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Il problema di un giornalismo "piacione"

Premessa necessaria

Chi mi segue sa che di recente ho scritto tre articoli per Vice News sull'attivismo parallelo e online dell'estrema destra italiana, in particolare quello di Forza Nuova e Casapound (CPI). Sono molto contento perché nonostante volessi farlo da tempo penso che non avrei mai pubblicato un materiale del genere su questo blog, da solo.


Tuttavia, quel che ho scritto è soltanto una "parte" di ciò che può essere detto. Non fraintendetemi, non è che sono stato censurato, è che più si scava dentro quel mondo e più ci si rende conto che è difficile dire tutto, fondamentalmente per mancanza di prove certe e inconfutabili.

In sostanza, questi movimenti o pseudo movimenti sanno nascondersi e mettere le mani avanti quando serve. Oltre al buon viso delle forze dell'ordine e delle istituzioni, sono riusciti a cucirsi addosso una maschera per l'opinione pubblica italiana; se serve non si fanno scrupoli di negare le loro idee fascistoidi. Oppure ridefiniscono lo stesso concetto del fascismo (per non parlare di tutti i revisionismi storici di cui fanno uso). Il gioco col linguaggio è subdolo ed efficace se sai come farlo, e loro hanno una certa esperienza in materia.

La loro comunicazione, specie quella di Forza Nuova, è dotata di una coerenza e di un controllo sul 'brand' che pochi movimenti o partiti riescono ad avere, e pur così si fa fatica a capire chi è il loro grafico e chi sono i loro responsabili regionali. CPI ha un approccio simile, meno coerente a livello estetico, ma identico in quando a modalità organizzative e controllo del 'branding'.

Non dobbiamo meravigliarci, quindi, se all'indomani di una qualunque tragedia che li vede coinvolti questi movimenti sono pronti a negare i loro stessi tesserati o camerati, pur di non dare l'immagine di essere un movimento violento che fomenta odio e razzismo. Ne sono un esempio il caso della Strage di Firenze, in cui Casapound ha fatto di tutto per negare o ridimensionare il rapporto e la vicinanza che il killer aveva con la loro associazione • 1, oppure il caso più recente di Fermo, in cui Amedeo Mancini è passato all'opinione pubblica come un semplice "ultrà"; il fatto che avesse contatti con CPI e portasse pure magliette di questa associazione incredibilmente non dovrebbe significare nulla.

Di una cosa sono convinto, movimenti del genere non vanno mai sottovalutati. Gli episodi di violenza sono più di quelli che credete perché fanno di tutto per eliminare i collegamenti. Pertanto un giornalismo degno di tal nome ha il dovere - come in ogni questione - di scavare a fondo in modo decente per mettere a fuoco ciò che prima era nascosto.
 

Saverio Tommasi e la voglia di uscire dagli schemi


Posso apprezzare l'intenzione di "raccontare Casapound uscendo dagli schemi", ma questo video pubblicato da Fanpage non riesce nel suo intento neanche un po'. Mi dispiace, ma questo è più vicino a uno spot propagandistico che a un servizio giornalistico:
  Ora, credo di avere molte idee in comune con Saverio Tommasi, in passato ho apprezzato alcuni suoi reportage, come quello sul meeting di CL, e ho apprezzato ancora di più le domande incalzanti che fece a Matteo Salvini quando travolse i manifestanti a Bologna e questi gli sfondarono gli vetro. Due anni fa Saverio Tommasi è stato l'unico dei presenti a mettere in discussione la versione di Salvini, improvvisando un contraddittorio su due piedi davanti a tanti giornalisti rimasti zitti.

Detto ciò, non posso che concordare con Leonardo Bianchi quando sostiene che il problema non sono le idee o le battaglie che porta avanti Tommasi, il problema non è il contenuto bensì:
 
"[...] Sono il metodo e la forma con cui si esprime sui social e in certi video a essere estremamente dannosi—e non solo perché utilizza gli aspetti più deleteri della prosa di un Massimo Gramellini. Tommasi riesce ad appiattire ogni tematica e a spalmare quintali di melassa su qualsiasi argomento trattato. [...]"
 
