà l'esperienza carceraria, però il reato sussiste.

Dopo varie discussioni ed interventi in Commissione la nuova norma che viene fuori ed approvata è la seguente “Per i fatti di cui al comma 1, lettere a) e b), e al comma 3, la pena è aumentata se la propagandala pubblica istigazione e il pubblico incitamento si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232. All'articolo 414, primo comma, numero 1, del codice penale, la parola: «cinque» è sostituita dalla seguente: «tre»”. 

Ora entriamo nel merito di alcune valutazioni. E' vero che questo disegno di legge nasce principalmente per condannare il negazionismo dell'Olocausto ma è altrettanto vero che nella versione originaria, specialmente quando venne introdotto il concetto di minimizzazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità, dei crimini di guerra, il rischio di estendere platealmente tale ipotesi di reato nei confronti di chi contrasta il revisionismo storico ridimensionando dati numerici, la consistenza numerica della propaganda del sistema, era elevata. Elevata per come funziona il nostro sistema.

La questione della negazione, penso al caso delle foibe e dell'esodo e del confine orientale, cardini del giorno del ricordo, e questioni ove ora incentrerò la mia riflessione ed analisi, non sussiste nei confronti del movimento di storici, critici, intellettuali, blogger ed attivisti, che mai hanno negato l'esistenza di queste realtà. Sussistente invece poteva essere l'ipotesi della minimizzazione, perché è un concetto astratto volubile, flessibile ed interpretabile ora in materia estensiva ora in materia restrittiva, volontà interpretativa strettamente legata agli interessi dominanti nella logica della nazionalizzazione della storia.

Per esempio, contestare il dogma, falso, dei 350 mila esuli, e ricondurlo a cifre ben inferiori, con documentazione storica provata, è minimizzazione?

Contestare i 16.500 infoibati, poiché la cifra reale è di gran lunga inferiore, è minimizzazione? Il ridimensionamento è minimizzazione?

Quale deve essere la fonte storica attendibile? E chi lo deve decidere? Quale deve essere la prospettiva ed angolatura reputata come giusta con la quale analizzare e scrivere la storia? 

Alla minimizzazione si devono chiaramente agganciare i crimini di genocidio, i crimini contro l’umanità ed i crimini di guerra, come definiti, e si badi al definiti, dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232. Per definiti si intende che si deve fare riferimento al tenore letterale. Mi domando: può bastare una interpretazione delle voci che ora seguiranno, può bastare un mero accostamento interpretativo di quanto indicato in crimini a dati fatti storici per intraprendere la via repressiva penale? 

Ora, se andiamo a leggere i crimini indicati, si può notare che l'elenco è molto vasto. Per esempio alla voce del crimine di genocidio emerge che “ai fini del presente Statuto, per crimine di genocidio s'intende uno dei seguenti atti commessi nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, e precisamente:

a) uccidere membri del gruppo;

b) cagionare gravi lesioni all'integrità fisica o psichica di persone appartenenti al gruppo;

c) sottoporre deliberatamente persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo stesso. Alla voce crimini contro l'umanità si può leggere che “ ai fini del presente Statuto, per crimine contro l'umanità s'intende uno degli atti di seguito elencati se commesso nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell'attacco:

a) Omicidio; b) Sterminio; d) Deportazione o trasferimento forzato della popolazione; e) Imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale; f) Tortura; h) Persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, inspirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti preveduti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte; i) Sparizione forzata delle persone. 

Per crimini di guerra invece si possono intendere atti commessi come parte di un piano o di un disegno politico o come parte di una serie di crimini analoghi commessi su larga scala consistenti in omicidio volontario, cagionare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all'integrita' fisica o alla salute; distruzione ed appropriazione di beni non giustificate da necessita' militari e compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente ecc. Come è noto, le parole d'ordine sul giorno del ricordo sono persecuzione contro gli italiani, deportazioni, esecuzioni sommarie, infoibamenti indiscriminati di massa, persecuzioni di cristiani e cattolici, pulizia etnica contro gli italiani, bonifica etnica, esodati, esuli, esproprio incondizionato di beni. 

Concetti che vengono metodicamente contrastati, con sapienza e scienza e rispetto della verità fattuale e circostanziata e contestualizzata della storia, per inquadrare due fenomeni distinti, quali foibe ed esodo, alcuni voci delle vicende complesse del Confine Orientale, nella reale dimensione, causa, sussistenza e consistenza. Storici, critici, intellettuali etichettati semplicemente ed in modo altamente calunnioso con il canonico negazionista, od anti-italiano, o giustificazionista. 

