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Il mago di Oz: cosa si nasconde dietro il metaforico viaggio della piccola Dorothy?

Da una ricerca è emerso che il film IL MAGO DI OZ sarebbe 'il film più influente di sempre', anche se si tratta di una pellicola di quasi 80 anni fa, a sua volta tratta da una narrazione fiabesca ultrasecolare! Viene spontaneo, quindi, chiedersi che cosa ci sia in questa storia che può ancora parlare agli spettatori d'oggi e, soprattutto, che cosa si nasconde dietro il metaforico viaggio della piccola Dorothy nel meraviglioso regno di Oz. Una ri-lettura in chiave psicologica, pedagogica e perfino sociologica di quella celeberrima non-fiaba, infatti, potrebbe farci riflettere sulla necessità di valorizzare ciò che già abbiamo dentro, invece di cercarlo fuori di noi, in particolar modo se ciò consente a mistificatori , finti maghi (e politicanti) di farsi credere la soluzione ai nostri problemi.

Un Mago più influente di Harry Potter

Non avrei mai pensato che il vecchio e un po’ farlocco Mago di Oz fosse tanto importante ed autorevole. Eppure, di recente, mi è giunta notizia della classifica dei film ‘più influenti’ di tutta la storia del cinema, realizzata da due ricercatori italiani, che hanno utilizzato un loro specifico algoritmo per condurre in porto quest’indagine.

«Livio Bioglio e Ruggero G. Pensa, due informatici dell’Università di Torino [hanno] stilato la classifica delle pellicole cinematografiche di maggior successo dopo aver valutato quelle più citate tra le oltre 47mila contenute nella banca dati di Amazon (Internet MovieDatabase, IMDb).[…] ‘Il Mago di Oz’ è il film più influente della storia del cinema […] Il podio è completato, nell’ordine, da ‘Star Wars’ e ‘Psycho’…». [i]

Non ho la minima idea di come il loro algoritmo li abbia portati a giungere a tali conclusioni, che però mi sembrano condivisibili se teniamo conto dell’enorme popolarità raggiunta nel tempo da queste tre ‘colonne’ della filmografia e delle loro innumerevoli citazioni in altri film. Mi ha però sorpreso che il primo posto su questo ‘podio’ informatico sia stato tributato alla pellicola diretta nel 1939 daVictor Fleming [ii]che, seppure gradevolissima e d’indubbio successo, resta una fiaba piuttosto datata e rivolta principalmente ai bambini, essendo ispirata al noto libro dello scrittore statunitense L. Frank Baum “Il meraviglioso mago di Oz”, dato alle stampe la bellezza di 118 anni fa.[iii] 

Il secondo aspetto un po’ sorprendente di questa classifica è il climax registrabile analizzando le preferenze del pubblico e degli addetti ai lavori, dal momento si nota una gradualità discendente dalla visione luminosa, ottimistica, onirica e fiabesca del primo classificato al tono bellicoso ed avveniristico del fantascientifico ‘Guerre Stellari’, sprofondando infine nell’atmosfera oscura, terrificante e malata del mitico giallo diretto da Alfred Hitchcock. E poi, che cosa hanno in comune questi tre film per avere influenzato così profondamente i gusti della gente? Soprattutto, come mai in un mondo ipertecnologico, cinico e poco attratto dai ‘sogni’ è stata prescelta una storia fiabesca e zuccherosa come quella della piccola Dorothy che aiuta i suoi tre fantastici amici ad ottenere ciò che più desiderano?

In effetti, anche la saga cinematografica di ‘StarWars’, realizzata da George Lucas a partire dal 1977, pur appartenendo ovviamente al genere fantascientifico, presenta elementi fantasy e ci ripropone il classico, eterno, scontro fra le forze del bene e quelle del male. Certo, non si tratta di potenti maghi e di streghe cattive, bensì dei Jedi, che mantengono ordine e pace nella Galassia, opponendosi ai malvagi Sith. Del resto, fu lo stesso Lucas ad osservare che il suo stile era ben diverso da quello della classica narrazione da science-fiction, dal momento che: 

«Da bambino leggeva molta fantascienza, ma, invece di leggere autori tecnici e di fantascienza hard come Isaac Asimov, era interessato a HarryHarrison e a un approccio fantastico, surreale al genere…». [iv]

Assai più difficile, invece, è stabilire un parallelismo tra la fiaba di Dorothy, nuova Alice nel Paese delle Meraviglie del magico regno di Oz, e la Marion protagonista di ‘Psyco’, coinvolta in una tormentata storia d’amore che la porterà a finire tragicamente i suoi giorni nel terrificante motel di un giovane omicida schizofrenico. Qui, infatti, il conflitto tra buoni e cattivi è già tutto insito nella psiche malata di Norman Bates, col suo ‘doppio’ femminile materno, alimentando un horror-thriller dove Eros Thanatoss’intrecciano in una sceneggiatura cupa e disperata. [v]