Questo video su Casapound ne è la prova lampante. Stiamo parlando di un materiale (visualizzato da più di 29mila persone sul loro sito) in cui non si mette in discussione neppure una singola parola della melassa propagandistica che trasmette.
 
E badate bene che per quanto mi riguarda Tommasi può pure definirsi "compagno", non sto qui a fare il militante che non sono, non dico che "coi fascisti non si parla" o che il video non andasse fatto, anzi, interviste del genere sono più che utili, ma non è tollerabile che chi intervista resti zitto quando l'intervistato afferma cose come "Alba dorata sta facendo grandi cose"; "il governo italiano fa un razzismo al contrario", ecc...

Quando l'intervistato di nome Carlomanno afferma che suo padre era andato in "esilio imposto", l'intervistatore ha il dovere di farci notare che suo padre, il fondatore di Terza Posizione Gabriele Adinolfi, in realtà era considerato un "latitante" perché - questa si trova persino su wikipedia - aveva "un mandato di cattura per reati associativi nell'ambito delle indagini per la Strage di Bologna."

Capisco perfettamente la voglia di "uscire dagli schemi" di Tommasi, ma se uscire dagli schemi comporta abbracciare la propaganda degli altri senza un minimo di valutazione critica, allora meglio cambiare mestiere.

 

Cos'è il giornalismo 'piacione'


Mi chiedo, quindi, come sia possibile creare un servizio del genere, e perché lo si faccia. Come abbia fatto la redazione di Fanpage ad approvare un video del genere • 2. Nella descrizione del video Tommasi conclude in questo modo:
 
Credo di aver realizzato un video sincero, in cui sono andato senza maschere, presentandomi per quello che sono, e costruendo il video per quello che sono: una persona con idee di sinistra che vuol capire, comprendere, provare ad articolare domande e riflessioni con qualcuno che, nella vita, siete distante da me. Per capire quanto è grande questa distanza, cosa ha di migliore (secondo loro) quella sedia, quali sono le idee dietro, i sogni e le speranze. Perché alla fine in una cosa siamo tutti uguali: siamo umani. E siamo tutti alla ricerca di un pezzetto di felicità.

A parte questa frase finale in cui afferma che neofascisti e noialtri siamo uguali perché cerchiamo 'un pezzetto di felicità' - ennesima conferma del fatto che Tommasi appiattisce ogni cosa -, non vedo riflessioni né domande articolate. Anzi è il contrario.

Se l'intenzione era quella di capire quanto fosse grande la distanza tra questi movimenti e le persone di sinistra come Tommasi, beh, allora il video genera un effetto diametralmente opposto, sin dal "selfie ironico" azzera totalmente questa distanza e ci pone allo stesso livello.

Ragionandoci sopra trovo anzi che sia un video fatto per piacere un po' a tutti. E se vediamo le cose da questa prospettiva capiamo perché Fanpage e tanti altri giornali mischiano analisi serie a pezzi di giornalismo scadente come l'esempio di sopra.

Giornalismo scadente che non significa "giornalismo servile", non trovo che queste testate siano 'serve' del potere di turno (come l'Unità, o altre grosse testate pervase da un conflitto di interessi con la politica) ma sono farcite di un conformismo snervante, e la conseguenza è un giornalismo manco e debole, che davanti a Casapound si limita a fare domande invitanti e basta.

Voglio spingermi oltre: se davvero Tommasi o i suoi difensori pensano che quel video sia un servizio giornalistico allora ci troviamo davanti all'ennesimo caso di dissonanza cognitiva che tanto affligge la categoria in Italia: quanti sono i giornalisti che sono convinti di star facendo del vero giornalismo e invece fanno roba da tabloid?