Dunque la versione originaria del disegno di legge rischiava certamente di aprire le teoriche porte dei processi giudiziari nei confronti degli storici che osavano ed osano la critica con cognizione di causa sulle vicende del Confine Orientale. Dunque la storia la si sarebbe scritta nelle aule dei tribunali. Prima di capire se questo rischio è scongiurato o meno, con il nuovo testo, è il caso di evidenziare alcune prese di posizione durante il lungo dibattito che è emerso su questa proposta di legge che a breve sarà legge. Durante le audizioni informali verranno ascoltate diverse personalità. 

Per esempio Luciano Canfora il quale così si pronuncerà: “ (...) Altro problema pone il cosiddetto negazionismo. Esso infatti nega o tenta di negare o cerca di minimizzare l’entità dell’olocausto: dunque implicitamente ammette che l’olocausto fu un crimine, ma si sforza di dimostrare (con argomenti mendaci) che esso non fu commesso. Perseguire a termini di legge codesta strategia pseudo-storiografica di tipo negazionista appare poco giustificabile: si tratta di pessima storiografia, non già di incitamento a «commettere atti di discriminazione per motivi razziali etnici etc.». È evidente che una legge che si proponga di vietare la cattiva o pessima storiografia non avrebbe alcun senso né giustificazione. Non dimentichiamo la decisione saggia presa in Israele di pubblicare il Mein Kampf; la motivazione fu: il male va conosciuto, non nascosto”. 

Il Professore Ginzburg invece evidenzierà che “Il negazionismo non è un’opinione (qui concordo con Donatella Di Cesare): è una menzogna. Per i motivi che ho esposto sopra ritengo che non si debba trasformare questa menzogna in un reato.(...) Il terreno su cui combattere il negazionismo è certamente la scuola. Mi rendo conto che dicendo questo si propone agli insegnati un compito difficilissimo: spiegare a persone giovani come si sia arrivati (non solo nel caso degli ebrei) allo sterminio di esseri umani da parte di esseri umani. “Spiegare”, o “cercare di spiegare”: di fronte a eventi come questi qualcosa resiste alla spiegazione. Ma bisogna far capire che si tratta di eventi umani, evitando pseudospiegazioni religiose o pseudoreligiose”. 

La SISSCO (Società italiana per lo studio della storia contemporanea che “(...) Perciò, sanzionare penalmente gli studi dei pochi negazionisti - o dell'unico negazionista - "accademici" presenti in Italia non appare particolarmente utile. Viceversa, tale sanzione rischierebbe di "limitare la libertà di opinione, senza la quale sono impossibili ricerca scientifica o dibattito storiografico". Insomma, non vogliamo difendere il diritto al negazionismo, come si è già detto, ma riteniamo che anche per meglio contrastare questo fenomeno, vada salvaguardata la necessaria libertà di ricerca e di discussione scientifiche sugli argomenti di cui il negazionismo cerca di appropriarsi. Gli studiosi sono concordi che il neonegazionismo oggi sempre più diffuso non provenga tanto dalle cattedre quanto soprattutto dal web. Come scrive ancora Claudio Vercelli, infatti, la novità del negazionismo di ultima generazione non è nei contenuti ma nei modi in cui si diffonde e, soprattutto, nel suo collegamento "con uno spazio virtuale, il web" .

Così come significativi sono gli interventi di alcuni Senatori che ben lasciano intendere come l'intento di questa legge non fosse, come era d'altronde ben evidente, toccare solo la sfera dell'Olocausto. Il Senatore CONSIGLIO (LN-Aut)nella seduta del 10 febbraio 2015 dirà che “ Un certo signor Pietro Terracina (uno degli ultimi sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz) diceva di non essere d'accordo su una legge antinegazionista, perché si farebbe di chi nega un martire. Ci poniamo allora questo dubbio: forse è meglio mandare avanti le cose così come stanno, con un'idea di libertà di pensiero così ampia? Credo proprio di no. Poi la mia collega, senatrice Stefani, sarà molto più precisa in dichiarazione di voto per quanto riguarda i dati tecnici. Speriamo che tale questione non si rifletta solo ed esclusivamente sulla Shoah. Io farei anche qualche riflessione su altre tragedie umane: le foibe, per esempio, di cui oggi si celebra il Giorno del ricordo, forse perché qui si può parlare di negazionismo di Stato e, certamente, di un revisionismo in questi anni mancato. Si pensi al silenzio mantenuto finora sui massacri delle foibe da parte di chi la storia l'ha scritta e a cui la verità certamente non torna comoda “.

