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Il processo in appello alla Banda dei Barbari

Iniziato il 25 ottobre scorso si è concluso recentemente il processo in appello alla "banda dei barbari", quel gruppo che all’inizio del 2006 rapì e torturò fino ad ucciderlo Ilan Halimi, 23enne ebreo parigino. Le udienze, come quelle in primo grado, si sono tenute a porte chiuse (poiché due degli imputati erano minorenni all’epoca dei fatti), contrariamente a quanto era stato chiesto dalla parte civile.

Nonostante Youssouf Fofana, capo della banda e il più violento, non fosse presente (aveva rinunciato al ricorso in appello), l'atmosfera è stata tesa durante tutto il processo e alcune udienze sono state sospese; un giurato è svenuto quando sono state riesposte le condizioni di detenzione e le torture subite da Ilan; non sono nemmeno mancati episodi di aggressioni fisiche: uno dei rapitori Jean Cristophe Soumbou, in una delle udienze, ha sferrato un pugno a Jerome R. uno dei carcerieri e primo interpellato nel processo, definendolo "sporco traditore". Il padre di quest'ultimo a sua volta ha restituito il pugno al mittente.

Le condanne risultate da questo appello sono leggermente più pesanti delle precedenti per sette dei 17 accusati della banda. A Jean-Christophe Soumbou e Samir Aït-Abdelmalek, considerato il braccio destro del capo Youssouf Fofana, hanno dato tre anni in più (18 anziché quindici).

Confermate le pene dei minorenni all'epoca dei fatti. In particolare ad Emma, la ragazza che servì da esca, sono stati dati 9 anni.

La corte ha altresì riconosciuto il carattere antisemita degli atti compiuti, ma secondo Emilie Frèche, autrice, insieme alla signora Ruth Halimi, mamma del ragazzo, del libro "24 giorni. La verità sulla morte di Ilan Halimi" tradotto anche in italiano, il caso è stato trattato come un semplice fatto di cronaca.

"Alcuni sostengono - dice la scrittrice in un'intervista - che l'equazione ebreo = denaro sia appropriata e non sia un pericoloso pregiudizio. Per questo penso che la Francia si sia privata di un processo pedagogico. Se la storia raccontata nel libro ha commosso la gente è perché si parla della sofferenza di una mamma che è universale e tutti vi si possono riconoscere. Solo in questo modo è stato possibile far passare il messaggio. Ma se il processo non si fosse svolto a porte chiuse tutti si sarebbero potuti rendere conto che chiunque dei nostri figli potrebbe un giorno far parte della 'Banda dei Barbari', come essi stessi si sono definiti.

La tentazione di barbarie esiste in ciascuno di noi. Tutti avrebbero potuto vedere che l'antisemitismo comincia a partire dal momento in cui si decide di andare su e giù per i negozi di boulevard Voltaire alla ricerca di ebrei invece che per quelli di un'altra zona di Parigi. È per questo che Ruth avrebbe voluto un processo pubblico. L'antisemitismo non riguarda gli ebrei, ma riguarda tutti noi. Se un nero viene ucciso a causa del colore della sua pelle, mi sentirei coinvolta in quanto essere umano.

Desidererei esserne informata e non vorrei che il delitto venisse annunciato soltanto davanti al Consiglio rappresentativo delle associazioni dei neri (in francese CRAN). Se una donna è massacrata perché è una donna, spero ugualmente che ci siano degli uomini interessati al caso".

Altri hanno deplorato l'indulgenza della corte nei confronti di Emma, l'esca.

Soddisfatta, invece, l'avvocato della parte civile, Sig.ra Szpiner: "tutti i carcerieri hanno avuto un aggravamento della pena" (fino ad un massimo di 3 anni in più).

(per Agenzia Radicale)

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