Astraendo ancora di più il discorso trovo che le cause siano, come al solito, di natura economica. È proprio la struttura economica su cui è fondato il loro business che finisce per condizionare il prodotto.

Io trovo che in uno scenario di crisi e aumento incredibile dell'offerta, il mondo dell'editoria online, nella corsa alle visualizzazioni da tramutare in introiti pubblicitari finisca per avere un unico e totalizzante mantra: piacere a tutti.

Ecco cos'è per me il giornalismo 'piacione', un giornalismo che sebbene non sia servo del potere, e quindi non debba rispondere a un organo o al potente di turno, non è neppure libero del tutto, perché anziché rispondere ai lettori pensa al numero di visite che produce.

Un giornalismo che finisce per produrre sì tante visite, ma cala inesorabilmente in qualità. Nella corsa al mainstream non solo non si schiera, ma confonde il ruolo dei giornalista con quello del copyrighter.

Insomma, il conflitto d'interessi non vale solo per la politica, ma anche per la dura regola dei banner pubblicitari. Quindi così come l'Unità deve rispondere ai suoi padroni al governo, le testate di cui sopra devono rispondere ai loro numeri e alle loro visualizzazioni, altrimenti non stanno a galla.

La naturale conseguenza è che finiscono per spacciare come notizie ciò che in realtà non sono notizie, talvolta sfociando nel clickbait • 3

Finendo insomma per danneggiare l'intero sistema mediatico e modificando il concetto stesso di informazione. 
 
"Verso l’inizio del secolo Georg Franck pubblicò un libro sull’economia dell’attenzione, illustrando come una maggiore concorrenza per l’attenzione pubblica tra istituzioni, compresi politici, Ceo, star sportive e altri Vip stesse cambiando profondamente la società. [...] 
Secondo lo studioso, in condizioni di crescente benessere economico e saturazione dei bisogni materiali, sempre più notizie e informazioni verrebbero scambiate in cambio di attenzione pubblica e visibilità. 
Essendo l’attenzione pubblica notoriamente scarsa ed essendo possibile trasformarla in denaro o potere, vengono investiti sempre più soldi affinché quella attenzione possa essere generata ex novo. In questo modo si può spiegare almeno in modo plausibile come mai oggi negli Stati Uniti, statisticamente, per ogni giornalista ci siano cinque professionisti di pubbliche relazioni [...]. Con il dominio e la professionalizzazione del settore delle Pr, il giornalismo “copia-incolla” si è diffuso rapidamente, indebolendo progressivamente la credibilità del giornalismo nel complesso. "
(EJO) Osservatorio europeo di giornalismo
 

Il concetto di informazione


Che cos'è una notizia? Questo sarebbe un ottimo punto di partenza. Sinceramente non mi sento all'altezza; è un quesito enorme, di cui si dibatte da sempre e che ormai cambia a seconda dal punto di vista. Carlo Sorrentino, però, ha una chiave di lettura molto utile al riguardo:
 
È evidente che la differente accezione di "destinatario" incide notevolmente sul processo di costruzione della notiziabilità.
Infatti, pensare di dover assolvere principalmente a una funzione pedagogica, per far accrescere la sensibilità civica dei cittadini, impone una determinata visione della funzione giornalistica (Dennis, 1989). Invece, guardare ai riceventi delle informazioni come a un insieme di consumatori (d'informazione e di prodotti) tende a far esaltare la natura commerciale del bene informazione.

In altre parole, Sorrentino ci diceva già nel 2002 che sta tutto nel modo in cui la testata considera il lettore. Sono passati 14 anni e mi pare che rimanga ancora una delle migliori chiavi di lettura. 

