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Il maleducato

Nel fittizio contesto socioculturale occidentale, emerge in maniera sfrontata e con la sicurezza di non dover rendere conto a chicchessia del proprio operato. E' la figura del maleducato, del vanaglorioso, del bullo. Il quale suscita nel contempo sentimenti di ammirazione e di riprovazione: di ammirazione, perché appare vincente; di riprovazione, perché sovverte le regole sociali.

Questa stravagante espressione della nostra società, si sente già compiuta. Essa gode di tutto quello di cui riesce a godere. Senza curarsi delle conseguenze derivanti dalle sue azioni. E lo fa' perché non pensa al futuro. Perché non sa che farsene dei progetti, tanto la sue esistenza sguazza in eterno nel presente. Per questo il borioso è convinto di occupare il centro del mondo. E, sovente, non ne ha colpa. Dal momento che, chi avrebbe dovuto avere il compito di educarlo, si è illuso ritenendo che costui potesse recare dentro una grande voglia di bene, oppure si è illuso convinto che nella vita il bene fosse spontaneo, al punto da non dover educare la persona alla sua ricerca. E così lo ha lasciato tranquillo a far perno su sé stesso e a diventare incapace di dialogare con gli altri adottando maniere gentili.

Il vanaglorioso si sente coartato dalla società. Perché lui vuole vivere a modo suo: nella sua spontaneità.. Egli crede di imporsi con la forza, quando in effetti è schiavo di sé stesso, difettando della necessaria intelligenza per potersi definire e valutare adeguatamente. Ecco perché tratta tutti gli altri come se fossero pezze da piedi.

Secondo taluni, la maleducazione è diventata il primo, il peggiore e il più molesto dei nuovi vizi. Perciò lo spaccone molte volte strilla i suoi fatti al cellulare. Lo fa' davanti a tutti. Egli parla, ma non ascolta. Se fuma, getta il mozzicone della sigaretta per terra, proprio come fa' suo figlio quando si disfa della carta della merendina o della gomma americana. Tanto lui non conosce la vergogna; anzi, pare che l'arroganza servirebbe proprio a nascondere la vergogna. Costui ignora che la parola arroganza derivi dal latino “ad rogare”, che vuol dire richiedere e attribuirsi quel che in effetti non spetterebbe. Ma lui “richiede” e “si attribuisce” tutto. Quasi lo sapesse perfettamente.

In proposito, val la pena ricordare la descrizione fatta di questo individuo da G. Ravasi.

“ Di fronte a realtà come la sporcizia sui muri e nelle strade, alla sguaiataggine nei luoghi pubblici, alla volgarità ostentata, si resta impotenti e scoraggiati. Ed è questo atteggiamento dimissionario che alla fine ringalluzzisce i maleducati, li fa sentire impuniti e invincibili e fa tendere verso il basso il comportamento collettivo. Cominciano i genitori a lasciar perdere; la società si fa indifferente e tollerante, la scuola non osa intervenire per evitare rogne. E così dilaga il cattivo gusto e trionfa la grossolanità e la rozzezza. Mai come in questo caso andare controcorrente è segno di dignità e coraggio”.

G. Ravasi, “Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico”. Mondadori, Milano 2008, pag. 122.

 

Immagine, da: http://www.scuola.store/wp-content/...

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