Insomma, se nel primo film prevaleva l’ottimismo dello happy end e nella saga di ‘Star Wars’ la contesa tra Bene e Male restava comunque aperta, ‘Psyco’ , viceversa, era dominata da una pulsione negativa e mortale. In tutti i tre casi, peraltro, ci riferiamo a ‘classici’ piuttosto stagionati (rispettivamente, del 1939, 1977 e 1960). Il fatto che oggi i tre film siano stati selezionati come i più ‘influenti’, però, lascerebbe pensare ad un inconscio tentativo di sfuggire alla violenza psicopatica che caratterizza la nostra realtà attuale, rifugiandosi in un mondo dove una bambina riesce a sconfiggere le forze del male ed a restituire ai suoi compagni di viaggio la speranza e la fiducia in se stessi.

Il viaggio onirico di Dorothy ed i suoi simbolismi

Dorothy coi suoi amici: lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta ed il Leone codardo

Ricordo che, da piccolo, la lettura de ‘Il Mago di Oz’ mi affascinò molto ma, al tempo stesso, mi lasciò sconcertato. Fatto sta che del libro di Baum risulta più difficile tentare di una lettura metaforica, cosa sicuramente più agevole per quello di Carroll. Eppure ritengo (e non sono il solo) che anche la fantastica avventura di Dorothy si presti ad interpretazioni meno banali di quella fiabesca. Un significato simbolico, infatti, affiora abbastanza evidentemente se solo riflettiamo alle caratteristiche dei protagonisti della storia, mettendo per un attimo da parte gli antagonisti magici della bambina e dei suoi strani amici. Una loro lettura psicologica, infatti, ci fa scoprire che quei personaggi, al termine del racconto, non si ‘trasformano’ magicamente in qualcosa di diverso da ciò che erano già, ma piuttosto prendono coscienza di se stessi e delle proprie potenzialità, mortificate dalla paura e dall’insoddisfazione. Mi sembra di scorgere, quindi, la metafora della ‘liberazione’ dall’infelicità di chi va cercando fuori di sé ciò che in effetti già possiede, di cui il sedicente Mago di Oz non è l’autore, semmai l’involontario facilitatore. La stessa Dorothy acquista coscienza di quanto siano preziosi quelli che la circondano nella sua fattoria nel Kansas solo dopo aver compiuto il suo simbolico‘viaggio’ in una dimensione avventurosa, grazie alla quale scopre e valorizza le sue indubbie capacità.

Anche altri hanno tentato un’interpretazione psicologica del fairy tale di Baum, individuando alcuni elementi significativi chevanno ben oltre la lettura meramente fiabesca della storia.

«Il Regno di Oz, dal quale Dorothy cerca di andar via per tornare a casa, può rappresentare quel luogo intimo dove ogni uomo rielabora le esperienze personali solo con se stesso […] Oz inoltre è il simbolo dell’oncia, unità di misura, per cui Il Regno di Oz è anche il luogo in cui si dà un peso, in cui si misura e si dà un valore, dove si distingue tra bene e male, dove si riflette su ciò che è stato per arricchirsi di un nuovo peso per affrontare e misurare ciò che sarà. Possiamo dire che è il luogo della coscienza». [vi]

In questa impegnativa chiave di lettura, i buffi personaggi che Dorothy incontra – e coi quali si reca nel Regno di Smeraldo a chiedere aiuto a quello che tutti credono un potente Mago – rappresentano tre simbolici esempi di ‘carenza’, cioè di mancanza di qualcosa da cui di solito gli esseri umani fanno derivare la loro insoddisfazione ed infelicità, senza rendersi conto che ciò di cui vanno incerca lo hanno già dentro di sé.

« Lo spaventapasseri che vorrebbe avere un cervello rappresenta la leggerezza di pensiero e d’azione, l’uomo di latta che vorrebbe avere un cuore rappresenta l’incapacità di amare, di provare passioni e di interessarsi; mentre il leone che vorrebbe avere più coraggio rappresenta l’incapacità dell’uomo di saper cogliere a proprio favore le situazioni, di “rischiare” o provare realizzando il pensiero in azioni,l’incapacità di cogliere la vita come una occasione (ob-cadere cadere avanti). Solo alla fine del “viaggio” queste tre peculiarità dell’uomo possono dirsi realizzate». [vii]

Ecco allora cheil racconto acquista una luce diversa e, proprio come i suoi protagonisti, ci rivela aspetti nascosti ed inconsapevoli del suo messaggio. Dietro la fantasticheria di Baum arriviamo a scorgere un significato più profondo, che rinvia all’esigenza che ogni persona segua un percorso che la porti alla consapevolezza di ciò che è, superando il limite frustrante del desiderio di ciò che si vorrebbe essere, e magari scoprendo alla fine che le due cose coincidono. Il desiderio, appunto. Un’innegabile e potente fonte di tensione per la realizzazione delle proprie potenzialità, ma anche un limite doloroso da superare, per non restare inchiodati all’aspirazione di qualcosa che resta fuori di noi e tende costantemente a sfuggirci.