L'esigenza di portare visite e visualizzazioni dimostra quanto il lettore venga visto come consumatore/eyeballs, ovvero da una parte gli si vendono le notizie, dall'altra si vende il numero totale di lettori agli inserzionisti (quindi il lettore, dopo aver consumato la notizia, diventa a sua volta prodotto da vendere agli inserzionisti).• 4

C'è però una novità: Il problema diventa duplice - e rasenta il ridicolo - se consideriamo che le testate che ci vedono come consumatori/prodotto, ci guardano anche come cittadini a cui hanno il dovere di informare. Ecco che scatta la funzione pedagogica di cui parla Sorrentino (una funzione che si addice in fondo al Servizio Pubblico e che dovrebbe entrare in contrasto con l'idea dell'informazione come un bene commerciale).

Ecco spiegato perché dopo averci detto che il video hard di una ragazza sta diventando virale e che è "caccia ai due amanti" protagonisti, poi ci fanno la paternale dicendoci che se lei si è uccisa la colpa è 'nostra', è colpa è del 'web', qualunque cosa significhi.

Ritorniamo alla "dissonanza cognitiva" di cui parlavo sopra.

Diciamolo chiaramente: non si può vedere il lettore come consumatore/prodotto e allo stesso tempo come cittadino che va informato per il bene della società. O una cosa o l'altra.

 

Giornalismo e Pubblicità, esistono alternative?

Dunque capisco che pubblicità li costringe a generare visite, ma la domanda che mi pongo è: vale la pena? Fino a che punto questo compromesso regge il gioco e non finisce per svilire la professione giornalistica?


Forse per superare il dualismo tabloid/qualità si può partire appunto da un cambiamento nella struttura economica, facendo uso di altri modelli di business alternativi. Io credo che (e non sono il solo) che ne esistano di alternativi, pur coi loro limiti. • 5

In Italia mi viene in mente Valigia Blu, che da quando ha avviato un crowdfunding è riuscita nel suo intento di continuare a fare pezzi di approfondimento affrontati con serietà e dedizione.

Non è sostenibile a lunga scala? Non riesce ad avere una redazione enorme che copra le notizie 24 su 24? Probabile, ma preferisco mille volte un approccio del genere a un approccio come quello delle grandi testate, che nel rincorrere le visite arrivano a prendere in giro il lettore, scrivono inesattezze, e poi si permettono di fare la paternale, salire sul piedistallo e dare la colpa ai troll in rete.

Siamo pieni di episodi che fanno capire quanto il sistema stesso del giornalismo mainstream sia marcio. Le redazioni sono talmente grosse che nella stessa testata trovate chi dice X e chi dice una cosa diametralmente opposta. Si è visto di recente col caso di Tiziana Cantone, il giorno prima tutti i giornali cavalcavano il meme, generavano visite con la notizia del video trafugato di questa ragazza, scrivevano di lei che voleva fare la pornostar, e il giorno dopo ci facevano la paternale, la colpa era dei troll e del "web", qualunque cosa significhi.
 
 
(sì, l'articolo l'aveva scritto lei, basato su voci secondo cui Cantone voleva fare la pornostar)
 
Su Tiziana Cantone andrebbe aperta una parentesi grossa, evito perché ne verrebbe un articolo infinito. Anche perché il problema, oggi, sta nel impedire che si ripeta la stessa dinamica.

Quindi se si vuole davvero evitare una prossima Tiziana Cantone, se si vuole davvero evitare questo tipo di tragedie toccherebbe avviare un dibattito serio che cerchi di far luce sulle dinamiche in gioco e che cerchi di capire cos'è una notizia e cosa non lo è. Quando e perché una faccenda diventa di interesse pubblico e quando non dovrebbe. E quanta responsabilità ha il giornalismo popolare e mainstream nella creazione di queste "notizie".

Bisognerebbe ricordarsi che una cosa diventa davvero virale quando qualcuno decide di farne una notizia e di farci quattro click

 
 

Facciamoci questa domanda, questo video è una notizia?
 


E se il video fosse stato girato in Italia e domani venisse fuori il nome dei due ragazzini? E se la ragazza venisse tempestata di insulti su facebook al punto tale da aver paura a uscire per strada? Di chi sarebbe la colpa? Del 'web'?