Oppure, nella seduta, in commissione, del 2014, MALAN, e AMATI proporranno la seguente modifica: “All'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, sono apportate le seguenti modificazioni: Al comma 1, dopo la lettera b, è aggiunta la seguente: con la reclusione fino a tre anni e/o con la multa fino a euro 10.000 chiunque pone in essere pubblicamente attività di negazione, compresa la grossolana minimizzazione, del delitto di genocidio, di cui alla legge 9 ottobre 1967, n. 962, "Prevenzione e repressione del delitto di genocidio", e dei crimini definiti all'articolo 6 dello Statuto del Tribunale militare internazionale allegato all'Accordo di Londra dell'8 agosto 1945, compiuti in Europa dal 1° settembre 1939 al 6 maggio 1945, quando tale attività sia posta in essere in modo atto a incitare alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo definiti o sulla base dell'origine nazionale o etnica, della religione della varietà umana, o nei confronti di uno o più membri di un tale gruppo”.

Tale proposta di legge, come ricordato approvata in Senato dopo un complesso ed articolato dibattito, segue una analoga proposta di legge, AS 3511, volta ad introdurre nell'ordinamento il reato di negazionismo. La pregressa proposta integrando l'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, sanzionava con la reclusione fino a tre anni la apologia o la negazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, e dei crimini definiti dall’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’Accordo di Londra dell’8 agosto 1945 (Tribunale di Norimberga). La disposizione inoltre delimitava l'ambito di applicazione della norma introducendo, con riguardo all'apologia, il requisito dell'idoneità a turbare l'ordine pubblico.

Simili provvedimenti esistono in altri Paesi, ma è il caso di ricordare, come ben si evidenzia nelle note di accompagnamento al citato provvedimento che nel 2012 il Parlamento francese ha tentato di intervenire nuovamente in materia di negazionismo, inserendo nella legge del 1881, che già norma tale questione, una nuova disposizione, l'articolo 24-ter, “volto a punire la oltraggiosa contestazione o minimizzazione dell'esistenza di uno o più crimini di genocidio, definito dal codice penale e riconosciuto come tale dalla legge francese”- L'iniziativa legislativa, come si ricorderà nella citata nota di accompagnamento, “non è mai entrata in vigore in ragione della decisione di incostituzionalità, pronunciata dal Consigli costituzionale francese. 

Secondo il Consiglio costituzionale, una disposizione legislativa che "riconosca" un crimine di genocidio non può avere di per sé la portata normativa che ordinariamente si ricollega alla legge. In particolare, secondo il Conseil Constitutionnel, la disposizione in questione - là dove intende reprimere la contestazione o la minimizzazione di uno o più crimini di genocidio "riconosciuti come tali dalla legge francese", punendo la contestazione dell'esistenza e della qualificazione giuridica di crimini di genocidio, che il legislatore stesso ha qualificato come tali - comporta una limitazione incostituzionale all'esercizio della libertà di espressione e comunicazione (garantita in Francia dall'articolo 11 della Dichiarazione dei diritti del 1789)”. 

Ora, la nuova norma come modificata ed approvata da Senato è, seguendo i principi come dettati dalla Corte Francese, ben applicabili anche nel nostro ordinamento perché anche la nostra costituzione riconosce la libertà di espressione, incostituzionale?

Quando si scrive che la “pena è aumentata se la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra (...)” pur apparendo, questa, circoscritta alla Shoah, è estendibile ad altre ipotesi, come le questioni del Confine Orientale? Cosa si intende per negazione in parte? Cosa si intende per propaganda?

I fatti accaduti nel Confine Orientale possono rientrare nel novero della definizione variegata di crimini contro l'umanità, di guerra, di genocidio? Visto quanto emergente con la legge sul giorno del ricordo, vista l'istituzionalizzazione di pratiche, ragionamenti, numeri e dogmi privi di fondamento storico alcuno ma diventati verità da non contestare, vista la via della nazionalizzazione nell'ottica nazionalistica della vicenda, visto il ragionamento complessivo come scritto in questo intervento, qualche seria perplessità, per non dire di più, a dire il vero sussiste. 