«La figura di Dorothy come l’Anima […] realizza, nel senso di presa di coscienza, il suo stato di meccanicità nei tre“corpi” Gurdjeffiani: corpo mentale (spaventapasseri), corpo emozionale/astrale(uomo di latta) e corpo fisico (leone). Questi tre, non appena compaiono nel cammino, sono infatti infelici dell’essere incapaci di “utilizzarsi […] Il percorso giunge a termine quando Oz […] fa realizzare ad ognuno di essi che in realtà loro già possedevanole stesse qualità che cercavano: altro profondo insegnamento spirituale». [viii]

Un’interpretazione simile è riscontrabile in un altro articolo, dove però si sottolinea anche che la fiabesca avventura narrata da Baum possa essere letta come il percorso educativo attraverso il quale ogni individuo arriva a sviluppare le sue tre fondamentali competenze personali e sociali (cognitiva, emotiva e pragmatica).

«Chi conosce la storia del Mago di Oz,ricorderà perfettamente che il Mago non regala nulla che i bizzarri personaggi non abbiano già in sé. Nel corso delle peripezie per raggiungere la Città di Smeraldo dove risiede il Mago, lo Spaventapasseri dimostra di avere un intuito fine ed efficace, il Boscaiolo di Latta mostra solidarietà e compassione per i suoi amici e il Leone Codardo affronta con grande valore molti pericoli. Insomma, la formazione accompagna a risvegliare, stimolare e riscoprire abilità e competenze che abbiamo dentro di noi…» [ix]

Un mondo nuovo ‘oltre l’Arcobaleno

“Somewhere, over the Rainbow…”

Ritengo però che, andando oltre un’interpretazione in chiave psicologica o pedagogica, si possa tentare una lettura ‘sociologica’ di questo libro/film che, secondo la ricerca citata, è stato addirittura valutato “il più influente di sempre”. E’ la nostra stessa società, a mio avviso, che presenta le carenze lamentate da quei quattro personaggi in cerca di Mago. Ad essere messo in discussione mi sembra pertanto l’attuale modello di sviluppo, caratterizzato da un crescente materialismo e consumismo che, paradossalmente, diventano sempre più fonte d’infelicità. Le nostre ‘sviluppatissime’ comunità, infatti, sembrano afflitte dall’incalzante peso proprio di queste tre dimensioni negative: l’incapacità di pensare criticamente la realtà, di provare sentimenti empatici e di affrontare con determinazione le sfide del nostro tempo. L’attuale società, insomma, sembra aver perso il cervello il cuore ed il coraggio che sarebbero invece necessari ad invertire la rotta, prima che sia troppo tardi. La stessa Dorothy può essere allegoricamente interpretata come l’esigenza di sfuggire ad una realtà limitata ma, al tempo stesso, di recuperare il valore del ‘ritorno a casa’, ai valori essenziali, dopo essere diventati più consapevoli e sicuri di sé.

Il nostro personaggio-chiave,il ‘wonderful Wizard of Oz’, mi sembra incarnare invece il simbolo di un’autorità esterna dalla quale la gente attende fideisticamente la soluzione dei propri problemi, salvo poi scoprire che dietro la rutilante scenografia magica si cela nient’altro che un ometto insignificante e vile, impotente ad esaudire i desideri degli altri, ma ben attento a difendere la propria posizione ed a conservare il potere. A questo punto, non è difficile scorgere dietro quel Mago fasullo il prototipo dell’uomo politico, alla cui ben costruita apparenza ed autorità non corrisponde né un’effettiva capacità né una reale autorevolezza. L’immagine, insomma, di un personaggio pubblico, il leader, dal quale tutti si aspettano che escogiti soluzioni ‘magiche’ a beneficio degli altri, scoprendone viceversa la grettezza morale e la ricerca del proprio esclusivo interesse. 