1. A proposito, sono anche molto contento che in seguito all'articolo su Casapound e Wikipedia di Vice News sia nata questa discussione all'interno di Wikipedia. Dopo tanti giri di parole persino i difensori di CPI hanno dovuto arrendersi al fatto che negare il collegamento tra Casseri e CPI era impossibile, e così, qualche giorno dopo la voce della Strage di Firenze è passata da "Gianluca Casseri, esponente dell'estrema destra italiana" a "Gianluca Casseri, esponente dell'estrema destra italiana, quale simpatizzante e collaboratore di Casapound".
 


Non è niente, lo so, ma prima la parola la parola Casapound non compariva per nulla nella pagina dedicata alla strage. 


2. Vorrei chiarire che questo ragionamento si applica a tante altre testate, da Giornalettismo, passando per l'HuffingtonPost o il Fatto Quotidiano e arrivando a Il Post. Sono anzi convinto che nessun giornale che abbia introiti a livello pubblicitario sia esento da questa analisi. A fare la differenza, se mai, sono i "paletti" che si pone ogni giornale, fin dove decide di spingersi.

Oggigiorno, tuttavia, Fanpage rappresenta una realtà significativa nel panorama. Anche perché stando agli ultimi dati audiweb come "portata" online supera persino La Repubblica.


Ora, ripeto, è fuori di dubbio che Fanpage abbia dei giornalisti molto capaci (personalmente apprezzo molto alcuni loro lavori, sopratutto in materia di immigrazione), ma bisogna riconoscere che hanno anche un grosso problema di clickbaiting, errore che trovo anche in altri giornali e che collego al modello di business. 

2.1 Anticipo una critica che comprensibilmente mi è stata fatta in privato: sì anche Vice pubblica contenuti "edgy" e soft news (d'altronde ha lo stesso modello di business), ma trovo che ci sia una differenza e sta nella struttura di Vice e altre compagnie di broadcasting "nuove" - scritto tra virgolette perché Vice Media a ben vedere nasce nel 1990 e passa. In fondo io non trovo che Vice proponga tutti i suoi contenuti come "giornalismo", non ha questa pretesa. Le notizie o i contenuti più seri si trovano sul ramo news, il resto non fa altro che riflettere la linea editoriale che da anni ha la versione cartacea della rivista, nata fondamentalmente come un magazine di intrattenimento, oltretutto con un target più giovane.


3. E non deve sorprenderci, quindi, che questa tendenza possa sfociare nel clickbait:
 
 

Su quest'ultimo punto Valigia Blu ha pubblicato un esaustivo articolo. La differenza, dal mio punto di vista, è che il clickbait più becero non ha la pretesa di insegnare o informare alcunché, è fatto solo per generare visite. Invece il tipo di giornalismo di cui parlo qui vuole generare sì tante visite avendo la pretesa di fare un servizio pubblico utile al lettore.


4. Per completare il discorso, aggiungo che al Festival Internazionale del Giornalismo dell'anno scorso c'è stato un dibattito interessantissimo a cui ha preso parte anche il direttore di Fanpage, Francesco Piccinini. Per l'occasione si è parlato del famoso vestito blu/oro diventato virale e il giornalista Felix Salmon ha chiesto "secondo voi è una notizia seria?". Piccinini dal suo canto ha risposto di sì, e sebbene in precedenza abbia negato che loro vedono i propri lettori come prodotto da vendere agli inserzionisti, il fatto di reputare quel vestito (e tante altre tematiche simili) una notizia seria, a mio parere entra in conflitto con la visione che hanno dei loro stessi lettori. Per chi volesse approfondire qui c'è il resoconto del panel e qui c'è il video del l'intero panel

5. per quelli che non sanno l'inglese vi rimando al punto 3, verso la fine del articolo sul clickbaiting di Valigia Blu troverete il succo di questo articolo di Mother Jones. 
Questo articolo è stato pubblicato qui

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