 

note: iniziativa dei senatori Amati, Malan, Zanda, Schifani, Susta, De Petris, Crimi, Airola, Alberti Casellati, Anitori, Battista, Bertorotta, Blundo, Bocchino, Bonfrisco, Borioli, Bottici, Buccarella, Bulgarelli, Campanella, Capacchione, Cappelletti, Casson, Castaldi, Catalfo, Ceroni, Chiti, Cioffi, Cirinnà, Compagna, Cotti, Cucca, D’Adda, Di Biagio, Di Giorgi, Donno, Endrizzi, Stefano Esposito, Giuseppe Esposito, Fabbri, Fattori, Favero, Fedeli, Finocchiaro, Fornaro, Fucksia, Gaetti, Galimberti, Gatti, Gentile, Rita Ghedini, Giannini, Giarrusso, Girotto, Granaiola, Lanzillotta, Lezzi, Lo Giudice, Lo Moro, Lucidi, Lumia, Manassero, Mancuso, Mangili, Maran, Margiotta, Luigi Marino, Marton, Mattesini, Merloni, Messina, Micheloni, Minniti, Molinari, Montevecchi, Moronese, Morra, Pagliari, Paglini, Pegorer, Pepe, Petrocelli, Pezzopane, Pignedoli, Puglia, Puppato, Repetti, Rizzotti, Maurizio Romani, Romano, Gianluca Rossi, Santangelo, Sciascia, Scibona, Serra, Simeoni, Spilabotte, Tarquinio, Taverna, Vaccari, Vacciano e Valentini

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.6) 12 febbraio 2015 12:54

    Ben fatto!
    Serva da monito agli antisemiti, ieri vestiti da nazisti oggi vestiti da palestinesi.
    Questa legge contribuirà anche a far riabilitare un altro olocausto perpetuato dai nazisti, l’omocausto.
    Come esponente omosessuale assieme al mio compagno qui a Perugia in passato organizzammo dibattiti su questo aspetto, trovando umana comprensione ma anche facinorosi omofobi che negavano la nostra tragedia e il nostro dolore.
    Finalmente questa legge!

    Giorgio Cillo
    Attivista Omosessuale - Perugia

  • Di Maria Cipriano (---.---.---.251) 31 gennaio 2016 11:27
    Maria Cipriano

    Ma fatemi il piacere.

    Le Camere farebbero meglio ad occuparsi d’altro, piuttosto che della Storia che non conoscono, o, peggio, della repressione dei reati di opinione, quindi non passibili di nessuna reprimenda, tanto meno del carcere. Tutto questo iperattivismo giustizialista ingenera piuttosto il sospetto che si abbia paura delle contro-argomentazioni altrui, delle idee non conformi, e in definitiva di chi non la pensa alla stessa maniera. Il che è il modo di procedere delle tanto deprecate dittature. In democrazia, a meno che non si tratti di una falsa democrazia, le opinioni vanno dibattute con la forza delle argomentazioni, della logica, e del possesso delle nozioni storiche, quando si parla di Storia. Esattamente come avviene nel mondo della Scienza, dove non si compì nessun progresso fino a quando fu impedito di parlare. E se non vi sono certezze assolute nella Scienza, figuriamoci nella Storia. C’è chi ha messo in dubbio la forza di gravità e la relatività di Einstein, e non è stato incarcerato o multato per questo. Io non mi sognerei mai d’impedire a Marco Barone di scrivere ciò che vuole, anche se in molte cose non la penso affatto come lui. Non mi sognerei mai di denunciare qualcuno per le sue idee, e mi fa ribrezzo pensare che altri lo possa fare. Voltaire ci ha insegnato la libertà di parola e di espressione, è stata questa la grande rivoluzione che ha mandato a gambe all’aria l’ancient regime e il Medio Evo. Ora qui si vogliono ripristinare i “roghi” mediatici, e non importa se dall’altra parte della barricata ci sono omosessuali, gente di sinistra, ex deportati di Auschwitz, o parlamentari ansiosi di compiacere l’europa.

    La libertà di espressione è sacra, e chiunque l’attacca è un traditore dei diritti fondamentali dell’uomo. Questi esagitati agitatori di pene reclusorie, multe, risarcimenti e gogne contro chi non la pensa come loro, imparino piuttosto a difendere in modo più consono, obiettivo e civile le proprie posizioni, senza sbatterle in faccia agli altri e senza pretendere a tutti i costi che gli altri le debbano accettare a scatola chiusa, senza nemmeno il diritto di replica. 

    Maria Cipriano 

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