Tale lettura,a mio avviso, potrebbe esserci utile a prendere coscienza che un vero cambiamento non può essere frutto di alchimie di vertice, ma solo dell’assunzione diretta di responsabilità, di scelte personali e collettive che sappiano portare avanti la società (il latino: pro-gredior). Ma ciò è possibile solo a condizione che ciascuno sappia tirare fuori di il meglio di sé, liberandosi da quanto che ne impedisce la realizzazione (sviluppo vuol dire scioglimento dei legami che ci avviluppano, che ci avvolgono, da cui l’inglese development e lo spagnolo desarollo). Andare oltre il mito scientista ed illuminista del progresso come naturale ed irreversibile percorso evolutivo dell’umanità, a questo punto, mi sembra un primo passo verso uno sviluppo autentico. Perché esso si realizzi, infatti, dobbiamo diventare consapevoli dei limiti e condizionamenti che ci tengono ‘avviluppati’, trovando dentro di noi la forza di cambiare le cose, senza ostinarci a cercarla in formule magiche esterne, di natura economica o politica che siano. In questo senso, riflettere su una narrazione fiabesca come ‘Il Mago di Oz’  si rivela un modo per maturare la nostra coscienza e per aiutarci a costruire, insieme con gli altri, un mondo con più cervello, più solidarietà e più coraggio.

« Se al termine della sua avventura Dorothy ritrova casa e perfino un po’ se stessa, di identità riconquistate, o “maschere” infine portate con orgoglio, il film resta pieno. Sono quelle insicurezze o carenze umane celate sotto fattezze “animali” o irreali, nascoste dietro la consistenza di materiali in apparenza freddi (latta) o apparentemente deboli (paglia), di creature ancora ignare delle reali potenzialità e di uomini più autentici dei maghi che impersonano. Un racconto per bambini certamente, ma rivolto anche a tanti adulti non “maturati” o magari ancora in cerca di se stessi. Un’allegoria “infantile” che all’epoca segnava il cuore dei più piccoli ma corroborava in egual modo i grandi negli anni bui del dopo depressione, facendo loro ritrovare fiducia nel “colore” poco prima che un nuovo “grigio” (stavolta bellico) si abbattesse su tutti». [x]

Anche i nostri tempi ci appaiono sempre più bui e cupi, dobbiamo dunque diventare consapevoli che tocca anche a noi ridare alla vita il colore della fiducia, della speranza e dell’amore. Certo, non basta introdurre alcune scene colorate in un pellicola che resta in bianco e nero. Bisogna diventare capaci di sognare un mondo realmente diverso e di trarre da dentro di noi la vera luce, andando quindi ‘oltre l’arcobaleno’, di cui essa è solo la scomposizione. E questo perché, concludendo colla celeberrima frase della nota canzone cantata nel film da Judy Garland-Dorothy:

“Somewhere over the rainbow / Skies are blue / And the dreams that you dare to dream really do come true” [xi].

© 2018 Ermete Ferraro 


[i] “Secondo un algoritmo, Il Mago di Oz è il film più influente di sempre” (30.11.2018), Skytg24 > https://tg24.sky.it/tecnologia/2018/11/30/mago-oz-film-piu-influente.html

[ii] Vedi: “The Wizard of Oz”, in Wikipedia > https://en.wikipedia.org/wiki/The_Wizard_of_Oz_(1939_film)

[iii] Vedi: “L. F. Baum”, in Wikipedia > https://it.wikipedia.org/wiki/L._Frank_Baum

[iv] “George Lucas Interview Circa April 1977”, originaltrilogy.com, 16 dicembre 2010 , in: https://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_stellari

[v] Cfr. Antonio Pettierre, ‘Psyco di Alfred Hitchcock’ , Ondacinema  > http://www.ondacinema.it/film/recensione/psyco_hitchcock.html

[vi] Francesco Scatigno, “Il simbolismo de Il Mago di Oz’ (22.11.2008), Il Mago di Oz – Controinformazione per la Consapevolezza sociale > http://www.magozine.it/simbolismo-de-il-mago-di-oz/ 

[vii] Ibidem

[viii] Fabrizio Angeloro, commento all’articolo precedente, ivi

[ix] Antonella Bastone, “I doni del Mago di Oz per la formazione”, Tesionline-Psicologia> https://psicologia.tesionline.it/psicologia/article.jsp?id=27125

[x] Andrea L., “75 anni di Oz” (05.12.2013), Blogo > http://www.cineblog.it/post/347089/75-anni-di-oz

[xi] “Over the Rainbow (anche nota con il titolo Somewhere Over the Rainbow) è una canzone scritta da Harold Arlen con testi di E.Y. Harburg. La versione originale è cantata da Judy Garland per il film Il mago di Oz del 1939. Il titolo significa letteralmente “Oltre l’arcobaleno”. “ > https://it.wikipedia.org/wiki/Over_the_Rainbow

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